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  • Mercoledì 26 luglio 2023

Le nuove indagini su uno dei più gravi disastri navali in acque europee di sempre

Dopo lunghe operazioni è stato estratto un rottame del traghetto Estonia, che affondò nel 1994 causando la morte di 852 persone

L'estrazione del portellone dell'Estonia, nel novembre del 1994 (Jaakko Aiikainen/Lehtikuva via AP, File)
L'estrazione del portellone dell'Estonia, nel novembre del 1994 (Jaakko Aiikainen/Lehtikuva via AP, File)
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Nella notte tra il 27 e il 28 settembre del 1994 un traghetto con quasi mille persone a bordo affondò a largo del mar Baltico durante una tempesta. Il naufragio dell’Estonia – così si chiamava la nave – causò la morte in mare di 852 persone e diventò il più grave disastro navale in acque europee in tempo di pace di sempre, nonché quello con più morti a coinvolgere una nave europea dopo il Titanic. La scorsa settimana, dopo quasi trent’anni, nel punto in cui l’Estonia affondò sono iniziate le operazioni di recupero che martedì hanno portato all’estrazione di una rampa di carico da circa 12 tonnellate.

Negli anni Novanta infatti le indagini sull’incidente avevano concluso che il portellone a prua dell’Estonia avesse ceduto e fatto imbarcare acqua alla nave, ma molti dei sopravvissuti e delle famiglie dei morti erano rimasti insoddisfatti da questa spiegazione. Nel 2020 un documentario televisivo – Estonia: The Find That Changes Everything – ha rivelato la presenza di un foro lungo 4 metri nello scafo della nave, e ha messo in discussione le conclusioni ufficiali, portando alla riapertura delle indagini.

Quando l’Estonia era partito da Tallinn, in Estonia, alle 18:30 del 27 settembre 1994, c’era molto vento ma le condizioni meteorologiche non erano considerate eccezionali per il mar Baltico. Era diretto a Stoccolma e a bordo c’erano 803 passeggeri, quasi tutti svedesi, e 186 membri dell’equipaggio, quasi tutti estoni. Secondo la ricostruzione iniziale attorno all’una e un quarto di notte il portellone di prua, cioè l’apertura nella parte anteriore della nave che si alza e si abbassa per far salire le auto sulla rampa di carico, si sarebbe aperto facendo entrare acqua e facendo affondare la nave circa mezz’ora dopo.

Durante le indagini degli anni Novanta il portellone era stato recuperato per approfondimenti, ma la rampa di carico era rimasta in mare. L’estrazione ora permetterà un’analisi più approfondita dello stato della rampa, per capire se effettivamente la conclusione a cui era giunto il processo del 1997 è attendibile.

Dopo l’uscita del documentario era già stata fatta una prima valutazione che si era conclusa lo scorso gennaio e aveva portato a escludere la possibilità che il foro sullo scafo, e quindi il naufragio, fossero stati causati da un’esplosione o da uno scontro con un’altra nave. La cosa più probabile sembrava che l’Estonia si fosse danneggiata in quel modo dopo l’incidente, andando a sbattere contro delle rocce o nell’impatto col fondale. La valutazione di gennaio aveva inoltre portato alla conclusione che il difetto del portellone che portò probabilmente il traghetto a imbarcare acqua sarebbe dovuto emergere durante un’ispezione appropriata della nave prima della partenza.

Alle ricerche di questi giorni stanno collaborando inquirenti estoni, svedesi e finlandesi. Il fondale attorno all’Estonia è stato inizialmente esplorato con un sottomarino e sono stati impiegati dei robot per scavare il fondale attorno alla rampa, cosa che ne ha infine permesso l’estrazione. Il relitto è stato depositato poi sulla nave Viking Reach, che è ripartita per il porto di Paldiski, in Estonia. Sulla Viking Reach si trovavano anche due dei 137 sopravvissuti al naufragio: uno di questi, Urban Lambertsson, era riuscito a mettersi in salvo salendo su una zattera di salvataggio nel mezzo della tempesta.