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  • Mercoledì 7 giugno 2023

Cosa si sa dei poliziotti arrestati per violenze e torture a Verona

In tutto sono stati scoperti sette casi di pestaggi di persone che erano in custodia nei locali della questura

La sede della questura di Verona (Google Maps)
La sede della questura di Verona (Google Maps)

Nelle ultime ore sono stati diffusi maggiori dettagli e informazioni sui cinque poliziotti arrestati martedì a Verona con l’accusa di aver picchiato e torturato alcune persone che avevano preso in custodia in questura. Sono quattro agenti e un ispettore: Alessandro Migliore, Loris Colpini, Federico Tommaselli, Roberto Da Rold e Filippo Failla Rifici, accusati dei reati di tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d’ufficio, peculato e abuso d’ufficio. Per tutti la giudice per le indagini preliminari (gip) di Verona ha ordinato gli arresti domiciliari, in via cautelare.

Oltre ai 5 poliziotti agli arresti ce ne sono altri 17 sotto indagine, per i quali il questore ha deciso il trasferimento e un cambio di mansioni: la questura di Verona ha fatto sapere in una nota che non sono accusati di aver preso parte a episodi di violenza, ma che potrebbero non aver denunciato avvenimenti di cui erano a conoscenza o non averli impediti quando ne hanno avuto l’occasione.

Nell’ordinanza della giudice Livia Magri si racconta che l’indagine che ha portato agli arresti, condotta dal reparto di polizia della squadra mobile, era cominciata in seguito a un’intercettazione compiuta nell’ambito di un’altra indagine il 22 agosto del 2022 nei confronti di Migliore, che ha 25 anni.

La polizia stava indagando su una perquisizione fatta cinque mesi prima da Migliore nei confronti di un gruppo di persone albanesi accusate di tentato omicidio e detenzione di armi: la polizia sospettava che quella perquisizione fosse stata fatta con eccessiva leggerezza per via di presunti legami personali tra Migliore e alcuni parenti delle persone albanesi perquisite: sarebbero stati i gestori di una discoteca frequentata dal poliziotto e da altri colleghi che per questo erano soprannominati «ballerini».

Il 22 agosto Migliore era stato intercettato mentre parlava al telefono con la fidanzata e si vantava delle violenze commesse in questura nei confronti di una persona italiana fermata la sera prima: «Ha iniziato a rompere il cazzo…Vi spacco sbirri di merda, di qua e di là. Allora ha dato una capocciata al vetro. Il collega apre la porta e “Vieni un attimo fuori, adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai”. Boom boom boom boom…E io ridevo come un pazzo», diceva Migliore.

Nell’intercettazione il poliziotto aveva aggiunto poi di aver a sua volta picchiato la persona fermata, stando attento a non farsi riprendere dalle telecamere di sorveglianza dentro la questura: «Amò, mi guarda, mi ero messo il guanto, ho caricato una stecca, amò, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto là… È svenuto…Minchia che pigna che gli ho dato».

A quel punto la squadra mobile guidata dalla questora Ivana Petricca – sostituita ad aprile da Roberto Massucci – decise di non denunciare Migliore e, d’accordo con la procura di Verona, di continuare indagare inserendo microspie e telecamere nascoste nei locali della questura per verificare se ci fossero stati altri casi di pestaggio. Le indagini sono proseguite fin a marzo del 2023 e hanno permesso di individuare altri sei casi di violenze e torture compiute nei confronti di persone straniere residenti a Verona a parte uno, in cui Migliore avrebbe istigato un collega a dare un calcio alla schiena di una persona italiana.

Tra gli altri c’è il caso di un uomo che dopo essere stato fermato era stato costretto a urinare per terra e in seguito trascinato sulla propria urina «impiegandolo come uno straccio per pulire il pavimento». La gip descrive anche un ampio uso di insulti a sfondo razzista da parte dei poliziotti indagati, come quando il 21 ottobre un uomo fermato era stato definito un «tunisino di merda, figlio di puttana»: l’uomo era stato poi preso a calci e un poliziotto gli aveva urinato addosso. In un altro caso era stato invece spruzzato spray al peperoncino su una persona in custodia.