L’indagine sulla diffusione di dati finanziari riservati di politici e personaggi pubblici

È partita da una denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, ma potrebbe riguardare molte più persone

Il ministro della Difesa Guido Crosetto (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
Il ministro della Difesa Guido Crosetto (ANSA/GIUSEPPE LAMI)
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La procura di Perugia ha aperto un’indagine su un ufficiale della Guardia di Finanza che avrebbe sfruttato la propria posizione lavorativa per ottenere e diffondere una serie di informazioni riservate su conti correnti, dichiarazioni dei redditi e altri dati finanziari di politici e personaggi pubblici. Le informazioni raccolte sarebbero poi finite in più occasioni sui giornali. La notizia dell’indagine è stata data inizialmente dal Corriere della Sera e da Repubblica, ed è stata poi confermata dal procuratore di Perugia Raffaele Cantone.

L’indagine sta cercando di stabilire quali fossero le ragioni della raccolta e diffusione di queste informazioni: se ci fosse qualcuno che faceva pressioni sull’ufficiale della Guardia di Finanza per ottenerle o se venissero scambiate per denaro. Per il momento l’ufficiale è indagato solo per accesso abusivo a sistemi informatici.

L’ufficiale lavorava alla Direzione nazionale antimafia (DNAA), e in particolare all’ufficio che si occupa delle cosiddette SOS, le segnalazioni di operazione sospetta: sono le segnalazioni che le banche sono tenute a fare alla Banca d’Italia quando notano movimenti sospetti sui conti correnti, come grossi versamenti in contanti, bonifici provenienti dall’estero e in generale operazioni che non rientrano nelle abitudini di un certo correntista. Lo scopo è evitare operazioni di riciclaggio o scoprire eventuali fondi provenienti da attività criminali.

L’ufficiale della Guardia di Finanza poteva così accedere agevolmente alle informazioni sui conti correnti di molte persone, compresi politici e personaggi pubblici. Attualmente l’ufficiale in questione non lavora più in quell’ufficio, le cui regole e protocolli di recente sono stati resi più stringenti dal nuovo procuratore nazionale antimafia insediatosi l’anno scorso alla DNAA, Giovanni Melillo.

L’indagine era iniziata dopo che lo scorso ottobre il ministro della Difesa, Guido Crosetto, aveva sporto denuncia per la pubblicazione di una serie di articoli del giornale Domani che ipotizzavano un suo conflitto di interessi che avrebbe reso inopportuna la sua nomina al ministero della Difesa. Gli articoli di Domani contenevano tra le altre cose una serie di informazioni sui dati bancari di Crosetto, comprese alcune sulla sua dichiarazione dei redditi. Crosetto aveva inizialmente minacciato di denunciare Domani per diffamazione, ma secondo Domani aveva poi presentato una segnalazione diversa alla procura, per capire come fossero state diffuse le informazioni riservate che lo riguardavano (stando a quanto scrive Domani, sembrerebbe quindi che Crosetto non abbia denunciato direttamente il giornale).

Indagando su come fossero state rese pubbliche le informazioni su Crosetto si era arrivati all’ufficiale della Guardia di Finanza in servizio alla DNAA. A quel punto la procura aveva scoperto che erano stati raccolti dati sensibili su molte altre persone dalle banche dati a disposizione dell’ufficiale in questione. Secondo un comunicato della procura di Perugia, l’ufficiale avrebbe ammesso in un interrogatorio di aver avuto accesso a quei dati, ma solo nell’ambito della sua normale attività lavorativa, cioè per cercare informazioni utili da comunicare eventualmente alle procure partendo dalle segnalazioni di operazioni sospette che arrivavano al suo ufficio.

Il problema è che dopo l’accesso a tutte quelle informazioni non sarebbe mai seguita alcuna segnalazione alle procure. Allo stesso tempo non ci sono notizie di richieste delle procure alla DNAA che giustificassero la ricerca di quelle informazioni. Corriere della Sera Repubblica parlano di centinaia di informazioni sensibili su politici e personaggi pubblici ottenute dall’ufficiale indagato.

L’indagine è trattata con una certa cautela dai giornali anche perché potenzialmente riguarda informazioni riservate pubblicate dai giornali stessi. Questo in ogni caso non li rende necessariamente colpevoli di qualcosa: la Costituzione e le leggi italiane garantiscono a giornali e giornalisti la possibilità di pubblicare qualsiasi informazione nell’esercizio del diritto di cronaca, purché questa sia di interesse pubblico e presentata entro certi limiti di pertinenza della notizia e continenza formale (in relazione al modo in cui viene scritta).