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  • Giovedì 7 settembre 2023

La depenalizzazione dell’aborto in Messico ha una storia

La sentenza della Corte suprema messicana è l'ultimo risultato della "marea verde" portata avanti dai movimenti femministi in America Latina

(AP Photo/Rebecca Blackwell, File)
(AP Photo/Rebecca Blackwell, File)

Mercoledì la Corte suprema del Messico ha depenalizzato l’aborto a livello nazionale, stabilendo che le leggi federali che vietano le interruzioni volontarie di gravidanza sono incostituzionali e violano i diritti umani. La sentenza non ha un effetto diretto sulle leggi dei 20 stati messicani su 32 dove l’aborto è illegale: ora però il servizio sanitario pubblico federale e tutte le istituzioni sanitarie federali dovranno offrire accesso a un’interruzione di gravidanza sicura a chiunque ne faccia richiesta e in tutti gli stati.

Quello del Messico non è un caso isolato in America Latina: alla fine del 2020 l’aborto era stato legalizzato in Argentina, nel 2022 in Colombia, e prima ancora in Uruguay e Guyana, mentre nel 2022 l’Ecuador aveva allargato il numero di casi in cui è possibile abortire legalmente anche alle gravidanze conseguenza di uno stupro.

Il processo che ha portato alla depenalizzazione dell’aborto a livello federale in Messico era iniziato due anni fa, quando la Corte suprema messicana aveva votato all’unanimità per depenalizzare l’aborto nello stato settentrionale di Coahuila, al confine col Texas. La sentenza di allora aveva avviato un processo di depenalizzazione in altri stati messicani: l’ultimo era stato, una settimana fa, lo stato centro-occidentale di Aguascalientes. Lo stato di Città del Messico era stato il primo a depenalizzare l’aborto fino a 12 settimane di gestazione, nel 2007. Fino a mercoledì l’aborto era legale in tutti gli stati solo in caso di stupro.

La sentenza della Corte suprema messicana è l’ultimo risultato di un movimento portato avanti da attiviste e gruppi femministi in molti stati dell’America Latina e chiamato “marea verde”, dal colore dei fazzoletti (pañuelos) usati come simbolo della lotta. Le azioni portate avanti da questi gruppi hanno contribuito negli ultimi anni a far cambiare drasticamente il modo in cui vengono percepiti i diritti delle donne, anche in paesi con una forte prevalenza di persone cattoliche. Sui social network la notizia della depenalizzazione in Messico è stata divulgata con l’hashtag #SeptiembreVerde (settembre verde).

Come viene spesso fatto notare dai commentatori statunitensi, è un movimento in forte controtendenza rispetto a quello degli Stati Uniti, dove nel 2022 la Corte suprema ha eliminato il diritto all’aborto a livello federale, e molti stati hanno introdotto leggi che limitano l’accesso a questa procedura. Non è da escludere che se e quando l’aborto diventerà effettivamente accessibile in tutto il Messico, alcune donne statunitensi proveranno ad andare a farlo lì, cosa che già fa in alcuni casi chi vuole entrare in possesso della pillola abortiva.

In una dichiarazione di mercoledì, la Corte suprema del Messico ha affermato che «la criminalizzazione dell’aborto costituisce un atto di violenza e discriminazione di genere, poiché perpetua lo stereotipo secondo cui le donne e le persone che possono rimanere incinte potrebbero esercitare liberamente la propria sessualità solo per procreare e rafforza il ruolo di genere che impone la maternità come destino obbligato». Come accaduto in passato in altri paesi dell’America Latina, la decisione della Corte suprema messicana ha suscitato molto disaccordo tra gruppi cattolici, conservatori e contrari al diritto all’aborto. Il Messico è, dopo il Brasile, il paese con la più grande comunità di cattolici al mondo.

Nella maggioranza dei paesi latinoamericani comunque non è possibile abortire legalmente, con conseguenze molto gravi sulla vita e sulla salute delle donne e delle adolescenti. Anche dove è consentito, almeno in alcuni casi, interrompere una gravidanza è spesso una pratica ostacolata nei fatti: attraverso la criminalizzazione sociale e lo stigma, la mancanza di strutture e di personale qualificato, l’assenza di politiche di prevenzione, pianificazione ed educazione sessuale, e soprattutto attraverso l’obiezione di coscienza.

– Leggi anche: Che cosa si muove sull’aborto in America Latina