C’è una nuova ipotesi sulla misteriosa morte di Edgar Allan Poe

Avvenuta nel 1849 in circostanze molto strane, potrebbe essere stata causata dal suo coinvolgimento in una frode elettorale

(Wikimedia Commons)
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Le cause della morte di Edgar Allan Poe, uno dei più influenti scrittori e poeti della storia statunitense, considerato tra gli inventori dell’horror moderno e autore di poesie e racconti molto conosciuti come Il pozzo e il pendolo e Il Corvo, sono avvolte nel mistero da oltre 170 anni. Recentemente, il giornalista statunitense Mark Dawidziak, che ha investigato per anni sul caso individuando testimonianze e dettagli che erano finora stati ignorati, ha formulato un’ipotesi nel libro A Mystery of Mysteries: The Death and Life of Edgar Allan Poe.

Mentre era in vita Poe non era molto conosciuto e si manteneva principalmente facendo il giornalista: stava viaggiando da New York verso Philadelphia per lavoro quando scomparve. Fu ritrovato più di una settimana dopo di fronte a un seggio elettorale di Baltimora in evidenti difficoltà, incapace di muoversi e con addosso vestiti che non erano i suoi. Fu portato in ospedale ma non tornò mai del tutto in sé prima della morte, e non riuscì mai a spiegare come fosse finito a Baltimora né cosa gli fosse capitato lungo il viaggio verso Philadelphia. Morì quattro giorni dopo, il 7 ottobre 1849, in preda alle allucinazioni.

Nel tempo sono state formulate moltissime ipotesi su cosa sia successo a Poe nei suoi ultimi giorni di vita: c’è chi sospetta che sia stato avvelenato o assassinato, chi pensa che avesse contratto la rabbia o la sifilide, chi incolpa l’alcolismo. Secondo Dawidziak la risposta più credibile di tutte a questo mistero è che Poe soffrisse di tubercolosi, malattia infettiva di cui era già morta la moglie, ma che fosse stato incapace di cercare aiuto medico nei suoi ultimi giorni di vita perché coinvolto suo malgrado in una frode elettorale.

Come viene raccontato nel libro e approfondito dal Washington Post, Baltimora all’epoca era la seconda città più popolosa degli Stati Uniti dopo New York, ed era un luogo piuttosto pericoloso e malfamato. Non era raro che, nei giorni delle elezioni, la gente che aveva un’aria fragile o indigente venisse colpita in testa, rapita, drogata e poi travestita in vari modi nell’arco di più giorni per essere mandata ai seggi a votare impersonando persone diverse di volta in volta.

All’epoca infatti in città non esisteva un sistema di registrazione degli elettori, e bastava essere riconosciuti da una persona del posto o da un funzionario per poter votare. Il voto non era segreto: gli elettori si recavano ai seggi con una “scheda di partito” prestampata in cui elencavano i candidati che intendevano sostenere. «Baltimora era una città dura e difficile, soprannominata Mobtown [città del crimine, ndr] dai suoi stessi cittadini perché era un posto dove la violenza era all’ordine del giorno», spiega Dawidziak nel suo libro.

Seconda la sua ricostruzione, Poe salì su un piroscafo diretto a Baltimora il 27 settembre 1849, e sbarcò in città il giorno dopo per prendere un treno per Philadelphia, dove lo aspettava un lavoretto temporaneo come editor di poesie. A Philadelphia non arrivò mai: scomparve per giorni, finché il 3 ottobre non fu ritrovato all’esterno di un seggio elettorale da Joseph W. Walker, un impiegato del giornale Baltimore Sun, in stato di delirio e di parziale incoscienza. Poe chiese a Walker di inviare una lettera al suo amico e medico Joseph Evans Snodgrass. Walker gli scrisse: «Gentile signore, c’è qui un gentiluomo messo molto male il cui nome è Edgar A. Poe. Dice di conoscervi, ha bisogno di aiuto immediato».

Uno dei principali indizi da cui Dawidziak è partito per formulare l’ipotesi del rapimento a fini di frode elettorale è il fatto che Poe al momento del ritrovamento indossava abiti logori che sicuramente non gli appartenevano. «Ha sempre avuto molta cura del suo aspetto. Era meticoloso nel vestirsi. Anche quando i suoi polsini erano logori e i suoi calzini rammendati, erano tutti coordinati», ha detto Hal L. Poe, uno dei massimi esperti della vita dello scrittore e suo lontano discendente.

L’ipotesi del rapimento non spiega come sia morto, ma le condizioni di salute di Poe erano già molto precarie. «Era freddo e umido all’inizio di ottobre a Baltimora. Essere rinchiuso in un ambiente freddo e spartano avrebbe potuto essere disastroso per il suo sistema immunitario. Se a questo aggiungiamo una qualsiasi quantità di alcol, possiamo dedurre che gli effetti furono devastanti», spiega Dawidziak.

All’epoca, la tubercolosi era endemica nelle grandi città degli Stati Uniti: ne erano morti entrambi i genitori di Poe e sua moglie. «Quasi tutti gli esperti medici e i patologi con cui ho parlato hanno detto che non c’è assolutamente alcun dubbio che Poe avesse la tubercolosi». Nel suo libro Dawidziak sostiene che Poe fosse malato da tempo e che gli ultimi sintomi prima della sua morte – febbre e allucinazioni – rispecchino quelli di una meningite da tubercolosi, che causa un rigonfiamento nelle membrane del cervello.

Tutte le altre ipotesi che sono state formulate negli anni a suo parere non reggono. L’idea che fosse stato avvelenato dal gas usato all’epoca per illuminare le case è stata smentita da un test forense effettuato su una ciocca di suoi capelli, in cui non sono state trovate tracce di avvelenamento da metalli pesanti che il carbone emette quando viene bruciato. Non aveva nessun sintomo specifico della rabbia, non aveva particolari nemici che lo volevano morto, ed è improbabile che volesse suicidarsi, dato che era un momento particolarmente felice della sua vita, in cui sembrava vicino a realizzare il suo sogno di cominciare a scrivere per una rivista letteraria e sperava di sposarsi con la donna di cui era innamorato.

Per confermare definitivamente che avesse la meningite nel momento della morte sarebbe però necessario riesumare il suo corpo ed esaminarne il cranio, cosa che Dawidziak ha detto di non avere la minima intenzione di fare.