Instagram continua ad avere problemi a gestire i contenuti sessualmente espliciti

Nei giorni scorsi decine di pagine sono state sospese senza apparente motivo, ma è un problema vecchio e di difficile soluzione

Il profilo Instagram della serata londinese Klub Verboten è stato uno di quelli temporaneamente bloccati (Klub Verboten)
Il profilo Instagram della serata londinese Klub Verboten è stato uno di quelli temporaneamente bloccati (Klub Verboten)
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Nell’ultima settimana Instagram ha sospeso decine di profili dedicati in un modo o nell’altro all’educazione sessuale, a feste ed eventi per adulti, al mondo “sex positive” (termine con cui si indicano le comunità che si approcciano alla sessualità con curiosità e senza giudizi o sensi di colpa) e kinky (ovvero legato a varie pratiche e fantasie sessuali non strettamente tradizionali). Gli account hanno quindi smesso di essere visibili agli altri utenti sulla piattaforma e accessibili ai loro proprietari, senza che fosse esplicitato il motivo della sospensione.

Le sospensioni di gran parte degli account in questione sono state revocate dopo che Chris Stokel-Walker, uno dei più prolifici e riconosciuti giornalisti che scrivono di cultura digitale, aveva chiesto ai loro responsabili di commentare l’accaduto per il giornale Fast Company. Un portavoce di Meta – l’azienda che gestisce sia Instagram che Facebook – ha ricordato che i contenuti e le discussioni a sfondo sessuale sulla piattaforma sono consentite, ma che esistono delle regole stringenti «in merito alla nudità e all’adescamento» per «garantire che i contenuti siano appropriati per tutti». Ha però ammesso che gran parte degli account in questione era stata rimossa per errore e non violava effettivamente le regole.

In quanto azienda privata, Meta non è legalmente obbligata a ospitare contenuti sulle proprie piattaforme, e nel corso degli anni ha messo insieme un lungo regolamento che specifica che genere di post è o meno tollerato su Instagram e Facebook. In una minoranza dei casi, queste regole ricalcano leggi nazionali che vietano specifici tipi di espressione: un esempio classico è quello della Germania, che vieta la negazione pubblica dell’Olocausto e la diffusione della propaganda nazista, anche online, o di foto e video che mostrano violenze sessuali sui minori, che sono illegali in gran parte dei paesi.

Nella maggior parte dei casi, però, specifiche categorie di contenuti sono vietate per rendere le piattaforme un posto meno ostile per la maggioranza degli utenti – è il caso dello spam e dei discorsi d’odio, che comunque vengono moderati con difficoltà – ed evitare lamentele da parte degli inserzionisti che comprano spazi pubblicitari sui social network. A ciò si è aggiunta negli ultimi anni una crescente preoccupazione, fortemente politicizzata, per il fatto che molti minori frequentino assiduamente le piattaforme e vengano esposti a contenuti non adatti a loro, tra cui anche quelli a sfondo sessuale.

Data l’enorme massa di contenuti – video, foto, commenti, live – che vengono pubblicati quotidianamente su Instagram, l’applicazione di queste regole viene in larghissima parte affidata a sistemi di moderazione automatizzati, chiamati anche genericamente “algoritmi”, senza particolare supervisione umana. Ma su Instagram accade molto spesso che questi algoritmi interpretino come sessualmente espliciti anche contenuti che non mostrano corpi nudi. Sia per questo, sia perché la piattaforma dal 2021 applica in modo piuttosto stringente le proprie politiche relative all’adescamento, le persone che pubblicano di frequente contenuti che mostrano corpi poco vestiti o in pose provocanti, oppure che fanno riferimento in un modo o nell’altro al sesso, segnalano molto spesso grossi problemi con l’algoritmo di moderazione dei contenuti di Instagram, che rimuove post o interi account senza fornire dettagli sulle ragioni della decisione.

Questo vale per sex worker ma anche fotografi, educatori, pole dancer, performer, influencer e organizzatori di eventi, molti dei quali negli ultimi anni hanno individuato Instagram come principale spazio digitale su cui svolgere il proprio lavoro. Questo genere di sospensioni quindi può lasciare le persone che gestiscono le pagine temporaneamente senza accesso ai propri strumenti di lavoro. A rendere ulteriormente frustrante l’esperienza c’è la farraginosità e la lentezza dei percorsi per contestare decisioni di questo tipo. Spesso l’opzione più veloce è chiedere aiuto a qualcuno che ha contatti diretti con le persone che si occupano di moderazione dei contenuti a Meta, ma non tutti possono farlo.

Carolina Are, ricercatrice della Northumbria University del Regno Unito che si occupa da anni di moderazione dei contenuti applicata specificatamente al tema della nudità e dell’espressione della sessualità, è una delle persone su cui la comunità sex positive fa maggiore affidamento quando accadono grossi errori di moderazione. Prima dell’intervento di Stokel-Walker, che ha ottenuto una reazione immediata da parte di Meta, era stata lei ad accorgersi che un numero insolitamente alto di profili gestiti da persone della sua comunità di riferimento era stato rimosso all’improvviso.

«Siccome faccio questo lavoro da anni e ho collaborato spesso con Meta in passato, offrendo loro anche consulenze per migliorare le politiche di moderazione, vengo vista come un tramite tra Meta e le persone sospese», spiega Are, che oltre a essere una ricercatrice è anche insegnante di pole dance che pubblica frequentemente foto e video delle proprie coreografie su Instagram.

«Il problema non si porrebbe se Meta fosse sì molto severo nell’applicazione delle proprie regole, ma avesse un processo di appello delle decisioni funzionante, ma non è così» continua. «Dovrebbe essere un sistema veloce ed efficiente: invece ora quando si viene cancellati da Instagram o Facebook è difficilissimo discolparsi. Non si ricevono nemmeno informazioni su perché si è stati cancellati, è impossibile imparare dai propri errori». Per questo Are fa spesso da intermediaria tra le persone i cui account vengono sospesi e Meta, perché è una questione che le sta a cuore: ma «essenzialmente sto lavorando gratis per una società multimiliardaria i cui sistemi non funzionano», spiega.

In questo caso Are ha raccolto tutti i nomi delle persone e delle pagine il cui profilo era stato rimosso da Instagram senza spiegazione in una tabella Excel: a partire da quella lista è stata avviata una campagna intitolata #StopDeletingUs (“#SmetteteDiEliminarci”). L’intenzione del gruppo è di organizzare una protesta fuori dai quartieri generali di Meta a Londra il 4 luglio.


«Le persone usano il proprio profilo Instagram per rimanere connesse con amici, parenti e persone a cui tengono, ma anche per lavoro: soprattutto se si tratta di persone marginalizzate la cancellazione dell’account causa grandissimi problemi tra cui depressione, stress e ansia per la perdita di una fonte molto importante di entrate economiche», spiega Are, che ha recentemente pubblicato una ricerca sul tema. «Spesso si tratta di profili di sex worker, persone della comunità LGBTQ+ e altra gente che è esclusa dalla società offline: se si tolgono loro anche i profili sui social network, si trovano soggetti a una forma ulteriore di esclusione».

Stavolta gran parte degli account è stata riattivata, ma non si sa cosa abbia causato la serie di sospensioni. Una teoria è che ci sia stato un aggiornamento negli algoritmi di moderazione che ha avuto come conseguenza una stretta sui contenuti al limite delle linee guida sui contenuti a sfondo sessuale. Un’altra è che l’algoritmo abbia interpretato come tentativi di adescamento il fatto che account di questo tipo invitino i propri follower a cliccare sul link presente sul loro profilo e visitare un sito esterno, come fanno spesso i profili legati a club o a eventi, ma anche le persone che hanno profili su siti come OnlyFans.

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«Quello che sappiamo per certo è che Meta, come già dimostrato in passato, finisce per creare un ambiente estremamente sex-negative, che porta le persone a censurare se stesse e i propri corpi, che stigmatizza il sesso benché sia una parte estremamente normale della vita umana, che merita di essere discussa ed espressa», commenta Are. «A maggior ragione perché Instagram è diventata una risorsa molto importante per informarsi e imparare cose nuove sulla sessualità, considerato quanto sia carente l’educazione sessuale quasi ovunque».

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