Microsoft ha completato l’acquisizione di Activision Blizzard con l’approvazione dell’antitrust britannica

(AP Photo/ Richard Vogel, File)
(AP Photo/ Richard Vogel, File)

Microsoft ha ufficialmente chiuso l’acquisizione dello sviluppatore ed editore di videogiochi Activision Blizzard. A Microsoft è costato 68,7 miliardi di dollari: si tratta dell’accordo più grosso mai concluso nella storia dell’industria dei videogiochi, a lungo osteggiato dalla Competition and Markets Authority (CMA), l’autorità del Regno Unito che si occupa di garantire la concorrenza sul mercato.

Activision è nota soprattutto per le serie Call of Duty e World of Warcraft, ma anche per videogiochi più semplici ma di enorme successo, come Candy Crush. Lo scorso aprile la CMA aveva bloccato l’acquisizione sostenendo che avrebbe limitato la concorrenza nel settore dei videogiochi, e in particolare di quelli in cloud (che si possono giocare online senza possederne una copia fisica). Dal momento che Microsoft ha modificato l’accordo, stabilendo di cedere i diritti di cloud per i giochi Activision Blizzard a Ubisoft, giovedì mattina l’antitrust britannica l’ha approvata. La decisione è stata presa probabilmente anche alla luce di accordi decennali fatti da Microsoft con Sony, Nintendo e altre piattaforme per garantire che si potesse giocare a Call of Duty su tutte.

Microsoft ha da tempo un’importante presenza nel settore dei videogiochi grazie alle sue console Xbox, e negli ultimi anni ha cominciato a investire sempre più nei giochi in cloud, che possono essere giocati anche su PC, dove l’azienda ha una posizione dominante grazie al suo sistema operativo Windows, il più diffuso al mondo. Secondo la CMA però l’acquisizione di Activision avrebbe messo Microsoft in una posizione troppo dominante.

Il blocco della CMA non avrebbe impedito del tutto l’acquisizione, ma l’avrebbe resa comunque più complicata. Siccome sia Microsoft che Activision Blizzard hanno sede negli Stati Uniti, decidere sull’acquisizione spetta alla Federal Trade Commission, cioè l’agenzia governativa statunitense che si occupa di tutela dei consumatori e della privacy: le aziende tuttavia non avrebbero approvato un’operazione così onerosa se la fetta di mercato del Regno Unito fosse rimasta fuori. Oltre a tenere conto del parere della CMA, la Federal Trade Commission ha considerato anche quello della Commissione Europea, che ha già approvato l’operazione a maggio.