Il Cybertruck basterà a risollevare Tesla?

L'azienda di auto elettriche di Elon Musk ha modelli ormai datati e punta molto sul suo bizzarro pick-up, che dopo molti ritardi dovrebbe entrare in produzione

(AP Photo/Ringo H.W. Chiu, File)
(AP Photo/Ringo H.W. Chiu, File)

Nel novembre del 2019 l’azienda automobilistica Tesla presentò al pubblico Cybertruck, un modello di pick-up elettrico annunciato come presto disponibile. Il prezzo previsto era di circa 39mila dollari (36mila euro) per un veicolo antiproiettile e dalla carrozzeria di acciaio inossidabile. Lo stesso capo di Tesla, Elon Musk, mise alla prova la solidità di Cybertruck facendolo colpire ripetutamente con un grosso martello, dimostrando la resistenza della sua carrozzeria. Quando una prova simile fu fatta sui vetri, però, le cose non andarono allo stesso modo e si ruppero colpite da un sasso.

Nonostante il design molto particolare e il vetro rotto, la presentazione di Cybertruck fu un successo, come succedeva almeno all’epoca a qualunque cosa annunciata da Musk. Nel giro di pochi giorni Tesla ricevette circa 200mila “preordini” del modello da parte di aspiranti acquirenti, che versarono cento dollari per prenotarlo. Quello del preordine online è un’abitudine dell’azienda, che nel 2016 ne raccolse 180mila per il Model 3, il suo modello di auto più noto e diffuso (all’epoca la cifra da versare per prenotare un Model 3 era di mille dollari).

Da allora la commercializzazione di Cybertruck è stata promessa, anticipata e ritardata più volte: negli ultimi mesi gli avvistamenti dei prototipi si sono intensificati, dalla California al Texas, e la produzione in serie è prevista per la fine del 2023, come rivelato da Reuters, anche se rimangono molti dubbi tecnici sul veicolo, condivisi dallo stesso Musk.

L’attesa di Cybertruck non è percepibile solo tra i fan di Tesla e tra chi ha effettuato i preordini, ma anche tra tutti gli investitori dell’azienda, che da tempo attendono un nuovo modello. Il primo modello di Tesla, l’auto sportiva Roadster, risale infatti al 2008, il Model S al 2012, il SUV Model X al 2015 e il Model 3 al 2017; nel 2020 uscì il modello crossover Model Y. A questi si aggiungono il Cybertruck e il Semi, il tir annunciato nel 2017 le cui prime consegne sono iniziate a rilento solo l’anno scorso (ad oggi ha consegnato poche decine di autocarri al gruppo PepsiCo). Il parco macchine dell’azienda sta invecchiando, come ha notato la rivista Fortune, che ha sottolineato come la concorrenza nel mercato delle vetture elettriche si stia intensificando, con marchi come Volkswagen e Polestar che mirano sempre di più al pubblico di Tesla. È anche per questo che il Cybertruck ha un ruolo così cruciale per l’azienda.

Negli ultimi mesi, inoltre, sono circolate molte foto che mostrano prototipi di un Model 3 dal design ringiovanito che fanno parte del progetto “Highland”, come scritto da Reuters, che ha l’obiettivo di «ridurre il numero di componenti e la complessità negli interni di Model 3 per concentrarsi sulle caratteristiche che gli acquirenti Tesla desiderano, come lo schermo». Secondo alcuni, però, una soluzione puramente estetica potrebbe non bastare.

La rivista Fast Company ha pubblicato un giudizio piuttosto severo secondo il quale l’aumento dell’offerta in fatto di auto elettriche al di fuori di Tesla «amplificherà senza ombra di dubbio i difetti fondamentali dell’azienda, molti dei quali derivano dal pessimo design e dalle terribili scelte in fatto di assistenza al cliente». A questo si aggiungono problemi legali come l’indagine della National Highway Traffic Safety Administration, agenzia governativa statunitense che si occupa di sicurezza stradale e sta indagando da ormai due anni su Autopilot, il servizio di guida assistita e il suo ruolo in più di dodici incidenti.

Per molti anni Tesla ha goduto di un dominio pressoché assoluto nel mercato delle auto elettriche. Modelli come S, X e 3 hanno contribuito a rendere il marchio di successo (ad oggi la sua capitalizzazione di mercato è di 758 miliardi di dollari), mentre alcune società e startup (come Faraday Future e Nikola Corp.) hanno tentato di fare lo stesso, con scarsi risultati. Dopo anni di investimenti ed esperimenti falliti, però, ora le grandi aziende del settore automobilistico stanno puntando sempre di più sui modelli elettrici e l’installazione di colonnine di ricarica, infrastruttura essenziale alla diffusione delle vetture di questo tipo.

Lo scorso marzo il gruppo Volkswagen ha presentato un piano quinquennale da 200 miliardi di dollari per l’elettrificazione del suo parco macchine con l’obiettivo di aumentare le vendite di veicoli elettrici fino all’80% di quelle totali, anche grazie al nuovo modello ID.2all, progettato per costare meno di 25mila euro. A questo si aggiungono i casi di Jaguar, il cui parco macchine sarà del tutto elettrico entro il 2025, e Polestar, marchio elettrico del gruppo Volvo.

– Leggi anche: Non esiste un’auto elettrica senza la Cina

E poi c’è la Cina. I rapporti del paese con Tesla sono stretti sin dal 2018, quando il presidente cinese Xi Jinping iniziò a investire sull’azienda di Musk. Come aveva raccontato il Wall Street Journal nel 2021, Xi «riscrisse il regolamento per consentire alle società straniere la proprietà esclusiva delle imprese automobilistiche in modo che Musk aprisse una fabbrica di veicoli elettrici a Shanghai». Da allora quello cinese è il mercato più importante per Tesla, sia in termini di vendite che di produzione, grazie allo stabilimento costruito proprio a Shanghai.

Ma dalla Cina arrivano anche nuovi concorrenti locali: tra tutti BYD, grande società del settore che si sta specializzando in modelli elettrici piccoli ed economici. Secondo dati raccolti dalla rivista Barron’s, nell’ultimo anno l’aumento delle vendite di BYD è stato due volte e mezzo superiore rispetto a quello di Tesla, rendendo sempre più vicino e probabile il sorpasso ufficiale da parte dell’azienda cinese. Secondo i dati relativi al mercato statunitense le conseguenze di questo nuovo contesto si stanno già facendo sentire. La percentuale di mercato rappresentata da Tesla nella vendita di automobili elettriche è scesa dal 70,5% del 2021 a circa il 60% del primo trimestre dell’anno in corso.

Tali cambiamenti nel mercato dell’elettrico sono stati tra i principali fattori che hanno spinto Tesla ad abbassare ripetutamente il prezzo dei suoi veicoli negli ultimi mesi, in una politica di deprezzamento che ha avuto anche ripercussioni in borsa. Lo scorso aprile il titolo di Tesla aveva perso circa il 10% del suo valore, costringendo l’azienda a ripensarci e ad annullare l’ultima riduzione. La strategia rientra nei meccanismi della “guerra dei prezzi”, con cui una società può difendere – o migliorare – la propria posizione in un mercato abbassando il prezzo di vendita dei suoi prodotti. Lo scorso aprile l’amministratore delegato di Ford, Jim Farley, aveva commentato la politica di Musk paragonandola alla strategia seguita da Henry Ford, storico fondatore del gruppo, negli anni Dieci del Novecento, quando decise di abbassare il prezzo della Model T. Farley l’aveva definita una decisione «del tutto razionale» ma ha ricordato che, nonostante tutto, Ford fu comunque superata da Chevrolet, che vinse quella guerra dei prezzi. Ford è peraltro tra le aziende storiche del settore che, insieme a Hyundai e quelle del gruppo General Motors, hanno messo in vendita diversi modelli elettrici a partire dal 2020, anno in cui il Model Y di Tesla è entrato in commercio.

Oltre all’invecchiamento del suo parco macchine e alla rinnovata competizione, a danneggiare gli interessi di Tesla nel mercato dell’elettrico potrebbe essere Musk stesso, che nell’aprile del 2022 ha acquistato il social network Twitter per circa 44 miliardi di dollari, dando inizio a una fase, tuttora in corso, di grandi polemiche anche politiche, nel corso della quale il capo di Tesla si è avvicinato a posizioni di destra e ha apportato modifiche poco apprezzate dagli utenti del sito. La sua gestione di Twitter, fatta di licenziamenti di massa e riattivazione di account banditi perché estremisti e apertamente razzisti (compreso quello dell’ex presidente Donald Trump), ha finito per compromettere l’immagine di Elon Musk, come viene suggerito da alcuni sondaggi, specie agli occhi del pubblico progressista e ambientalista, quello più attento e disposto a investire su un veicolo elettrico.

Il Cybertruck, in tutto questo, ha quindi un valore più che simbolico, come ha dimostrato l’ampio spazio riservato al modello lo scorso maggio durante l’assemblea degli azionisti di Tesla che si è tenuta a Austin, in Texas. Con il suo design estremo e polarizzante, permetterebbe a Tesla di ringiovanire il suo parco macchine e di mettere in vendita un prodotto che Musk ha più volte definito «rivoluzionario» anche dal punto di vista ingegneristico. Ma se al momento dell’annuncio, alla fine del 2019, Cybertruck poteva ancora ambire a diventare il primo pick-up elettrico a essere messo in vendita, a causa dei ritardi accumulati arriverà dopo l’R1T di Rivian (azienda produttrice di veicoli elettrici), il GMC Hummer EV e l’F-150 Lightning di Ford.

A rendere così innovativo il Cybertruck poi avrebbe dovuto essere soprattutto l’esoscheletro dell’auto, ovvero il corpo principale dell’automobile, interamente fatto di acciaio inossidabile. Secondo gli annunci di Musk, avrebbe dovuto «spostare la massa verso l’esterno», con le pareti esterne della macchina a fare da supporto alla struttura. Ma a giudicare dai prototipi visti in circolazione, pare che l’azienda abbia abbandonato l’idea, e alcuni esperti con informazioni sui processi produttivi prevedono che il pick-up avrà una struttura tradizionale con una scocca portante in acciaio (unibody): lo youtuber Sandy Munro, specializzato nello smontaggio e nell’analisi delle automobili, ha spiegato che, da questo punto di vista, il Cybertruck sarà «come una Honda Ridgeline o il buon vecchio Model Y».

Nel corso degli anni sono anche aumentati i dubbi sulla tanto celebrata tenuta della struttura di Cybertruck e sulla scelta del materiale di costruzione: «in quanto unica azienda a produrre in massa strutture di acciaio inossidabile», ha scritto recentemente il New York Times, «Tesla non potrà godere delle economie di scala come gli altri produttori». Di conseguenza, il veicolo potrebbe costare più dei 39mila dollari promessi nel 2019. Ci sono diversi motivi se l’acciaio inossidabile non è utilizzato nel settore automobilistico: è più costoso del normale acciaio (composto da ferro e carbonio) perché contiene elementi molto ricercati (come il cromo e il nickel) ed è particolarmente difficile da modellare, perché ha la tendenza a tornare alla sua forma originaria, richiedendo metodi di saldatura speciali. Ci sono poi dubbi sulla sicurezza del materiale in caso di incidente: vista la sua solidità, infatti, una vettura d’acciaio inossidabile potrebbe non assorbire il colpo, «esponendo maggiormente i passeggeri alla forza dell’impatto», secondo il New York Times.

Complici i recenti avvistamenti pubblici di Cybertruck, alcuni appassionati hanno avuto modo di vedere il pick-up in moto, anche in momenti imbarazzanti in cui è rimasto bloccato in un campo. Più che la tenuta, la forma, la sicurezza e le capacità di trasporto del mezzo, però, a preoccupare molti appassionati è l’enorme parabrezza anteriore, la cui pulitura tramite tergicristalli è diventata un imprevisto cruccio per l’azienda. Tesla ha prima provato a risolvere il problema utilizzando un tergicristallo estendibile centrale, ritenuto poco affidabile, per poi optare per un singolo, gigantesco braccio posto davanti al sedile del guidatore, che lascerebbe però parte del parabrezza sporco. Il problema del tergicristallo dimostra come anche un dettaglio minore in un prototipo tanto ambizioso nasconda possibili grattacapi, specie in vista della produzione di massa. Già nel dicembre del 2021, Musk aveva confidato su Twitter che «il tergicristalli è la cosa che mi preoccupa di più».

Lo scorso maggio il giornale tedesco Handelsblatt ha iniziato a pubblicare una serie di documenti dell’azienda fatti trapelare alla stampa da un whistleblower, una fonte interna. Questi “Tesla Files”, come sono stati chiamati, contengono anche un report del 25 gennaio 2022 che confermerebbe i timori su Cybertruck: i documenti mostrano come la versione “alpha” del modello, quella che anticipa la messa in produzione, avesse «problemi basilari con le sospensioni, l’impermeabilizzazione, i rumori, la manovrabilità e i freni». Un esperto di progettazione automobilistica sentito da Wired, e che ha richiesto l’anonimato per proteggersi dalla reazione dei fan di Tesla, si è detto «sconvolto dal vederli ancora in difficoltà su questioni basilari».

Negli ultimi mesi sono circolate nuove foto del Cybertruck che sono state molto commentate online per la presenza di porte non allineate e pannelli che sembrano fuoriposto. A tal proposito è intervenuto lo stesso Musk che la scorsa settimana ha inviato una mail a livello aziendale ricordando che «data la natura di Cybertruck, che è fatto di metallo lucido con bordi perlopiù dritti, qualsiasi variazione di dimensione diventa un problema» e ha richiesto che ogni parte e componente del mezzo siano progettati e costruiti con un errore massimo di 10 micron.

«Se LEGO e le lattine di soda, che hanno un prezzo molto basso, riescono a farlo, possiamo anche noi», ha aggiunto con riferimento alla notevole precisione di questo tipo di prodotti, che sono però ingegneristicamente molto diversi dalle carrozzerie delle automobili. Secondo Adrian Clarke, un progettista intervistato da Fast Company, le richieste di Musk sarebbero «assurde», perché la tolleranza delle parti di carrozzeria, cioè l’errore accettabile nelle dimensioni dei vari pezzi in un processo produttivo automobilistico, si misura in millimetri. Senza contare poi la normale espansione e contrazione termica dei materiali.