Breve guida alla “non-monogamia etica”

Cioè ai tipi di relazioni non tradizionali, che prevedono più partner con il consenso dei coinvolti: dal poliamore all'anarchia relazionale

(Una scena del film The Dreamers)
(Una scena del film The Dreamers)
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In un articolo pubblicato su Rolling Stone nel 2017, la giornalista Anna Fitzpatrick intervistò l’educatrice sessuale Janet W. Hardy, autrice di uno dei libri più famosi che parlano di alternative alle relazioni monogame (cioè con più di un partner), La zoccola etica, pubblicato per la prima volta nel 1997. Nell’intervista, Hardy spiegò così quanto era cambiato l’approccio (e l’interesse) di molte persone nei confronti delle relazioni non monogame dagli anni Novanta in poi: «Vent’anni fa ricevevo di continuo telefonate da producer [che volevano dedicare un segmento televisivo al tema, ndr] che mi chiedevano, “Puoi indicarmi una famiglia poliamorosa che non sia composta da vecchi hippie o da pazzi urlanti?”. E io dicevo di no perché, punto primo, quella gente rappresentava gran parte delle persone di cui parlavo nella mia rubrica e, punto secondo, le persone che praticavano il poliamore all’epoca erano principalmente quelle. Ma oggi, quando tengo conferenze con persone che praticano il poliamore, sono tutti giovani professionisti totalmente inseriti in società. È molto diverso».

Nei sei anni che separano il 2017 e il 2023, al poliamore – e più in generale alla cosiddetta “non-monogamia etica”, termine che include quasi tutti i tipi di relazione che non si basano sulla monogamia – si sono avvicinate ancora più persone, e non solo in città che storicamente attraggono persone interessate a stili di vita poco convenzionali, come San Francisco o Berlino. Oltre alle decine di migliaia di persone che usano app fatte apposta per persone interessate a vari tipi di non-monogamia etica, come Feeld, anche app di dating più popolari e generaliste come Hinge e più recentemente Tinder hanno aggiornato il proprio design per chiedere agli utenti se cercano una relazione monogama o meno.

Per chi si approccia per la prima volta a questo mondo, però, districarsi tra le tante definizioni e sottocategorie della non-monogamia etica può risultare complesso e confusionario. Questa guida serve a fare un po’ di chiarezza tra i termini più comuni, tenendo a mente che nonostante l’apparente complessità di questo genere di relazione, la maggior parte delle persone che sceglie di averle le vive con la stessa serenità e normalità con cui si vive in una relazione monogama.

Non-monogamia etica (o non-monogamia consensuale)
È usato come termine ombrello che racchiude gran parte delle relazioni romantiche e/o sessuali non monogame, ovvero quelle che contemplano esplicitamente la formazione di rapporti romantici o sessuali con più di un partner. A distinguerle dall’ordinaria infedeltà all’interno di una coppia monogama è il consenso e la consapevolezza di tutte le parti coinvolte. Include tantissimi tipi di relazione diversi.

Poliamore
Termine composto dalla parola greca per “molti” e da quella latina per “amore”. Alcuni lo vedono come uno stile di vita o un’identità, e si considerano poliamorosi (o semplicemente “poly”) anche se in uno specifico momento non hanno una relazione romantica con più di una persona, mentre per altri è soltanto una pratica, e quindi dicono di essere in una relazione poliamorosa. In ogni caso, il termine si applica al concetto di avere (o poter avere, o voler avere) contemporaneamente varie relazioni romantiche e intime, non tutte necessariamente sessuali, con piena consapevolezza e consenso da parte di tutti i partner coinvolti. Chi ha una relazione poliamorosa prova un legame emotivo nei confronti dei propri partner ed è coinvolto nella loro vita in un modo simile a quello che ci si aspetta da una relazione monogama.

Le persone poliamorose possono decidere di impostare la propria vita sentimentale in molti modi diversi: c’è chi sceglie volontariamente di non avere alcun partner principale e non desidera convivere con nessuno dei propri partner (“solo poly”), rigettando l’idea in base a cui la convivenza (e il matrimonio) è uno degli obiettivi delle relazioni.

Il numero di persone che possono comporre una relazione poliamorosa è variabile: nella comunità sono piuttosto comuni le “throuple” (“triadi”), relazioni romantiche composte da tre persone. I rapporti individuali tra i membri della triade non sono necessariamente identici tra loro: ci sono triadi in cui tutti i membri hanno un rapporto reciproco ugualmente forte (i cosiddetti “triangoli”), altre (dette comunemente “a forma di V”) in cui una persona ha un rapporto molto stretto con le altre due, che tra loro però non hanno un rapporto altrettanto stretto. Possono anche esserci triadi che sono triangoli da un punto di vista emotivo, ma “a forma di V” sul piano sessuale.

Ci sono poi situazioni di poliamore gerarchico, in cui alcune delle relazioni vengono considerate più importanti di altre. Questo non implica necessariamente che ci siano livelli diversi di amore o dedizione verso i vari partner: può indicare per esempio situazioni in cui una coppia poliamorosa vive insieme o ha dei figli e quindi passa tendenzialmente molto più tempo insieme che con gli altri partner.

Nelle relazioni gerarchiche si tende a utilizzare termini come “partner primario” e “partner secondario”: possono essere definizioni puramente descrittive (“condivido le finanze e l’affitto con una persona, e quindi lei è la mia partner primaria, mentre con altri partner non ho preso questo genere di impegno, e quindi sono i miei partner secondari”) o prescrittive (“una persona è la mia partner primaria, quindi le necessità di quella relazione verranno sempre prima di quelle dei miei altri partner”).

Soprattutto all’interno di relazioni poliamorose composte da un uomo eterosessuale e una donna bisessuale, può capitare che l’uomo richieda alla partner una “one penis policy” (“politica dell’unico pene”), chiedendole sostanzialmente di avere relazioni soltanto con donne. C’è però chi considera problematica questa pratica, ritenendo sia pensata quasi sempre per proteggere l’uomo dall’insicurezza e dalla gelosia nei confronti di altri uomini.

Il concetto stesso di “gerarchia” è spesso dibattuto e guardato con un certo sospetto all’interno della comunità poli, perché viene talvolta imposto ai partner considerati secondari senza possibilità di discussione. Cosa che può portare a situazioni dolorose. Una parte consistente della comunità ritiene meno controverso il poliamore non gerarchico, che non significa che tutti i partner vengano necessariamente trattati allo stesso modo, ma che ci si può aspettare che ogni relazione cresca in modo naturale, senza regole a priori imposte da terzi, e dando a tutti l’opportunità di discutere i termini della relazione senza influenze esterne. Per cercare di evitare un linguaggio gerarchico, ma descrivere comunque una relazione in cui si ha un alto livello di impegno perché si convive, esiste il termine “nesting partner” (“compagno di nido”, più o meno).

Alcune persone poliamorose finiscono per formare delle cosiddette “polycule”, ovvero dei gruppi che includono sia i loro partner che i partner dei loro partner, formando una comunità di cui è possibile stabilire le regole di coinvolgimento reciproco e comunicazione. In alcune polycule è normale avere relazioni con altre persone esterne, in altre le relazioni romantiche e sessuali sono limitate soltanto alle persone nella polycule stessa. In quest’ultimo caso si parla di “polifedeltà”, e un’eventuale relazione esterna alla polycule è considerata un tradimento, come avverrebbe in una relazione monogama.

Si parla invece di “poliamore parallelo” quando si evita di creare una più ampia rete di relazione tra partner e si portano avanti varie relazioni individuali con singole persone che interagiscono molto raramente tra loro.

L’anarchia relazionale
Un numero più ristretto di persone rifiuta l’idea stessa che qualsiasi tipo di relazione debba essere necessariamente impostata (o definita) in un singolo modo. Chi pratica l’anarchia relazionale cerca di instaurare relazioni dalla struttura fluida e in costante evoluzione e tende a non dare maggiore importanza a una relazione romantica o sessuale rispetto a una relazione platonica, né vuole etichettare i propri rapporti con termini tradizionali come “partner”, “amico” o “amante”.

Altri tipi di non-monogamia etica
Nella categoria rientrano anche vari tipi di relazione anche molto comuni. Ci sono le relazioni aperte, ovvero quei rapporti di coppia i cui partecipanti sono d’accordo sull’avere rapporti sessuali con altre persone, con il consenso del partner.

Una relazione aperta può essere impostata in molti modi. Una delle soluzioni più comuni è quella di introdurre la cosiddetta politica “don’t ask don’t tell” (“non chiedere, non dire”), in base a cui entrambi i membri della coppia sanno che il partner potrebbe avere dei rapporti sessuali con qualcun altro, ma non discutono tra loro i dettagli dei propri incontri. Spesso, chi decide di aprire la propria relazione concorda soltanto sul fatto che il proprio partner abbia con altre persone delle relazioni sessuali, ma non sentimentali.

La definizione di “relazione aperta” coincide in molti punti con quella di “scambista”, termine con cui si sono definite per decenni le relazioni in cui due persone, spesso sposate tra loro, fanno sesso con altre persone per divertimento senza perseguire altre relazioni romantiche. Alcuni scambisti preferiscono partecipare a sex party in cui conoscere altre coppie per “scambiarsi” i partner – da qui l’origine del termine – mentre altri stringono rapporti di amicizia anche molto forti con altre coppie (o singole persone) con cui hanno frequenti rapporti sessuali fuori dalla propria coppia.

Rientrano nella non-monogamia etica anche i cosiddetti rapporti di “trombamicizia” (che alcuni chiamano anche con parole inglesi come “friends with benefits”, “amici con benefici”), che sono quelli in cui due persone fanno sesso tra loro con una certa frequenza senza però avere alcun rapporto sentimentale al di fuori dell’amicizia.

Vengono talvolta fatte rientrare nella categoria di non-monogamia etica anche pratiche come il “cuckolding”, in base a cui una persona riceve gratificazione sessuale dal vedere il proprio partner avere esperienze sessuali con altre persone senza essere inclusa, consapevolmente e volontariamente.

Il cuckolding rientra però più propriamente anche in un’altra categoria: quella dei rapporti BDSM, termine nato come acronimo che si riferisce a una serie di pratiche – Bondage e Disciplina, Dominazione e Sottomissione, Sadismo e Masochismo – e che nel tempo si è esteso a coprire anche pratiche sessuali attigue. Tra le più comuni c’è il legare o l’essere legati durante l’atto sessuale, o il frustare o essere frustati come gioco sessuale. Esistono test molto dettagliati per capire se i propri gusti sessuali siano da considerarsi “kinky” (la parola che viene usata spesso per indicare la propria preferenza per una o più di queste pratiche) o se si hanno delle preferenze tendenzialmente “vanilla”, ovvero piuttosto convenzionali. Chi pratica BDSM non ha comunque necessariamente relazioni non-monogame: le pratiche possono avvenire all’interno di una coppia monogama, eterosessuale o omosessuale.