In Europa c’è troppo vino

L'inflazione unita a una vendemmia ricca ha riempito cantine e magazzini di bottiglie invendute, e per questo si proverà con la “distillazione di crisi”

Una vigna nella regione francese dove si produce lo champagne (AP Photo/Francois Mori)
Una vigna nella regione francese dove si produce lo champagne (AP Photo/Francois Mori)
Caricamento player

L’industria vitivinicola europea sta attraversando un momento di crisi: sono diminuite molto le vendite per una serie di motivi legati a come va l’economia, all’aumento generale del costo della vita, alla perdita del potere d’acquisto da parte delle famiglie e alla conseguente riduzione complessiva dei consumi. Questo calo è avvenuto proprio in un’annata molto florida per quanto riguarda la vendemmia e la produzione: il risultato è che c’è tantissimo vino invenduto sul mercato e i produttori ci stanno rimettendo.

La Commissione europea ha quindi attivato una serie di misure eccezionali a sostegno delle aziende vinicole, tra cui la cosiddetta distillazione di crisi, ossia la trasformazione del vino in eccesso in alcol destinato ad altri mercati, come quello dei disinfettanti. Per farlo i produttori ricevono un compenso dallo stato: in questo modo si riducono le loro perdite e allo stesso tempo si toglie del vino dal mercato proprio col fine di ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta.

Rispetto all’anno scorso le vendite di vino sono diminuite del 7 per cento in Italia, del 10 in Spagna, del 15 in Francia, del 22 in Germania e del 34 per cento in Portogallo. Anche le esportazioni si sono molto ridotte: nei primi quattro mesi del 2023 sono state inferiori dell’8,5 per cento rispetto all’anno precedente, contribuendo a far aumentare ulteriormente le scorte.

I motivi sono vari. L’inflazione e la perdita generale di potere d’acquisto da parte dei consumatori stanno avendo un impatto negativo sui consumi in generale e anche su quelli di vino. «È diminuita la domanda dei vini di primo prezzo, mentre quella per i vini di fascia molto alta non troppo», spiega Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini. Questa dinamica è coerente con il funzionamento dell’inflazione, che colpisce maggiormente i consumatori con i redditi più bassi e molto meno i consumatori più ricchi.

Ma la questione più importante è relativa al calo delle vendite all’ingrosso: i distributori hanno fatto tantissime scorte durante il periodo della pandemia da coronavirus «e ora quel magazzino devono smaltirlo», spiega Frescobaldi. «Durante la pandemia le regole del gioco sono state stravolte. Nessuno lo avrebbe mai pensato, ma durante quel periodo le vendite al dettaglio, sia online che al supermercato, hanno avuto un’impennata straordinaria», continua. Nonostante tutte le difficoltà di approvvigionamento che c’erano in quel periodo per la filiera, quindi, appena i distributori riuscivano a ordinare lo facevano, col risultato che oggi i magazzini sono ancora pieni delle bottiglie acquistate allora.

Questa difficile situazione di mercato si combina con un’ultima vendemmia molto ricca: la produzione di vino europea quest’anno è aumentata del 4 per cento rispetto alla precedente, in un contesto in cui le scorte erano già mediamente più alte degli ultimi anni.

Il risultato è che c’è tantissimo vino invenduto nelle cantine, che sta causando molti problemi per i produttori di vino europei. «Molti non sono attrezzati per tenere tutte queste scorte, per cui serve spazio e per cui si devono sostenere dei costi» relativi alla gestione del magazzino, spiega Frescobaldi. Oltre a questo, serve una buona liquidità per tenere merce ferma in magazzino senza la previsione di venderla. Semplificando, decidere di tenere una grande quantità di scorte è come fare un investimento: i produttori sostengono oggi i costi per produrre e imbottigliare il vino – pagano gli stipendi dei dipendenti, comprano per esempio bottiglie, tappi e cartoni – e non incasseranno niente probabilmente per un po’. Non tutti possono permettersi di farlo.

In più l’abbondanza di vino ha generato una serie di distorsioni sul mercato. A essere sovrabbondante è il vino di fascia più bassa e le qualità che costano meno: con tutto questo vino in circolazione il prezzo si è mediamente abbassato.

Anche le qualità più pregiate stanno subendo un contraccolpo, soprattutto in termini di immagine. Spiega Frescobaldi che con ogni probabilità chi compra senza problemi i vini più costosi continua a farlo; il problema riguarda il marketing e il posizionamento di questi prodotti all’interno del mercato. La differenza di prezzo di un vino di fascia alta si giustifica con la qualità, ma con un ribasso generale dei prezzi delle qualità basse e medie questa differenza diventa ancora più elevata e più difficile da giustificare agli occhi di un consumatore medio, che percepisce quel prodotto come ancora più caro e quindi può essere scoraggiato dall’acquisto.

Queste dinamiche hanno comportato grosse perdite per le aziende del settore in tutta Europa, aggravate dal fatto che negli ultimi mesi i prezzi di produzione sono stati molto più alti del solito a causa della crisi energetica e del forte rincaro dei materiali. Secondo la Commissione europea lo squilibrio tra l’offerta e la domanda è concentrato in alcune regioni e per alcune tipologie di vino: i più interessati sono i vini rossi e rosati di alcune regioni della Francia, della Spagna e del Portogallo.

Per questo la Commissione ha attivato una serie di misure per compensare i produttori e intervenire sugli squilibri del mercato. Fino al 15 ottobre 2023 i produttori degli stati membri potranno distillare le qualità più colpite dalla crisi. È una pratica di emergenza che prevede la separazione dell’alcol puro dal vino, sfruttando il diverso punto di ebollizione delle sostanze che lo compongono. L’alcol così ottenuto sarà poi rivenduto in altri mercati (come quello dei disinfettanti, per esempio). Per ogni litro di vino distillato in alcol lo stato risarcisce una percentuale del prezzo di vendita che avrebbe avuto la bottiglia originale: si tratta comunque di una piccola quota, solitamente pari a qualche decina di centesimi al litro.

Questa pratica solitamente interessa le qualità di vino più basse e ha due obiettivi: quello di liberare i magazzini dei produttori non attrezzati a tenere scorte e quello di ritirare i litri di vino in eccesso dal mercato. In questo modo si rende l’offerta di vino più compatibile con la domanda, riducendo così la concorrenza e permettendo ai prezzi di tornare a livelli tali da garantire ai produttori congrui margini di guadagno.

Frescobaldi comunque spiega che non è detto che i produttori italiani alla fine aderiranno davvero alla distillazione di crisi, nonostante alcune regioni l’avessero chiesta insistentemente. Le forti piogge di maggio hanno ridotto molto le prospettive per la prossima vendemmia, che con ogni probabilità porterà a una produzione inferiore rispetto a quella dello scorso anno, compensando in parte la sovrapproduzione che c’è stata.

Il settore del vino è importantissimo per l’Unione europea. Nel 2020 rappresentava il 45 per cento delle zone viticole mondiali, il 64 per cento della produzione e il 48 per cento del consumo di vino globale. È il più ampio settore agroalimentare dell’Unione europea in termini di esportazioni. Proprio per questo le istituzioni europee hanno schemi di regolamentazione e protezione del settore piuttosto stringenti e ogni anno stanziano circa 1 miliardo per il settore vitivinicolo.

– Leggi anche: Come il prosecco è diventato il prosecco

Tag: crisi-vino