• Konrad
  • Mercoledì 13 settembre 2023

Perché i discorsi nelle istituzioni europee sono così noiosi

Se ne riparla per via del discorso sullo Stato dell'Unione di von der Leyen: le ragioni sono parecchie e vengono da lontano

(Alain ROLLAND/European Union 2023)
(Alain ROLLAND/European Union 2023)
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Mercoledì mattina la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha tenuto l’annuale discorso sullo Stato dell’Unione, una tradizione politica mutuata dagli Stati Uniti e ormai diventato la norma per il capo della Commissione. Negli ambienti delle istituzioni europee qualcuno si aspettava che il discorso sarebbe stato in qualche modo memorabile. Era l’ultimo del mandato di von der Leyen, che scadrà la prossima estate, e si pensava che la presidente uscente volesse iniziare a costruire la sua eredità politica oppure avviare la campagna elettorale per un secondo mandato.

Non è accaduto nulla di tutto questo. Von der Leyen ha parlato per un’ora e tre minuti tenendo un discorso lineare, dettagliato, senza particolari alti né bassi: in una parola, noioso.

Non è la prima volta che succede, anzi: i discorsi sullo Stato dell’Unione di von der Leyen non si sono mai distinti per brillantezza oratoria. Ma le stesse considerazioni si possono estendere anche ai suoi predecessori, e più in generale a gran parte dei discorsi che si ascoltano nelle istituzioni europee, soprattutto in Parlamento e in Commissione. Le ragioni sono diverse, e tutte piuttosto note fra chi lavora in questi ambienti.

La prima è che quello sullo Stato dell’Unione è un discorso un po’ particolare. Per il capo della Commissione Europea è il discorso più importante dell’anno: per ragioni di consenso interno deve premiare il lavoro dei suoi vari dipartimenti, e al contempo non scontentare nessuno dei pezzi grossi del Parlamento, della Commissione, né i gruppi di interesse e i capi di stato e di governo con cui von der Leyen si trova a dover lavorare.

Proprio perché ogni parola del suo discorso viene sezionata, dentro e fuori dalle istituzioni, per assicurarsi che tutto torni e non ci siano incidenti al discorso mettono mano decine di persone, oltre ai collaboratori di von der Leyen che materialmente ne scrivono la prima bozza. Politico scrive che una prima versione del discorso di quest’anno di von der Leyen era in circolo già in estate fra commissari, importanti funzionari della Commissione e capi di stato e di governo.

Quando a un discorso lavorano così tante persone, e le indicazioni da rispettare sono così tante, è inevitabile che il prodotto finale risulti un po’ annacquato. «Spesso la priorità per i ghostwriter di figure istituzionali, che devono mantenere un determinato profilo, è più quella di evitare casini che potrebbero sorgere come reazione alle cose che si dicono, che entusiasmare», racconta l’ex ghostwriter di un influente parlamentare europeo che preferisce rimanere anonimo perché lavora nello stesso settore.

Non è raro che persino durante il discorso sullo Stato dell’Unione ci siano parlamentari che guardano il telefono, parlottano col vicino, fanno altro. Quest’anno durante il discorso di von der Leyen la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson si è messa a lavorare a maglia, un passatempo per cui negli anni era diventata nota l’ex vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager.

Non aiuta il fatto che von der Leyen non sia un’oratrice particolarmente talentuosa. La versione testuale del discorso ha una andatura secca e ritmata che la presidente ha reso in maniera un po’ monotona. Nel discorso poi non ci sono battute, cosa impensabile per un discorso di un politico statunitense: ma che probabilmente stonerebbero con la figura pubblica di von der Leyen.

Un altro problema, che riguarda sia il discorso sullo Stato dell’Unione sia più in generale quelli che si tengono nelle istituzioni, è quello del lessico. Commissione e Parlamento spesso si occupano di cose molto complicate, di cui bisogna parlare con dovizia di termini tecnici spesso sconosciuti. Nel suo discorso di mercoledì fra le altre cose von der Leyen ha parlato di germanio e gallio, elementi chimici fondamentali per la produzione di semiconduttori ma non esattamente noti ai più.

A questo si aggiunge il fatto che nei lavori interni delle istituzioni si parla un gergo che mischia burocratese e legalese, che spesso contagia anche le comunicazioni esterne rendendole assai poco incisive. Da una decina d’anni l’account Twitter Is EU concerned? prende in giro le dichiarazioni e i discorsi dei rappresentanti delle istituzioni in cui si dicono concerned (“preoccupati”), un aggettivo prudente usato per le occasioni più disparate. L’account ha twittato 1.321 volte e oggi ha 69mila follower.

«Il linguaggio che la Commissione usa in pubblico è significativamente e notevolmente meno accessibile di quello a cui le persone sono abituate quando leggono le notizie dai giornali, ed è più vicino al modo in cui i politologi comunicano l’uno con l’altro», ha notato in un recente studio sul linguaggio utilizzato dalla Commissione il politologo Christian Rauh, che si occupa di Unione Europea e comunicazione per il think tank Berlin Social Science Center.

Per non parlare delle abbreviazioni e dei diminutivi. La Commissione Pesca del Parlamento Europeo è la PECH, da non confondere con MARE, la Direzione generale per gli Affari marittimi della Commissione Europea, mentre il Consiglio dell’Unione Europea che riunisce i ministri dell’Agricoltura dei 27 paesi si chiama AGRIFISH. Nel suo discorso von der Leyen ha parlato di due nuove importanti norme per le aziende digitali approvate negli ultimi anni citandone le sigle: DMA e DSA.

Spesso le persone che lavorano all’interno delle istituzioni sono anche poco flessibili nell’adattare linguaggio, toni e approccio al contesto in cui stanno parlando. A ottobre l’alto rappresentante per gli Affari esteri Josep Borrell ha tenuto a tre giorni di distanza due discorsi pubblici che l’analista diplomatico Jovan Kurbalija ha definito «il migliore e il peggiore» fra quelli tenuti da Borrell nel 2022.

Il primo discorso, che Kurbalija definisce il migliore, Borrell lo ha tenuto davanti all’assemblea dei rappresentanti dell’Unione Europea nei vari stati membri: una platea di persone con cui Borrell ha a che fare quotidianamente e con cui probabilmente è estremamente a suo agio. Secondo Kurbalija, quel giorno Borrell riuscì a veicolare «un messaggio chiaro», oltre ad auspicare «umiltà e rispetto per gli altri» nel lavoro di tutti i giorni. Tre giorni dopo davanti a una platea di ragazzi e ragazze che aspirano a diventare diplomatici si lanciò in una goffissima allegoria in cui paragonò l’Europa a un «giardino», e il resto del mondo a una «giungla», forse nel tentativo di semplificare i concetti di cui stava parlando. Qualche giorno dopo Borrell ha dovuto scusarsi per quel paragone.

Al Parlamento Europeo invece è più frequente imbattersi in discorsi di qualità migliore. Spesso i parlamentari europei non hanno grande visibilità nel dibattito pubblico nazionale e approfittano delle volte in cui possono parlare in aula per filmarsi e usare quei video sui propri canali social, cosa che a volte li costringe a essere più incisivi. Nella maggior parte dei casi però questi discorsi sono pronunciati nella propria lingua, e anche questo li rende in qualche modo più credibili e quindi più efficaci.

Nel discorso sullo Stato dell’Unione invece il capo della Commissione deve per forza parlare in inglese – finora è stata la lingua madre di un solo presidente della Commissione su 14 – e fare in modo che quello che dice abbia senso e non faccia danni in tutte le 24 lingue ufficiali dell’Unione in cui verrà tradotto. In questo senso von der Leyen è sempre riuscita a non scontentare nessuno, nei suoi quattro discorsi sullo Stato dell’Unione da presidente della Commissione: e non è cosa da poco.

A volte, poi, potrebbero bastare pochi accorgimenti per rendere tutto più credibile ed efficace.

Uno dei passaggi più riusciti del discorso di von der Leyen è stata la menzione di Victoria Amelina, la giornalista e scrittrice ucraina morta a inizio luglio per via di un bombardamento russo su un ristorante a Kramatorsk, in Ucraina. Von der Leyen ha ricordato Amelina e con una mossa studiata dalle prime file si è alzato il noto scrittore colombiano Héctor Abad, che si trovava con lei durante il bombardamento. Abad ha mostrato una foto incorniciata di Amelina, e tutto il Parlamento si è alzato in piedi per ricordarla.

«Dopo che i discorsi sullo Stato dell’Unione degli anni scorsi erano stati segnati dalla pandemia e dalla guerra, quello di quest’anno non aveva un tema forte: il passaggio con Amelina è stato di impatto, forse sarebbe stato meglio posizionarlo all’inizio, nella parte più importante di ogni discorso pubblico, al posto che incastrarlo in mezzo», dice un importante funzionario europeo che preferisce rimanere anonimo per la delicatezza della sua posizione.