Quanto conta il Festival di Cannes per un film

Da tanto a tantissimo, anche per le successive carriere delle persone coinvolte, come dimostrano molti casi più o meno recenti

di Gabriele Niola

(Matt Winkelmeyer/Getty Images)
(Matt Winkelmeyer/Getty Images)

Quello di Cannes, che inizia martedì 16 maggio e si concluderà sabato 27, è il festival di cinema più importante del mondo per giro d’affari, attenzioni mediatiche e status riconosciuto nell’ambiente e fuori. Partecipare a Cannes può cambiare la distribuzione internazionale e quindi la fortuna di un film e delle molte persone coinvolte nella sua realizzazione (il regista, gli sceneggiatori, gli attori, i produttori). Se in generale una carriera può arrivare a essere stravolta vincendo un premio o talvolta anche solo partecipando a un festival, a Cannes questo vale più che altrove. In certi casi, a seconda della grandezza del film o della provenienza geografica, un passaggio fortunato a Cannes può cambiare le sorti anche dei film che le persone coinvolte gireranno in seguito.

Questo avviene perché a differenza degli Oscar, che pure sono importantissimi, molto seguiti e capaci di cambiare le sorti di un film o di una carriera, i festival di cinema non arrivano al termine della circolazione e della permanenza in sala dei film, quando cioè la maggior parte del pubblico li ha già visti, ma all’inizio. Tutti i grandi festival internazionali selezionano solo prime mondiali, cioè film che possono mostrare per la prima volta. Le eccezioni sono rarissime, una di queste è quella che Cannes fa da sempre per Nanni Moretti, concedendogli di uscire nei cinema in Italia prima del festival.

Dunque a Cannes si determina il valore economico iniziale di molti film, oppure, per quelli che un valore già ce l’hanno indipendentemente dal festival (è il caso di quelli statunitensi molto grandi e importanti), si determina la loro rilevanza culturale, artistica o commerciale. Quindi una parte del potenziale futuro successo.

A Cannes i film sono mostrati a quattro categorie di persone: alla stampa specializzata e accreditata, a produttori e distributori che potrebbero acquistarli, ai giurati che assegneranno i premi (ogni anno diversi), e a un pubblico di invitati durante la première, cioè la proiezione con tappeto rosso, foto e gran concentrazione di attenzione. Questo significa che i film non sono mostrati al pubblico: a differenza di festival come quello di Venezia, non è possibile acquistare dei biglietti per le proiezioni della Selezione Ufficiale di Cannes.

Gli inviti alle première di solito sono distribuiti dalle produzioni, dai venditori e dalle distribuzioni del film proiettato, spartiti tra i molti sponsor del festival che ne hanno diversi pacchetti a disposizione e il festival stesso. Tra gli spettatori non ci sono molti appassionati ma più che altro addetti ai lavori, persone che hanno lavorato al film con le proprie famiglie, clienti che gli sponsor invitano o ancora persone che per altre ragioni di pubbliche relazioni hanno ricevuto un invito. A volte queste ragioni comprendono la loro notorietà e la conseguente possibilità di fotografarli all’ingresso, sul tappeto rosso.

Ogni film presentato in concorso e fuori concorso ha diritto a una première in grande stile, anche quelli molto piccoli (esistono diverse fasce orarie associate a diversi livelli di importanza, ma ogni film ha il suo tappeto rosso, foto e invitati). Il festival garantisce insomma a tutti un evento per la loro presentazione e questo è ciò che consente ai film piccoli o medi presentati di avere a Cannes un lancio che diversamente non potrebbero mai permettersi. Per quelli più grandi, invece, l’occasione è quella di ottenere un’occasione promozionale con stampa da tutto il mondo, che altrimenti dovrebbero organizzare almeno in ogni continente.

I festival come Cannes, poi, cercano sempre di più di attirare grandi star e film molto costosi che solitamente non hanno bisogno di quella promozione, anche celebrandoli più degli altri. L’anno scorso per esempio Tom Cruise è stato al centro di masterclass e di eventi che gli hanno attribuito quel tipo di blasone che Cannes porta con sé. Così il festival si è assicurato la presentazione in anteprima mondiale di Top Gun: Maverick, che poi è stato uno dei film più importanti della stagione.

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Lo stesso accadrà quest’anno con Harrison Ford per Indiana Jones e il quadrante del destino. Spesso star come Cruise e Ford, ma anche registi come Martin Scorsese, che quest’anno presenterà Killers Of The Flower Moon fuori concorso, fanno pressione sulle produzioni perché accettino gli inviti di Cannes proprio per il ritorno personale in termini di soddisfazione e status che possono ricevere dal festival.

Per i film meno noti invece la sola partecipazione significa già un aumento di valore sul mercato. I loro diritti di distribuzione nei vari paesi che li acquisteranno saranno pagati di più in quanto “selezionati a Cannes”, e molti paesi che non li avrebbero distribuiti lo fanno proprio in virtù della loro presenza al festival, considerata un vantaggio promozionale. Quindi è un aumento sia di circolazione che di prezzo. In caso di vittoria di un premio, poi, il valore aumenta ancora di più, per questo in certi casi i venditori aspettano i giudizi delle prime proiezioni del festival per capire se vendere subito i diritti o aspettare la premiazione confidando in una vittoria. Ad esempio per Parasite il venditore internazionale decise di chiudere le vendite subito e chi li comprò (in Italia la società di distribuzione Academy Two) lo fece ad un prezzo molto conveniente rispetto a quello che avrebbe avuto il film alla fine del festival.

Esistono intere categorie di film la cui economia si regge sulla selezione ai festival più o meno grandi, cioè sull’aumento di valore sul mercato che ne consegue e sulle conseguenti vendite a molti paesi. Ad esempio i film di Alice Rohrwacher, regista molto apprezzata nel circuito dei festival ma di scarso incasso in Italia, sono tra quelli italiani più venduti in assoluto, più di qualsiasi commedia di successo (solitamente poco esportabili), più dei polizieschi o di film di buon successo nazionale. Questo perché i film di Alice Rohrwacher sono invitati in concorso a Cannes e in certi casi (come è capitato a Lazzaro felice) anche premiati. Hanno un pubblico sicuramente piccolo, fatto di appassionati, ma grazie a Cannes ce l’hanno in numerosi paesi del mondo.

I film che partecipano sono di volume produttivo, importanza e notorietà molto diversi. Solo quest’anno in concorso ci sarà Asteroid City di Wes Anderson, con un cast ampio di attori molto noti (tra cui Scarlett Johansson, Steve Carell, Tilda Swinton, Edward Norton e Tom Hanks), ma anche un regista famoso ma non commerciale come Wim Wenders, oltre a diversi autori esordienti dal Medio Oriente o dall’Asia, poco o niente conosciuti, e tre italiani, Nanni Moretti con Il sol dell’avvenire, Marco Bellocchio con Rapito, e Alice Rohrwacher con La chimera. Per ognuna di queste categorie la partecipazione e l’eventuale vittoria hanno un senso e un esito diversi.

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Ci sono casi in cui se il regista è al primo o secondo film una vittoria può trasformare tutta la carriera a venire, come è capitato a Julia Ducournau che aveva vinto con il suo secondo film, Titane, e da regista interessante è diventata una di quelle di punta della Francia. Ci sono casi in cui la Palma d’Oro è l’occasione per un film con potenzialità mondiali di essere davvero visto da un pubblico enorme, come capitò a Parasite che dalla Palma d’Oro arrivò fino all’Oscar (un percorso capitato a pochissimi film). La vita di Adele di Abdellatif Kechiche vincendo creò due star del cinema, una più francese (Adele Exarchopoulos) e una mondiale (Léa Seydoux).

In certi casi la vittoria può avere degli effetti collaterali: The Tree of Life ha portato il suo regista Terrence Malick a ripetersi, secondo molti critici, confezionando tutti i film a seguire nello stesso stile. Oppure può anche non cambiare nulla: ad esempio la vittoria di Io, Daniel Blake di Ken Loach, cineasta già noto e apprezzato nel mondo, o quella di Amour di Michael Haneke (che aveva anche già vinto una Palma d’Oro), non hanno cambiato molto nelle loro carriere. Al contrario quando vinse Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, del tailandese Apichatpong Weerasethakul, il premio trasformò un regista di piccoli film e speranze marginali in un pezzo grosso del circuito del cinema d’autore. Nel suo ultimo film Memoria c’è una star come Tilda Swinton. Dopo aver vinto la Palma d’Oro con Un affare di famiglia il giapponese Hirokazu Kore’eda ha girato film in Francia e in Corea del Sud, il che significa che gli sono state date possibilità che prima non aveva.

In certi casi, poi, anche non vincendo il premio più importante ma uno di quelli minori, oppure non vincendo proprio, la presenza a Cannes può dare il tipo di visibilità giusta. Drive, il film che ha reso famoso il danese Nicolas Winding Refn, passò a Cannes, dove si iniziò a parlarne come del film da vedere della stagione. Lo stesso successe a Whiplash, con cui Damien Chazelle diventò noto e in virtù del quale poté girare il suo successivo La La Land. Il film francese The Artist, che poi vinse diversi Oscar, a Cannes aveva vinto premi secondari, e nel 2008 la presenza e il premio a Gomorra di Matteo Garrone e a Il divo di Paolo Sorrentino attirarono una grande attenzione intorno ai due registi e ai loro film (Sorrentino finì a poter girare un film con Sean Penn, This Must Be The Place; Matteo Garrone ebbe la possibilità di avere attori internazionali per Il racconto dei racconti). Lo stesso capitò a Xavier Dolan fin dal suo esordio J’ai tué ma mère, girato a soli 19 anni e subito considerato un film di rilevanza mondiale. Difficilmente senza la visibilità fornita da Cannes un film di un 19enne dal Quebec, per quanto impressionante, avrebbe avuto quella considerazione.

Il prestigio funziona anche al contrario. Un film che si rivela importante e amato, che ha vinto o è stato presentato a Cannes e non altrove, accresce il prestigio del festival. È stato a Cannes che Pulp Fiction fu visto per la prima volta e premiato (con la Palma d’Oro), lo stesso era accaduto anni prima ad Apocalypse Now e poco dopo a un altro film molto importante come Lezioni di piano di Jane Campion. È Cannes che ha mostrato i primi film di cineasti poi diventati estremamente importanti come Martin Scorsese, Werner Herzog o Takashi Miike, riconoscendo il loro valore, o uno dei più importanti lavori di David Lynch (Mulholland Drive).

I grandi festival di cinema ad oggi rimangono gli unici luoghi in cui le esigenze commerciali di vendita funzionano in relativa armonia con la valutazione artistica e nei quali i film più sconosciuti, se si dimostrano di valore, possono far discutere e farsi notare più di quelli sulla carta più famosi. Capitò nel 2004 quando Jonathan Caouette, uno sconosciuto, fu selezionato con Tarnation, documentario incentrato su se stesso e la sua vita, realizzato montando insieme video amatoriali girati da lui e dalla sua famiglia nei suoi primi 20 anni di vita circa, per raccontare di abusi, difficoltà e di una quotidianità familiare complicata e commovente. Era la prima volta che dei video amatoriali digitali e analogici venivano considerati un film. Caouette non ha più girato nulla di notevole o riconosciuto, tuttavia in quell’anno quel suo film a budget quasi inesistente ricevette maggiore considerazione di altri girati da autori assai più noti.