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  • Domenica 14 maggio 2023

La collina in Lituania dove sono piantate decine di migliaia di croci

È una famosa meta di pellegrinaggi che i sovietici tentarono di distruggere varie volte, senza riuscirci

(Wikimedia Commons)
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In Lituania c’è una strada ad alto scorrimento che porta verso nord, fino alla capitale della vicina Lettonia, Riga. Da un tratto iniziale della strada, che parte dalla città di Šiauliai, guardando verso est si scorge un panorama piuttosto anonimo, con distese erbose, alberi e una collinetta. Da circa due secoli le persone lituane e non solo vanno in pellegrinaggio su quella altura e piantano una croce, o portano una statuetta votiva, un rosario, un oggetto ritenuto sacro. Soprattutto croci però, nei secoli diventate così fitte da far sembrare la collina una specie di enorme – e un po’ inquietante – puntaspilli. Negli anni Novanta si stimava che fossero oltre 50mila, a metà anni Duemila circa 100mila.

(Wikimedia Commons)

Il motivo originario per cui iniziò questa tradizione non è chiaro. Sul sito della Chiesa cattolica lituana dedicato alla Collina delle Croci (Kryžių Kalnas in lituano) l’arcivescovo di Šiauliai Eugenijus Bartulis scrive che le prime testimonianze scritte delle croci in quel luogo sono del 1850, ma con ogni probabilità c’erano almeno vent’anni prima. Nel 1831 in Polonia e nei paesi vicini ci fu una ribellione contro l’impero zarista russo, che controllava gran parte del territorio lituano. Durante quella rivolta ci furono diversi morti anche in Lituania, ma ai lituani fu impedito di onorarli e seppellirli: perciò, per reazione, cominciarono ad accumulare croci in quella collina come luogo simbolico.

La stessa cosa successe trent’anni dopo, quando ci fu una nuova rivolta contro l’impero zarista. In pochi decenni la collina assunse una certa importanza per la cultura e l’identità lituane, e all’inizio del Novecento diventò di fatto un luogo sacro, dove venivano celebrate messe e fatti pellegrinaggi. Ma un significato ancora più profondo e importante le venne dato nella seconda metà del Novecento, quando il territorio lituano passò dal controllo degli zar a quello dell’Unione Sovietica.

La dottrina marxista-leninista svalutava l’importanza della religione nella società, perché, sintetizzando, era vista come un elemento organico al dominio della borghesia che la rivoluzione avrebbe voluto rovesciare. Vladimir Lenin, il primo e più importante leader comunista sovietico, scrisse che la religione «è una acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini». Negli scritti di Lenin non veniva promosso un contrasto attivo alla religione, ma più che altro un ridimensionamento, un invito a viverla soltanto in forma privata e non pubblica.

Ma in breve tempo il regime sovietico, specialmente sotto Stalin, trasformò questo ridimensionamento in repressione e di conseguenza un luogo come la Collina delle Croci non poteva essere tollerato, anche perché per i lituani era diventato un simbolo di resistenza.

Nel 1961 ci fu un primo intervento contro il sito. Le croci di legno vennero distrutte e bruciate, quelle di metallo usate come materiale di recupero e quelle di pietra spaccate e seppellite. Questo non servì a dissuadere i lituani dalla tradizione, perciò i sovietici ci provarono ancora, e più volte, anche con i bulldozer, spianando la collinetta e le croci piantate. Se le prime volte le demolizioni erano state fatte in segreto, di notte, tra il 1973 e il 1975 vennero distrutte centinaia di croci in pieno giorno. Ma siccome neanche così smettevano di ricomparire, i sovietici tentarono altri metodi: una volta vennero annunciate finte epidemie nella zona per impedire alle persone di uscire e piantare le croci; un’altra volta, tra il 1978 e il 1979, la zona venne allagata per tentare di renderla inagibile. Ma dal giorno dopo, sia che ci fosse l’acqua sia che ci fossero altri impedimenti, le croci ricomparivano.

Sul finire degli anni Ottanta, quando l’Unione Sovietica era ormai indebolita e prossima alla fine, il culto della Collina delle Croci poté espandersi liberamente. Il sito divenne famoso anche fuori dal paese nel 1993, quando ci fu la visita di papa Giovanni Paolo II, che era polacco e che negli anni Ottanta aveva attivamente sostenuto l’opposizione al regime comunista nel proprio paese. Il papa in quell’occasione parlò ai fedeli presenti e disse: «Figli e figlie della vostra patria hanno portato su questo colle croci simili a quella del Golgota, che vide la morte del nostro Salvatore. Così le persone hanno dichiarato la loro sincera convinzione che i loro fratelli e sorelle defunti abbiano trovato l’eternità. […]. La croce è simbolo della vita eterna in Dio».

Papa Giovanni Paolo II alla Collina delle Croci (L’OSSERVATORE ROMANO – Servizio Fotografico/via ANSA)

Oggi la Collina delle Croci è oggetto di visite e pellegrinaggi di turisti, ma conserva un significato speciale per i lituani: ci vanno anche dopo aver celebrato eventi significativi, come un matrimonio, o per pregare in un momento particolarmente importante e delicato.

Nel 2019 una donna cinese andò alla collina per rimuovere e gettare via una croce che era stata piantata in sostegno delle manifestazioni pro-democrazia che erano in corso all’epoca a Hong Kong. La donna raccontò tutto in un video su Instagram e intervenne persino il ministro degli Esteri lituano, Linas Linkevicius, che definì il gesto un «vergognoso atto di vandalismo».