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  • Mercoledì 7 giugno 2023

Colpo di teatro

Il nuovo numero di Cose spiegate bene si occupa di teatro ed è in libreria da oggi

È da oggi in libreria il sesto numero di Cose spiegate bene, la rivista del Post dedicata a temi singoli da raccontare o spiegare approfonditamente. Si intitola Colpo di teatro, e si occupa appunto di teatro, descrivendo come funziona il mondo che ogni sera mette in scena racconti e spettacoli sui palcoscenici di tutta Italia. Le illustrazioni di questo numero sono di Teresa Sdralevich, e i contributi di Malika Ayane, Marco Baliani, Matteo Caccia e Andrea De Rosa.

Oltre che nelle librerie, dove speriamo anche di vederci negli incontri dei prossimi mesi, il nuovo numero di Cose può essere acquistato online sul sito del Post (con spedizione gratuita) e nelle librerie online di Amazon, Bookdealer, Feltrinelli e IBS. Questa è l’introduzione a Colpo di teatro scritta dal peraltro direttore del Post Luca Sofri.

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A pagina 283 di questo numero di COSE Spiegate bene Matteo Caccia racconta un singolare spettacolo teatrale di cui è regista da quasi dieci anni, che si tiene in un piccolo locale milanese e che non si limita a coinvolgere le persone del pubblico nella rappresentazione, ma le rende attrici e autrici. È una piccola sintesi dei tratti unici del teatro, tratti unici che le persone che ci lavorano più assiduamente ci hanno ripetuto nei mesi in cui abbiamo raccolto e messo in ordine le informazioni per i testi che leggerete. Definiti quei tratti, poi, tutto diventa meravigliosamente sfuggente e chiamiamo teatro più un contenitore che un contenuto: teatro è ciò che si fa in un teatro, si potrebbe dire dell’ambivalenza di significato del termine tra contenitore e contenuto (notate delle similitudini con quello che dicemmo sul «libro», nel primo numero di COSE Spiegate bene?), salvo che poi diventa inafferrabile persino la definizione del contenitore. Come sappiamo, la parola è usata in mille estensioni figurate che superano le mura e il tetto dei teatri, fino al «grande teatro della vita».

Ma se torniamo a quel piccolo teatro allestito da Matteo Caccia una volta al mese, c’è già tutto, dicevamo: c’è uno spettacolo irripetibile, letteralmente irripetibile, non come lo si dice con leggerezza di molte cose semplicemente apprezzabili. Quello che succede nei teatri, col teatro, non succederà mai più in quel modo: nemmeno la sera dopo. E poi c’è uno spettacolo (parola da non intendere in una sua deragliata accezione frivola: la sua radice è un verbo che significa laicamente «guardare»), c’è uno spettacolo che avviene in compresenza imprescindibile dei suoi esecutori e dei suoi spettatori, e proprio per questo ha generato da sempre una fragilità della separazione tra gli uni e gli altri, fino a compartecipazioni, condivisioni di ruoli e scambi di ruoli. Queste cose non succedono col cinema, con la televisione, con la lettura, con il turismo, con la gastronomia, con altre forme di offerta culturale o di intrattenimento, con l’eccezione degli eventi sportivi: che sono in effetti una forma di spettacolo teatrale, pur non permettendo – anzi, le invasioni di campo sono vietate e perseguite – grandi sperimentazioni sul coinvolgimento del pubblico (ma gli atleti hanno abbattuto da tempo la «quarta parete» nel chiedere forme di reazione e partecipazione al pubblico stesso). La differenza è forse che ciò che viene raccontato nei teatri sono storie condivise e condivisibili, quello che avviene negli stadi è eccezionale in quanto tale: non a caso i momenti più «teatrali» e condivisibili negli eventi sportivi sono le sconfitte, gli addii, gli incidenti.

C’è poi un terzo aspetto più proprio degli eventi teatrali rispetto agli altri spettacoli citati, indotto dalla scarsissima comunicazione e promozione mediatica che ottiene: ed è che chi va ad assistere alle sue rappresentazioni spesso sa molto poco di quello che lo aspetta, di quello che gli verrà «raccontato». Non è sempre così, naturalmente, soprattutto nel caso dei classici: ma i teatri sono – di questi tempi – ancora dei posti in cui si può entrare molto all’oscuro di quello che succederà, di come se ne uscirà.

Questo numero di COSE Spiegate bene non si occupa di critica del teatro e solo in piccola parte dei contenuti del teatro, ché non saremmo stati all’altezza. Ma come i precedenti cerca di raccontare come funzionano le cose, e «cosa c’è dietro», espressione a sua volta più letterale del solito, in questo caso. Sapete quando si dice «cosa accade dietro le quinte»? Ecco. Come si fa a mettere in piedi le attività teatrali (anche qui, figuratamente e letteralmente: parliamo di soldi ma anche di chiodi e martelli, e di architetture), che cosa è cambiato o sta cambiando, che attività ci sono intorno, cosa è successo fino a un minuto prima che si aprisse il sipario, quando c’è il sipario. Notate quante espressioni ancora del teatro sono traboccate altrove? Il sipario, andare in scena, sul palcoscenico, la platea, concedere i bis, eccetera. Tutto dice che, una volta sintetizzati gli aspetti che abbiamo detto, il teatro trabocca fuori dal teatro esattamente come il fuori trabocca dentro, e le definizioni si sfilacciano. Ognuno ne ha una, se chiedete in giro, fino a quella per cui è teatro ogni volta che una persona recita e una persona guarda, con la quale il teatro è davvero portato in ogni nostra giornata. Ecco, questo rischio di astrazione – come vi state accorgendo anche da queste righe – è sempre presente, col teatro, ed è un rischio necessario e fondante: qui abbiamo provato a completarlo con spiegazioni e racconti di cose concrete, di scelte, di funzionamenti, che hanno altrettanto fascino. E che spostino il significato di certi timori di «non capire il teatro»: dedicandosi a spiegare quello che è utile spiegare, e uscendo di scena perché il resto lo faccia il teatro.