Il libro del 2019 in cui Meloni parlava di «sostituzione etnica»

Il giornalista Lorenzo D'Agostino ha raccolto diversi passaggi di “Mafia nigeriana” che contengono tesi complottiste e stereotipi razzisti

In un libro sulla mafia nigeriana pubblicato nel 2019 assieme al giornalista Alessandro Meluzzi, noto per le sue posizioni complottiste e di estrema destra, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni scriveva che «il migrazionismo è finanziato oggi da qualcuno che vuole cambiare l’etnia europea per creare un’Eurafrica o un’Eurasia», sostenendo l’esistenza di un «rischio di sostituzione etnica» che «non può non farci riflettere sul futuro della nostra nazione, della nostra identità e del nostro modo di vivere». Lo ha ricordato su Twitter il giornalista Lorenzo D’Agostino, specializzato in migrazioni, che ha riportato l’attenzione sul libro, intitolato Mafia nigeriana, pubblicato dall’editore Oligo e poco considerato in seguito alla nomina di Meloni alla presidenza del Consiglio.

D’Agostino ha raccolto i passaggi più controversi o apertamente razzisti del libro dopo le polemiche per quello pubblicato dal generale dell’Esercito Roberto Vannacci. Il libro è firmato da Meloni, Meluzzi e dalla criminologa Valentina Mercurio, e compare tra le pubblicazioni nel curriculum ufficiale di Meloni. Parla della diffusione della mafia nigeriana in Italia, attestata da numerose sentenze giudiziarie emesse negli ultimi anni, ma attorno alla quale vengono spesso raccontati da media e politica dettagli e teorie non dimostrati e legati a stereotipi razzisti.

Il libro contiene molti di questi elementi, assieme ad altri stereotipi tradizionalmente associati dall’estrema destra alle persone migranti: in un passaggio per esempio dice che «leggere tutte le storie e constatare che questi militari vengono aggrediti da nigeriani, poco più che ventenni, giganti, tra i novanta e i cento chili, certamente non denutriti e sofferenti bensì palestrati, che popolano le nostre contrade, costando allo Stato più di cento euro al giorno, di cui quaranta alle cooperative e per i telefonini, ci dà un ulteriore senso di rabbia, di impotenza e di paura».

Il testo parla poi con poca contestualizzazione di diversi riti attribuiti alle culture sub-sahariane, tra cui il cannibalismo, i sacrifici umani e la stregoneria. Cita la descrizione dell’«uomo selvaggio» dello scrittore Emilio Salgari, risalente a oltre un secolo fa e fortemente connotata da pregiudizi razzisti, sostenendo che «sembra adattarsi bene ai criminali di origine nigeriana». Contrappone di frequente “bianchi” e “neri”, e riporta presunte notizie ammettendo che non sono confermate dalle indagini giudiziarie, come il fatto che lungo l’autostrada del Sole «si svolgerebbe la gestione nazionale del traffico d’organi».

Il radicamento sul territorio italiano della mafia nigeriana è sostenuto da alcuni anni dalla Direzione investigativa antimafia, che l’anno scorso aveva presentato un rapporto semestrale che ne illustrava la pericolosità e l’importanza raggiunta in alcune province e comuni. Negli anni ci sono state decine di condanne a persone ritenute affiliate a organizzazioni di stampo mafioso gestite direttamente dalla Nigeria, anche se in alcuni casi le tesi accusatorie sono state smentite dai processi, come nel caso di cinque persone che erano imputate a Palermo con l’accusa di far parte del gruppo Black Axe, assolte dalla Cassazione lo scorso febbraio.

Una recente inchiesta di D’Agostino, pubblicata su Bloomberg, ha poi messo in discussione l’attendibilità di un documento, noto come “Bibbia Verde”, ritrovato a Roma e che secondo la DIA rappresenterebbe una sorta di costituzione del gruppo criminale nigeriano Maphite. Secondo D’Agostino, il libro è stato ritrovato in circostanze dubbie, e contiene moltissimi passaggi che sono in realtà copiati da film sulla mafia o da documenti di altre organizzazioni criminali americane. Le informazioni apprese dalla Bibbia Verde, dice l’inchiesta giornalistica, hanno contribuito a consolidare le accuse contro decine di persone nigeriane poi condannate in Italia per reati di stampo mafioso. E ha aiutato le forze dell’ordine a ricostruire strutture e ritualità che caratterizzano il gruppo. Secondo gli agenti che hanno condotto le indagini, comunque, nonostante suonino a tratti improbabili, le informazioni contenute nel documenti sono attendibili e sono state confermate da indagini e sentenze.