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  • Venerdì 1 settembre 2023

La questione dei direttori stranieri nei musei italiani

Con il nuovo bando il governo sembra intenzionato a limitare una consuetudine di questi anni e favorire le nomine di persone italiane

(ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)
(ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)
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Lo scorso giugno il ministero della Cultura ha avviato le procedure per la nomina dei direttori di alcuni dei più importanti musei italiani, tra cui la Pinacoteca di Brera, a Milano, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e le Gallerie Estensi di Ferrara. Da anni i bandi pubblici prevedono che possano candidarsi cittadini italiani ed europei, ma negli ultimi mesi questa possibilità è stata criticata da alcuni esponenti del governo di Giorgia Meloni, secondo cui sarebbe auspicabile che i musei italiani abbiano un direttore o una direttrice italiana. La posizione ufficiale del ministero della Cultura è più sfumata, e infatti le regole dell’ultimo bando pubblicato a luglio non sono state cambiate, tuttavia ne è nato comunque un dibattito generato dalle apparenti difficoltà di questo governo, che è di destra, di intestarsi politicamente eventuali nomine di persone straniere in importanti musei italiani.

I primi direttori stranieri di musei italiani furono nominati nel 2015, durante il governo di Matteo Renzi e in seguito alla riforma del settore della cultura promossa dall’allora ministro Dario Franceschini, del Partito democratico. Le candidature vennero aperte ai cittadini europei, e furono poi nominati i direttori e le direttrici dei 20 principali musei italiani. Sette di questi erano stranieri, tra cui il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, il direttore del Museo di Capodimonte a Napoli, Sylvain Bellenger, e quello della Pinacoteca di Brera, James Bradburne. Al tempo, Franceschini disse che le nuove nomine avrebbero permesso di «voltare pagina», e definì la selezione internazionale «un passo storico».

Alcune di queste nomine finirono però al centro di una lunga contesa amministrativa: nel 2017 il TAR (Tribunale amministrativo regionale) del Lazio annullò le nomine di cinque direttori, sostenendo che la legge italiana non prevede che incarichi così delicati siano assegnati a persone non italiane. Dopo una serie di ricorsi, nel 2018 il Consiglio di Stato ribaltò la sentenza del TAR e stabilì che i musei italiani possono avere direttori stranieri.

Le polemiche sono ricominciate con l’insediamento del governo Meloni. Già a gennaio uno dei sottosegretari alla Cultura, Vittorio Sgarbi, aveva detto che il governo stava lavorando per cambiare le regole. L’obiettivo, secondo Sgarbi, era di aggiornare la composizione della commissione incaricata di seguire il processo di selezione dei candidati, formata da cinque membri scelti direttamente dal ministero della Cultura. La commissione valuta le candidature ricevute e seleziona un massimo di dieci candidati per ogni ruolo, con cui fare un colloquio. I tre candidati migliori passano poi alla selezione finale, che è fatta dal ministro della Cultura per quanto riguarda i musei cosiddetti di “prima fascia”, come la Pinacoteca di Brera o gli Uffizi, e dal Direttore generale Musei – che al momento è Massimo Osanna – per gli incarichi di “seconda fascia”, come le Gallerie Estensi o il Museo Nazionale d’Abruzzo.

Nel 2015 la commissione di valutazione era formata da quattro membri italiani e uno straniero, l’allora direttore della National Gallery di Londra, Nicholas Penny. Nel 2020 arrivarono anche altri stranieri, tra cui il direttore del Prado Miguel Falomir Faus. Secondo Sgarbi invece i componenti dovrebbero essere «più legati al territorio»: i membri della nuova commissione di valutazione sono stati annunciati lo scorso luglio, e sono tutti italiani.

Due associazioni di esperti di beni culturali, la Consulta universitaria per la storia dell’arte (CUNSTA) e la Società italiana di storia della critica d’arte (SISCA), hanno criticato la nuova commissione, non solo perché formata solo da persone italiane ma soprattutto perché su cinque membri soltanto una, l’ex direttrice del Museo Nazionale Romano Daniela Porro, è una storica dell’arte. Inoltre nella commissione ci sono due funzionari che lavorano al ministero della Cultura, la cui valutazione potrebbe quindi essere influenzata dalle richieste del governo: Porro, che oggi è Soprintendente speciale per l’archeologia, le belle arti e il paesaggio di Roma, e Luigi La Rocca, che tra le altre cose è Soprintendente speciale per il PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Inoltre, il nuovo bando pubblicato dal ministero ha imposto altre condizioni che favoriscono le candidature di professionisti italiani, a scapito degli altri: per esempio, i candidati stranieri dovranno dimostrare di conoscere la lingua italiana almeno al livello B2, considerato intermedio dal quadro europeo di riferimento. Il bando del 2015 invece considerava la conoscenza della lingua italiana come una competenza «ulteriore», ma non imponeva un livello minimo.

(ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI)

Sgarbi è tornato sul tema delle nomine il 21 agosto. Durante un evento a Viareggio, in Toscana, ha detto che i direttori stranieri «adesso se ne vanno», perché la «stagione» voluta da Franceschini «è semplicemente finita». Sgarbi aveva anche detto che «non si è mai visto» un direttore del Louvre che non fosse francese. È anche vero però che alcune istituzioni culturali straniere sono dirette da persone italiane, come Gabriele Finaldi alla National Gallery di Londra e Andrea Bellini al Centro d’arte contemporanea di Ginevra, in Svizzera.

In ogni caso, pochi giorni dopo Sgarbi ha in parte ritrattato le sue affermazioni, descrivendole come semplici «battute» e dicendo che i direttori stranieri attualmente in carica «hanno fatto bene», ma che comunque molti sono ormai al secondo mandato e per questo non potranno ricandidarsi. Il mandato dei direttori di museo dura infatti quattro anni, ed è rinnovabile una sola volta: i direttori nominati nel 2015 e poi rinnovati nel 2019 non potranno più rimanere in carica.

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha espresso posizioni meno nette. Parlando con il Quotidiano Nazionale ha detto che i direttori stranieri «non devono essere discriminati» e «se sono bravi» è giusto che continuino a lavorare in Italia. Pochi giorni prima il ministro aveva confermato al Washington Post che la possibilità di nominare altri direttori o direttrici non italiane rimane aperta, ma che cercherà anche di valorizzare di più i professionisti italiani senza corteggiare troppo quelli stranieri, cosa che secondo lui sarebbe avvenuta troppo di frequente in passato. Inoltre, già a dicembre Sangiuliano aveva detto di non avere «alcun pregiudizio» nei confronti dei direttori stranieri, ma che comunque l’Italia ha molti professionisti preparati per ricoprire gli incarichi.

Sangiuliano si trova insomma in una situazione un po’ complicata da gestire. Da una parte l’eventuale nomina di direttori stranieri potrebbe risultare contraddittoria rispetto alla retorica nazionalista alimentata dai partiti che adesso sono al governo (“prima gli italiani”, “difendere il Made in Italy”, eccetera). Dall’altra sta cercando di moderare i toni e dare un’immagine conciliante, viste le critiche che sono arrivate e forse per non inimicarsi i direttori stranieri attuali o eventualmente futuri. La situazione si farà più chiara entro la fine dell’anno: le candidature per il nuovo bando del ministero della Cultura dovevano arrivare entro il 14 luglio, e i nuovi direttori dovrebbero essere nominati entro il 15 novembre.

In generale, i mandati dei direttori stranieri hanno contribuito ai risultati positivi di molti musei. Agli Uffizi, per esempio, i visitatori sono cresciuti del 15 per cento tra il 2014 (l’anno precedente all’arrivo di Schmidt) e il 2022, passando da circa 2 milioni di visitatori a 2,2 milioni, mentre il record è stato raggiunto nel 2019, con quasi 4,4 milioni di presenze. Anche gli incassi sono cresciuti, superando i 35 milioni di euro lo scorso anno. Sempre a Firenze la storica tedesca Cecilie Hollberg dirige dal 2015 la Galleria dell’Accademia: anche qui i visitatori sono aumentati negli ultimi anni, e a ottobre del 2022 è stata riaperta al pubblico dopo anni di lavori l’area della Gipsoteca, in cui sono esposte molte sculture.

Sono risultati positivi che si inseriscono in un contesto più ampio di crescita che andava avanti da anni prima della pandemia: tra il 2011 e il 2019 i visitatori nei musei italiani erano aumentati del 25 per cento circa.