A Massa e a Carrara il problema dei residui del marmo peggiora

Un mese fa gli scarti delle cave hanno di nuovo colorato di bianco i fiumi, entrando nella campagna elettorale per le comunali

(Gianni Barlassina/il Post)
(Gianni Barlassina/il Post)
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Il 13 aprile del 2023 il torrente Carrione, che attraversa la città di Carrara, si è colorato all’improvviso di bianco. Le piogge hanno sciolto la marmettola, un residuo dell’estrazione del marmo che si accumula nelle famose cave sulle Alpi Apuane, e l’hanno trasportata nel corso d’acqua, che è diventato color latte. Secondo Nicola Cavazzuti del Club Alpino Italiano (Cai) di Massa, il fenomeno si ripete «ogni volta che ci sono piogge copiose che riempiono i canali di alimento della falda».

La marmettola, che è composta quasi per intero da carbonato di calcio, si scioglie e diventa un fango bianco che cola sui terreni, impedendo alla vegetazione di crescere, si infiltra nel sottosuolo fino a raggiungere le falde acquifere e finisce nei torrenti, impermeabilizzando i terreni e distruggendo l’habitat naturale. Nel giro di pochi minuti le immagini del corso d’acqua bianco scattate in diversi punti della città sono finite sui social network, provocando reazioni indignate tra i cittadini di Carrara, la località adiacente alle cave, e della vicina Massa, dove la vicenda è diventata argomento di discussione nella campagna elettorale per le comunali, che si svolgeranno il 14 e 15 maggio.

Il 3 maggio sette degli otto candidati a sindaco ne hanno parlato in un incontro nella sala della Resistenza del Palazzo Ducale. Il centrodestra si presenta diviso alle elezioni dopo che il sindaco uscente, il leghista Francesco Persiani, agli inizi di marzo era stato sfiduciato dalla sua maggioranza: oggi il Comune è guidato da una commissaria prefettizia. Persiani si è schierato con le aziende del marmo, che chiedono che la marmettola non sia più catalogata per legge come un rifiuto da smaltire ma venga considerata un sottoprodotto da riutilizzare. Secondo la Confindustria locale i residui delle lavorazioni del marmo possono essere utilizzati nelle riqualificazioni ambientali, come il riempimento di cave e siti dismessi, oppure come impermeabilizzante nelle discariche o lungo gli argini dei fiumi. Persiani, che si è ricandidato con il sostegno di Lega e Forza Italia, e l’altro candidato del centrodestra Marco Guidi, appoggiato da Fratelli d’Italia, hanno minimizzato l’inquinamento e sostenuto che bisognerebbe incentivare il riutilizzo della marmettola.

Il candidato del centrosinistra Enzo Romolo Ricci, segretario locale del Partito Democratico, ha insistito invece sul fatto che la marmettola finisce nelle falde acquifere, provocando un grave inquinamento ambientale. Gli altri candidati di liste civiche hanno sostenuto il principio che «chi inquina paga», chiedendo che nelle concessioni alle imprese che estraggono il marmo sia inserito l’obbligo dello smaltimento dei residui, mentre il comunista Marco Lenzoni ha spostato l’attenzione sullo sfruttamento del territorio e sulla delocalizzazione di alcune produzioni.

Il problema dell’inquinamento legato agli sversamenti di marmettola esiste da decenni e non è mai stato risolto. Già nel 1983 uno studio della Comunità Montana delle Apuane sostenne che i residui del marmo, pur essendo privi di tossicità, sono un inquinante fisico micidiale che provoca nei fiumi un impatto superiore a quello degli scarichi fognari e riduce drasticamente le comunità dei macroinvertebrati acquatici, fino alla loro totale scomparsa. Secondo Legambiente, «sedimentando nell’alveo, la marmettola occlude gli interstizi tra i ciottoli, distrugge la varietà dei microhabitat, occlude le branchie di invertebrati e pesci, seppellisce le forme vitali fissate al substrato (comprese le microalghe che sono alla base delle catene alimentari acquatiche), forma uno strato impermeabile e asfittico, stronca il potere autodepurante dei fiumi». Nel 2017 il comune di Massa emanò un’ordinanza – chiamata «cave pulite» – che prescrisse alle aziende del marmo di tenere pulite le cave, le rampe e le vie d’accesso, con sanzioni che vanno dai 300 ai 3000 euro, fino alla sospensione dell’attività.

Ora il problema si è aggravato, perché la discarica dove viene portato l’80 per cento delle 170 mila tonnellate all’anno di marmettola prodotte dalle cave delle Alpi Apuane è piena e la società che si occupa di smaltirla non vuole più acquistarla. La marmettola viene ritirata dalle cave di marmo da un’azienda di Massa, la Cages, che la rivende in gran parte alla Venator di Scarlino, in provincia di Grosseto, che la utilizza per desolforare gli scarti del processo produttivo del biossido di titanio trasformandola in un nuovo rifiuto: i cosiddetti gessi rossi. Ogni chilogrammo di biossido di titanio richiede 3,8 chilogrammi di marmettola e ne produce sette di gessi rossi. Questi ulteriori scarti venivano portati nella ex cava di Montioni a Scarlino, che però a sua volta è piena e non ne può più accogliere.

Per questo la Venator, «che ha un lungo contenzioso con la Regione Toscana a causa della sua renitenza a ottemperare a una serie di prescrizioni necessarie per utilizzare in discarica quello che, a tutti gli effetti, è un rifiuto speciale», spiega Legambiente Toscana, «ha ridotto la produzione da tre linee a una e non necessita più di marmettola». Di conseguenza, alla metà di aprile la Cages ha anticipato ai produttori di marmo che non ritirerà più gli scarti, che nel frattempo si sono accumulati e al primo temporale si sono sciolti e sono finiti nel torrente Carrione. Inoltre il 14 aprile il Tar della Toscana ha bloccato i trasporti verso la discarica del Brentino, tra i comuni di Massarosa e Viareggio, perché la marmettola era smaltita come sottoprodotto industriale e non come rifiuto.

Cavazzuti ha scattato numerose foto e le ha inviate al ministero dell’Ambiente, sostenendo che lo «sversamento è direttamente imputabile all’escavazione di marmo che avviene nel bacino marmifero di Carrara e raggiunge facilmente le sorgenti per la costituzione carsica delle Alpi Apuane». Il ministero dell’Ambiente, ricevuta la denuncia, ha incaricato l’Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra) di verificare cosa è accaduto, chiedendogli di «valutare se i fatti lamentati siano imputabili a danno ambientale o minaccia di danno ambientale ed eventualmente indicare le misure di riparazione ritenute necessarie». Il comune di Carrara ha chiesto ai cittadini di segnalare le aree inquinate e a Massa la questione è diventata argomento di campagna elettorale, insieme alla riapertura dell’ospedale, alla concessione delle spiagge ai lidi privati e alla candidatura della città a capitale della Cultura per il 2028.