È morta Sinéad O’Connor
La cantante irlandese, celebre negli anni Novanta soprattutto per “Nothing Compares 2 U”, aveva 56 anni
È morta la cantante irlandese Sinéad O’Connor, celebre in tutto il mondo per la canzone Nothing Compares 2 U del 1990. La notizia della morte è stata diffusa dall’Irish Times e da altri giornali irlandesi che hanno ricevuto un comunicato della famiglia; non si sanno per il momento le cause. O’Connor aveva 56 anni.
Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, O’Connor fu tra le più apprezzate cantautrici europee e pubblicò diversi dischi che finirono in cima alle classifiche britanniche. I Do Not Want What I Haven’t Got (1990) in particolare fu un grande successo, trainato dal singolo Nothing Compares 2 U che le scrisse Prince, rimasto tra i più celebri degli anni Novanta. Negli stessi anni, O’Connor si distinse per comportamenti sovversivi e provocatori, spesso contro l’establishement politico e religioso e lo show business. In particolare rimase nella storia della cultura pop la volta in cui strappò una foto di papa Giovanni Paolo II durante una puntata del programma televisivo statunitense Saturday Night Live, per richiamare l’attenzione sulle accuse di abusi sessuali da parte dei preti cattolici in Irlanda. Nel 2018 si era convertita all’Islam.
O’Connor era nata nel 1966 a Dublino, ed ebbe un’adolescenza travagliata, passata in parte in un istituto minorile. Cominciò a cantare con la band locale In Tua Nua, facendosi notare nella scena rock irlandese fino a collaborare con il chitarrista degli U2 The Edge per la colonna sonora del film thriller Captive del 1986. L’anno dopo pubblicò il suo primo disco, The Lion and the Cobra, che ebbe da subito uno straordinario successo nazionale e poi anche internazionale, facendola conoscere negli Stati Uniti, in particolare per il singolo Mandinka.
Fu con il suo secondo disco I Do Not Want What I Haven’t Got però che ottenne la fama mondiale. Fu in quel periodo che iniziò a farsi conoscere per gli atteggiamenti ribelli e per i gesti eclatanti a sostegno di cause sociali e politiche. Il 3 ottobre 1992 partecipò al Saturday Night Live cantando a cappella War di Bob Marley, canzone di denuncia contro la guerra e per l’uguaglianza tra esseri umani ispirata a un discorso tenuto all’ONU nel 1963 dall’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié. Durante la sua interpretazione, O’Connor cambiò le parole finali del testo facendo esplicito riferimento alla questione della pedofilia nella Chiesa cattolica che da qualche anno era cominciata ad emergere pubblicamente negli Stati Uniti. E strappò di fronte alle telecamere la foto di papa Giovanni Paolo II, dicendo “fight your real enemy”, “combatti il vero nemico”.
Il gesto, trasmesso in diretta, fece enorme scandalo e di fatto le distrusse la reputazione e la carriera, anche se lei diede una lettura opposta in una sua successiva autobiografia, sostenendo che fosse stato l’enorme successo di Nothing Compares 2 U a mettere realmente in crisi la sua carriera, mentre l’aver strappato la foto del papa la fece tornare «sulla giusta strada».
Poche settimane dopo il Saturday Night Live, O’Connor partecipò a un concerto al Madison Square Garden di New York in onore di Bob Dylan. Quando arrivò sul palco attese a lungo il silenzio del pubblico, che non arrivò. Lei cominciò comunque a cantare tra i fischi e le grida War e poi abbandonò in lacrime il palco. Fu criticata pubblicamente tra gli altri dall’attore Joe Pesci, che minacciò di prenderla a schiaffi, mentre Madonna le fece il verso strappando una foto di Joey Buttafuoco, un uomo condannato per stupro che in quegli anni era al centro di un caso di cronaca molto discusso. O’Connor venne poi criticata dall’Anti-Defamation League, centinaia dei suoi dischi furono distrutti fuori dalla sede della sua casa discografica, e Frank Sinatra la definì «una stupida».
Sempre nell’autobiografia, O’Connor raccontò in seguito, in modo molto dettagliato, di come sua madre avesse abusato fisicamente di lei fin da quando era una bambina. E il giorno che la madre morì, O’Connor prese l’unica fotografia appesa sul muro della sua camera da letto: un’immagine del papa. Conservò per anni quella foto, aspettando il momento giusto per strapparla.
Nel 2016 i giornali internazionali si occuparono nuovamente di O’Connor quando scomparve per molte ore mentre si trovava a Chicago. In quell’occasione, aveva detto che si sarebbe uccisa dopo che le era stata tolta la custodia del figlio 13enne, dicendo ai servizi sociali che avrebbero avuto «una celebrità morta per le mani» se non avessero cambiato la loro decisione. L’anno dopo pubblicò un lungo video sulla sua pagina Facebook in cui raccontava di vivere da settimane in un motel nel New Jersey e di essere stata abbandonata dalla famiglia.
Negli ultimi anni viveva isolata, e dopo la conversione all’Islam aveva assunto il nome di Shuhada Sadaqat – sebbene continuasse a esibirsi come Sinéad O’Connor. L’anno scorso suo figlio Shane, 17enne, scomparve per giorni e fu poi trovato morto suicida dalla polizia. Nei giorni successivi O’Connor minacciò di uccidersi a sua volta, prima di decidere volontariamente di ricoverarsi. La cantante aveva anche altri tre figli.