C’è una nuova teoria sul paesaggio dietro alla Gioconda

Secondo uno studio dello scrittore Silvano Vinceti potrebbe essere vicino ad Arezzo, dove c'è l'antico ponte Romito di Laterina

La Gioconda
(EPA/ Horacio Villalobos via ANSA)

La Gioconda di Leonardo da Vinci è forse l’opera d’arte più celebre del mondo, e anche per questo negli anni è stata soggetta a numerose interpretazioni e teorie, in particolare su chi sia la donna ritratta e sul perché abbia quell’espressione giudicata da molti enigmatica. Adesso una nuova ricerca sostiene di aver capito dove Leonardo prese ispirazione per dipingere il paesaggio sullo sfondo: secondo le analisi coordinate dallo scrittore Silvano Vinceti, che aveva già studiato il dipinto in passato, quello che si vede vicino alla spalla sinistra della Monna Lisa sarebbe l’antico ponte Romito di Laterina sull’Arno, pochi chilometri a ovest di Arezzo.

Finora la gran parte degli storici dell’arte e degli esperti di Leonardo aveva ipotizzato che il ponte nel dipinto fosse quello di Bobbio, che passa sopra al Trebbia in provincia di Piacenza, oppure quello di Buriano, sempre vicino ad Arezzo. Vinceti, fondatore e presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali (un’organizzazione privata), sostiene invece che ci siano prove per dire che si tratta del ponte di origine etrusco-romana Romito, o Ponte di Valle, di cui oggi resta solo un arco: per esempio, il ponte nella Gioconda ha quattro archi, come quello Romito in origine, mentre quello di Buriano ne ha sei e quello di Bobbio più di sei. E anche il fatto che questi ultimi siano collocati in un terreno pianeggiante, mentre sia quello Romito che quello nel dipinto sono circondati da montagne.

Vinceti ha svolto le sue ricerche con la collaborazione dell’Associazione culturale La Rocca di Laterina, basandosi sulle immagini della zona riprese con un drone e sulla ricostruzione virtuale del ponte Romito. Mercoledì in una conferenza stampa ha detto che le immagini del drone hanno permesso di osservare «due falesie nel lato sinistro e destro del ponte Romito e l’andamento sinuoso dell’Arno, così come raffigurati nel dipinto della Gioconda». La ricostruzione virtuale, che ha tenuto conto della larghezza dell’Arno nel tratto in cui si trovava il ponte, mostra altre similitudini rispetto a quello dipinto da Leonardo, come la forma e le dimensioni degli archi, dice Vinceti.

Un’ulteriore prova sarebbero le testimonianze storiche. Un documento sulle proprietà della famiglia dei Medici conservato nell’archivio di Stato di Firenze dice che tra il 1501 e il 1503, grossomodo il periodo in cui Leonardo cominciò a dipingere la Gioconda, il ponte Romito era «in funzione e frequentatissimo». E si sa che in questo periodo Leonardo si trovava spesso in Valdarno, la zona di valle che si estende da Arezzo a Firenze dove lavorò prima per il nobile Cesare Borgia, e poi per il gonfaloniere della Repubblica di Firenze Pier Soderini. Secondo altri documenti in quegli anni Leonardo stava spesso a Fiesole, poco fuori Firenze, a casa di un suo zio prete.

La sindaca di Laterina Pergine Valdarno, Simona Neri, ha detto che la nuova teoria è stata accolta con grande entusiasmo dagli abitanti del posto. In un messaggio condiviso su Facebook ha scritto di augurarsi che possa essere una «grande opportunità di rilancio turistico del nostro territorio».

La Gioconda

(ANSA)

La gran parte degli storici ritiene che la Gioconda sia un ritratto di Lisa Gherardini, nobildonna fiorentina sposata con il commerciante Francesco del Giocondo: uno dei primi a dare questa interpretazione fu il noto pittore del Cinquecento e storico dell’arte Giorgio Vasari, e così si spiegherebbe anche il titolo (“Monna” è il diminutivo di Madonna). Alcuni tuttavia hanno ipotizzato che potesse essere un ritratto di altre nobili, tra cui Isabella d’Este o Caterina Sforza, o della presunta madre di Leonardo, Caterina Buti del Vacca. Altri ancora pensano che sia un autoritratto in versione femminile dello stesso Leonardo, oppure che non fosse ispirato a nessuna donna in particolare.

In assenza di documenti certi, non è stato possibile stabilire con certezza nemmeno se il corso d’acqua, le montagne e il ponte nel dipinto fossero stati ispirati a un certo luogo. Molti storici comunque avevano già ipotizzato che si potesse trattare di un paesaggio toscano, magari delle campagne fuori Arezzo. Per altri poteva anche essere un luogo di fantasia, che metteva insieme vari posti effettivamente visitati da Leonardo.

Di Silvano Vinceti si parlò per un breve periodo già nel 2010, quando disse di aver scoperto i resti di Michelangelo Merisi, il Caravaggio. Sempre lo stesso anno disse di aver osservato nell’occhio destro della Gioconda un simbolo grafico che secondo le sue ricostruzioni rappresentava una L e una V, le iniziali del pittore, e nell’occhio sinistro aveva notato caratteri che sembravano indicare una C e una E, o forse solo una B. Sotto il ponte aveva individuato altri segni che potevano essere interpretati come il numero 72, che tra i vari significati della tradizione cabalistica conosciuta da Leonardo poteva simboleggiare la sintesi tra uomo e donna.

Nel 2016, grazie ad analisi con i raggi infrarossi, sempre Vinceti ipotizzò che oltre a essersi ispirato a Lisa Gherardini Leonardo si fosse servito anche di un modello, il suo allievo Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai. Le prove fornite a sostegno delle sue tesi sono state ritenute difficili da verificare e per questo accolte con un certo scetticismo da altri storici ed esperti d’arte.

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