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  • Mercoledì 5 luglio 2023

L’unica strada che porta a Nuvoleto non la può sistemare lo Stato

È privata con funzioni pubbliche, quindi i danni della frana dovranno pagarli per metà i residenti del borgo in provincia di Forlì-Cesena

di Angelo Mastrandrea

Un palo della luce sulla strada tra Linaro e Nuvoleto (Angelo Mastrandrea/Il Post)
Un palo della luce sulla strada tra Linaro e Nuvoleto (Angelo Mastrandrea/Il Post)
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La strada che da Linaro porta a Nuvoleto, un piccolo borgo rurale in provincia di Forlì-Cesena, si inerpica tra i boschi per tre chilometri e mezzo. Damiano Censi vive nell’ultima casa in cima alla collina, a poco più di 500 metri di altitudine, e percorre la strada con disinvoltura con la sua auto sporca di fango, incurante delle frane che lo circondano da entrambi i lati. La strada è stata distrutta dall’alluvione che il 16 maggio ha colpito la Romagna ma in pochi giorni gli abitanti di Nuvoleto l’hanno resa di nuovo percorribile per poter tornare nelle loro case. Censi è stato uno dei più attivi nei lavori di ricostruzione, conosce tutti i sentieri nei boschi e ogni anfratto della collina nell’Appennino cesenate. Probabilmente non c’è una guida più informata di lui su questi luoghi.

Lungo il percorso si ferma più di una volta per indicare i punti in cui il terreno ha ceduto, le frane ancora in movimento, i pezzi di montagna scivolati verso il basso e i tralicci che sono ancora in piedi, ma a decine di metri da dove erano stati montati. Mostra sul cellulare le foto della strada subito dopo l’alluvione del 16 maggio e si ferma per far vedere com’è stata sistemata. Gli abitanti di Nuvoleto l’hanno spianata e ripulita dal fango, dagli alberi e dagli arbusti che erano precipitati, hanno messo un argine alle frane e l’hanno sterrata. Attraverso i boschi hanno trasportato a mano fino a Nuvoleto generatori di corrente elettrica e hanno collegato tubi alle sorgenti, riportando l’acqua che non arrivava più nelle case. Ad aiutarli sono arrivati decine di volontari da tutta Italia. «Sono venute così tante persone ad aiutarci che sembrava una festa», dice Censi. Nel giro di pochi giorni quasi tutti gli abitanti sono riusciti a rientrare nelle loro case.

L’alluvione del 16 maggio ha scaricato 350 milioni di metri cubi di acqua su un’area di 800 chilometri quadrati tra l’estremità orientale delle colline bolognesi, il ravennate e la parte occidentale del cesenate e del forlivese. Le 978 frane censite dalla Regione Emilia-Romagna hanno provocato la chiusura di 544 strade comunali e provinciali. Per sistemarle la Regione ha stimato un costo di circa un miliardo di euro. Quella per Nuvoleto però non è stata inclusa tra queste perché è una strada vicinale: vuol dire che è considerata una via privata che svolge un servizio pubblico, poiché collega il piccolo borgo rurale con Mercato Saraceno, il comune di cui fa parte Nuvoleto.

Strada interrotta da una frana ai piedi della collina di Nuvoleto (Angelo Mastrandrea/Il Post)

La legge in casi come questo prevede che il comune debba coprire metà delle spese necessarie per aggiustarla, e il resto devono pagarlo i residenti. Per questo gli abitanti di Nuvoleto hanno costituito un’associazione e hanno avviato una raccolta di fondi su GoFundMe. L’obiettivo è di raccogliere almeno 100mila euro. Finora ne sono arrivati poco più di 30mila, con donazioni da tutto il mondo, dall’India agli Stati Uniti. Ha inviato «una somma di rilievo» persino Mathea Falco, che dal 1977 al 1981 è stata assistente della segreteria di Stato statunitense durante la presidenza del Democratico Jimmy Carter e ha un antenato originario di Linaro. «Nella migliore delle ipotesi, cioè che lungo la strada non ci siano frane in movimento, ci vorranno circa 300mila euro e noi dovremmo trovarne la metà, se invece dovessimo essere costretti a rifare il tracciato altrove, la cifra sarebbe di alcuni milioni e allora sarebbe davvero troppo per le nostre possibilità», racconta Censi.

A Nuvoleto vivono trenta persone, tra cui dieci bambini, «più che a Linaro», dove gli abitanti sono un centinaio ma sono rimasti solo gli anziani. Fatta eccezione per una famiglia di contadini sopravvissuta allo spopolamento della collina e di una coppia di veneti arrivata nel 2000, le altre sette famiglie vi si trasferirono agli inizi degli anni Ottanta per costituire una piccola comunità laica, che voleva condividere uno stile di vita fondato sul rapporto con la natura e sulla condivisione. Erano seguaci di don Giuseppe Dossetti, che oltre a essere stato un partigiano, un padre costituente della Repubblica e un importante esponente della sinistra democristiana, fondò una comunità monastica basata sul ritorno a una vita semplice, lontana dalla mondanità.

Alcune persone quindi si spostarono qui perché trovavano il posto bello e per la vicinanza con un monastero ispirato agli insegnamenti di Dossetti, in cui si applicava la regola benedettina ora et labora. Recuperarono alcune vecchie abitazioni abbandonate, le trasformarono in case abitabili e da allora vivono quassù portando avanti un ideale di vita comunitario, a contatto con la natura. «Eravamo alla ricerca di una vita più semplice e volevamo applicare i princìpi che ci ispiravano, conducendo una vita improntata alla condivisione delle fatiche e degli spazi», dice Anna Miciano, bolognese, una delle abitanti della prima ora. Silvano e Silvana Adani, veronesi, sono invece gli ultimi arrivati: «Abbiamo conosciuto l’esistenza di questo luogo frequentando una comunità dossettiana in Trentino». Hanno rimesso a posto un vecchio rudere e ora trascorrono qui buona parte dell’anno. Il giorno dell’alluvione erano al mare, sulla costa, e appena hanno potuto sono tornati quassù.

Le poche case del borgo sono divise in una Nuvoleto di sopra, una di mezzo e una bassa, ma è una questione solo geografica, che indica la disposizione delle abitazioni lungo il pendio. Quassù tutti vivono con le porte sempre aperte, ospitano persone e organizzano incontri con le altre comunità dossettiane. Quando qualcuno va in paese fa la spesa per tutti perché a Nuvoleto non ci sono negozi ma solo orti coltivati, boschi e sorgenti d’acqua.

«Lo spirito religioso delle origini si è un po’ perso, ma tutti abbiamo ereditato gli ideali che avevano spinto i nostri genitori a trasferirsi, come lo stile di vita collettivo, l’idea di dover condividere tutto e il rapporto con la natura», dice Censi. Tra i figli delle persone che decisero di andare a vivere a Nuvoleto ci sono un infermiere, un medico e una ricercatrice sui temi dell’immigrazione. Sono tutti impegnati anche in attività sociali. Censi, che durante la settimana lavora a Bologna alla Regione Emilia-Romagna, è un attivista di Mediterranea Saving Humans, una ong che si occupa di salvataggi in mare di migranti. Ogni settimana però torna a Nuvoleto. Nessuno di loro vuole lasciare questo posto, «nonostante abbiamo studiato e viaggiato in tutto il mondo». Per questo quando la strada è franata tutti si sono dati da fare per rimetterla in sesto al più presto.

Arrivati in cima, dove la strada finisce, Censi si addentra lungo un sentiero franato in più punti, fino a una sorgente d’acqua che sgorga dove prima era solo foresta. Mostra il lavoro che lui e gli altri abitanti di Nuvoleto hanno fatto per evitare che le frane travolgessero anche il borgo di Linaro. Racconta che si sono mossi subito, mentre pioveva, per provare a evitare che i danni fossero maggiori. «Gli unici boschi che non sono scivolati giù sono quelli che avevano una manutenzione», spiega indicando un’area che non è franata come le altre.

Tutta la zona è rimasta isolata per diversi giorni. Sulla montagna di fronte, a Valleripa, il monastero della Piccola Famiglia della Resurrezione è ancora irraggiungibile. I monaci e le suore che ci vivevano, anche loro di ispirazione dossettiana, sono stati evacuati dalla Protezione civile con gli elicotteri e non possono tornarci. Non si può andare neanche a Mercato Saraceno. E anche la strada che si inoltra verso l’Appennino è bloccata, e l’agriturismo “Il Mulino d’Ortano” è rimasto senza clienti. Non passa più nessuno dal giorno dell’alluvione e la struttura ha riaperto le cucine solo per chi sta lavorando a stabilizzare le frane, a fare rilievi o a sistemare i boschi.

La proprietaria si chiama Ombretta Farneti, era stata candidata alla elezioni regionali con la Lega e oggi è consigliera comunale d’opposizione a Mercato Saraceno. Farneti mostra i danni provocati dalle frane: un castagneto di duecento anni è scivolato per decine di metri, il grano si è salvato ma non si può raccogliere perché al campo non si arriva. In totale sono una trentina le frazioni di montagna ancora isolate in tutta la regione. Nuvoleto è un’eccezione, sarebbe stata ancora irraggiungibile se i suoi abitanti non avessero deciso di rimboccarsi le maniche e rendere percorribile la strada.

Tra il 16 e il 17 maggio la strada è franata in più punti o è stata sepolta da valanghe di arbusti, alberi e terra. Le case invece sono state risparmiate quasi tutte. Solo una è stata lambita da uno smottamento che ha trascinato via parte dell’orto e si è fermato a pochi centimetri da un muro portante: gli abitanti hanno fissato un telo di plastica sul terreno per evitare che un’altra pioggia si porti via anche il resto. Un’altra casa invece è stata evacuata perché l’ingresso è minacciato da una frana e viverci sarebbe pericoloso, ci viveva una famiglia con tre bambini che si è trasferita a Cesena.

La casa di Nuvoleto con il telo di plastica (Angelo Mastrandrea/Il Post)

La mattina del 18 maggio, quando la pioggia si era ormai placata, una parte degli abitanti si era avviata verso Linaro attraverso i boschi, nonostante il fango. Erano partite due famiglie con sei bambini. «Mio padre di 78 anni e mia mamma di 68 avevano paura a salire sull’elicottero e così sono andata a prenderli a piedi con il mio fidanzato, camminando per la strada franata», ha raccontato al Resto del Carlino Agnese Palazzi.

Anche Censi quella mattina era sceso a piedi da Nuvoleto. Aveva impiegato alcune ore per arrivare nel borgo, a sua volta circondato dalle frane che avevano interrotto i collegamenti per una decina di chilometri, fino alla valle del Borello. Gli abitanti più anziani invece erano stati portati via con gli elicotteri della Protezione civile. Ora sono tornati tutti e, nonostante i disagi, non vogliono lasciare le loro case. «Ci siamo riuniti e abbiamo concluso che non possiamo permetterci di abbandonare anche noi questo luogo, anche se vivere quassù non è facile», dice Censi. I più anziani dicono di sentirsi un po’ i custodi del territorio.