Un po’ di dati sui soldi che i lavoratori stranieri inviano nei loro paesi

Nel 2022 sono stati trasferiti dall'Italia oltre 8,2 miliardi di euro, un flusso in aumento ed essenziale per le economie in via di sviluppo

lavoratore straniero
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
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Ci sono paesi in via di sviluppo che non possono fare a meno dei soldi ricevuti dalle persone emigrate all’estero in cerca di un lavoro migliore, di più opportunità, oppure per scappare da guerre o gravi conflitti sociali. In certi casi il flusso di denaro inviato a casa dai lavoratori emigrati supera quello degli aiuti internazionali, e rappresenta una fonte di finanziamento essenziale per sostenere le economie più fragili.

Il termine tecnico utilizzato per chiamare questi soldi è “rimesse”, che vengono inviate alla famiglia di origine ma anche a contatti e organizzazioni che hanno bisogno di aiuto. In Italia le rimesse vengono analizzate in modo costante dalla Banca d’Italia, che ogni anno diffonde dati puntuali sui paesi in cui vengono inviati i soldi.

I dati sono ricavati dal tracciamento del denaro trasferito attraverso bonifici bancari, dalle Poste e da operatori di money transfer come Western Union o MoneyGram: sono gli unici canali ufficiali e formali per trasferire denaro. Tuttavia esistono anche canali informali da cui passa una parte di soldi non tracciata, per esempio quando un lavoratore o una lavoratrice porta con sé una certa quantità di banconote durante un breve ritorno nel paese di origine: e più questo è vicino, più la quota di rimesse invisibili è alta. Secondo le stime della Banca d’Italia, i canali informali nascondono tra il 10 e il 30 per cento del flusso totale.

Nel 2022 le rimesse inviate dall’Italia sono state di oltre 8,2 miliardi di euro, circa 500 milioni in più rispetto all’anno precedente. Nel primo trimestre del 2023 sono stati inviati all’estero quasi due miliardi di euro. Il paese dove sono stati inviati più soldi nel 2022 è il Bangladesh: quasi 1,2 miliardi di euro, in crescita rispetto agli 873 milioni del 2021. Al secondo posto c’è il Pakistan con 699 milioni di euro e al terzo posto le Filippine con 623 milioni di euro. Seguono Marocco, Romania, Senegal e India.

I risultati di un sondaggio, realizzato nel 2021 dal Centro di studi di politica internazionale (CESPI), dicono che le persone inviano soldi in media cinque volte all’anno, con un importo medio intorno ai 600 euro. Le lavoratrici inviano più soldi e con una frequenza maggiore rispetto agli uomini.

Oltre alle rimesse in uscita, esiste anche una quota meno consistente di rimesse in entrata, cioè i soldi spediti a casa dai lavoratori italiani all’estero. Il saldo delle rimesse dell’Italia è diventato negativo dalla metà degli anni Novanta, quando l’aumento dei lavoratori immigrati ha portato le rimesse in uscita a superare la quota ormai residuale di rimesse in entrata. L’ampio divario tra i due flussi di denaro dipende anche dal diverso grado di benessere: le persone straniere che lavorano in Italia provengono generalmente da famiglie meno abbienti rispetto agli emigrati italiani.

L’andamento delle rimesse inviate all’estero è ormai consolidato e in decisa crescita negli ultimi anni, anche per via della pandemia. Di fronte a un aumento della disoccupazione e della precarietà dovuto alle misure restrittive introdotte per limitare i contagi ci si poteva attendere una diminuzione delle rimesse, invece non è stato così. Questo flusso di denaro ha infatti un andamento chiamato anticiclico, cioè che tende ad aumentare in seguito a crisi, guerre o disastri naturali. Come si può osservare dal grafico, dopo un leggero calo nel primo trimestre del 2020, la quota di denaro inviata all’estero è aumentata: nel secondo trimestre del 2020 il valore complessivo di rimesse inviate dall’Italia è stato di quasi 2 miliardi di euro.

Secondo un’interpretazione condivisa da diversi studi, l’incertezza dovuta alla pandemia ha spinto molte persone a inviare a casa i propri risparmi in attesa di capire come andassero le cose. Durante la pandemia inoltre è aumentato il ricorso ai canali formali, tracciabili, dovuto all’impossibilità di viaggiare per via delle restrizioni: le banche, le poste e i servizi di money transfer sono stati inseriti tra i servizi essenziali e non hanno subito limitazioni. Tra le altre cose negli ultimi anni il trasferimento di denaro è diventato meno costoso e quindi più accessibile. Prima del 2014 a un trasferimento di 200 euro veniva applicata una commissione di circa il 7%, scesa al 5,5% nell’ultimo trimestre del 2022.

Oltre un quinto delle rimesse viene inviato dalle persone straniere che lavorano in Lombardia. La seconda regione è il Lazio, a cui seguono Emilia-Romagna, Veneto e Toscana. In generale, le regioni italiane con più opportunità lavorative accolgono più lavoratori stranieri che quindi inviano rimesse più alte. Nella prossima mappa è possibile osservare la distribuzione delle rimesse a livello provinciale: cliccando su ogni singola provincia consente di visualizzare i paesi a cui vengono inviati più soldi.

Indagini internazionali mostrano come solitamente le rimesse vengano spese per beni di consumo cioè per comprare cibo, vestiti e alimenti. Uno dei maggiori benefici delle rimesse è la possibilità data alla famiglia di origine di uscire da condizioni di povertà, ma alla lunga anche di stabilizzare il reddito e di fare investimenti. Fare affidamento sulle rimesse consente di programmare il futuro con più tranquillità e di assicurare ai familiari una salute e un’istruzione migliore. Aumentano anche le possibilità di comprare una casa e di avere una pensione. Diversi studi associano le rimesse a un calo del tasso di mortalità, a un aumento del tasso di natalità e al miglioramento generale delle condizioni di vita.

Esiste anche qualche effetto negativo, anche se molto marginale. Per esempio, le rimesse possono contribuire a creare una cultura della dipendenza che limita la partecipazione al mondo del lavoro e che potrebbe limitare la crescita economica. Un altro problema è che, con maggiori capacità economiche, le famiglie tendono spesso ad acquistare beni non essenziali e ad alto consumo energetico prodotti all’estero, incidendo quindi meno sull’economia dei propri paesi.

Nel prossimo grafico si può osservare l’andamento delle rimesse inviate dall’Italia nei paesi stranieri. Basta cliccare sul menu a tendina per selezionare il paese. Come si può notare, la quota di rimesse verso la Russia è calata in modo significativo in seguito all’invasione dell’Ucraina, anche per via delle sanzioni internazionali.

Un altro andamento interessante riguarda la Cina, verso cui le rimesse sono calate molto negli ultimi anni. È un fenomeno che si spiega con alcune inchieste di diverse regioni italiane che hanno aiutato a individuare un collaudato sistema per evadere il fisco. Nel 2010 in tutta Italia vennero denunciate 581 persone accusate di aver trasferito illecitamente in Cina 4,5 miliardi di euro.

Nell’inchiesta furono coinvolte anche 14 agenzie di money transfer e 207 aziende. La procura di Firenze, da cui era partita l’inchiesta, chiese il rinvio a giudizio per 297 persone. Il processo iniziò, ma nel 2018 subentrò la prescrizione per quasi tutti gli imputati. Nel frattempo, a partire da quando era iniziata l’inchiesta, le rimesse verso la Cina sono passate da oltre 500 milioni di euro all’anno ai 23,3 milioni del 2022.