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  • Mercoledì 15 marzo 2023

Il ritorno in Italia dei Savoia, vent’anni fa

Il 15 marzo 2003 Vittorio Emanuele e suo figlio Emanuele Filiberto atterrarono a Napoli dopo 57 anni di esilio

I Savoia si affacciano sul balcone della suite dell'Hotel Vesuvio a Napoli dopo il rientro in Italia (LaPresse)
I Savoia si affacciano sul balcone della suite dell'Hotel Vesuvio a Napoli dopo il rientro in Italia (LaPresse)
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Vent’anni fa, il 15 marzo 2003, i Savoia tornarono in Italia dopo 57 anni d’esilio. Il 15 luglio dell’anno prima, infatti, era stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge costituzionale, approvata con due votazioni a maggioranza assoluta da entrambe le camere, che annullava gli effetti del primo e del secondo comma della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione: fu così che agli eredi maschi venne consentito il rientro in Italia. Il testo della XIII disposizione transitoria e finale (la XII è quella che vieta la riorganizzazione del partito fascista) diceva:

I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.

Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.

I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.

Con l’entrata in vigore della legge costituzionale venivano quindi abrogati i primi due commi mentre è rimasto valido, ed è tuttora nella Costituzione, il comma che riguarda i beni dei Savoia.

In parlamento avevano votato contro l’abolizione dei primi due commi Rifondazione Comunista, il Partito dei Comunisti Italiani, parte dei Verdi e alcuni deputati e senatori della Margherita e dei Democratici di Sinistra (i due partiti che poi si sarebbero uniti per formare il Partito Democratico). La Lega si astenne, perché all’epoca era ancora convintamente federalista e critica nei confronti dell’unificazione nazionale.

L’ultimo voto al Senato avvenne il 15 maggio del 2002, mentre quello alla Camera l’11 luglio. In questa votazione il risultato fu 347 voti per il sì, 69 per il no e 44 astenuti. Un anno prima il governo, allora presieduto da Silvio Berlusconi, aveva espresso ufficialmente il suo parere favorevole al rientro dei Savoia. E il 4 febbraio 2002 Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re Umberto II, diffuse questo comunicato dalla Svizzera:

Mio figlio [Emanuele Filiberto, ndr] ed io con la presente diamo formale assicurazione circa la nostra fedeltà alla Costituzione repubblicana ed al nostro presidente della Repubblica.

Essendo stata approvata con meno della maggioranza dei due terzi, la legge di modifica costituzionale avrebbe potuto essere sottoposta a referendum confermativo, cosa che non avvenne perché nessuno ne fece richiesta e raccolse le firme: il referendum viene indetto quando lo richiedano un quinto dei membri di una delle due camere o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

Il 15 marzo 2003, alle 14:45, un aereo Falcon 900 proveniente da Ginevra atterrò all’aeroporto napoletano di Capodichino. A bordo c’erano Vittorio Emanuele di Savoia, la moglie Marina Doria e il figlio Emanuele Filiberto. Scelsero Napoli perché l’ultimo re d’Italia, Umberto II, era molto legato alla città e visse lì dal 1931. Lo stesso Vittorio Emanuele nacque a Napoli, nel 1937. Inoltre a febbraio del 1944, poco prima della fine della Seconda guerra mondiale, tutti i rappresentanti del governo italiano e della monarchia si trasferirono in Campania, a Salerno, che divenne di fatto capitale del Regno. L’anno prima il re Vittorio Emanuele III e il governo erano fuggiti da Roma a Brindisi, in Puglia, in seguito all’armistizio di Cassibile dell’8 settembre e agli intensi bombardamenti degli Alleati angloamericani su Roma.

Quando ci fu il referendum per stabilire se l’Italia dovesse restare una monarchia o diventare un repubblica, il 2 giugno 1946, a Napoli la monarchia ottenne il 79 per cento dei voti, mentre a livello nazionale vinse la repubblica con il 54 per cento.

Appena atterrato a Capodichino, Vittorio Emanuele lesse una dichiarazione, in cui tra le altre cose disse:

La storia delle nazioni e degli individui non procede secondo atteggiamenti incomprensibili ma è sempre il frutto di quello che antiche radici hanno saputo produrre. A questa storia, nel bene e nel male non possiamo che inchinarci, consapevoli del nostro impegno a difesa e a testimonianza dei valori più alti e autentici.

All’aeroporto c’erano più che altro sostenitori monarchici che accolsero i Savoia con applausi. Ci furono tensioni con alcuni giornalisti, spintonati e insultati dai più esagitati tra quei sostenitori. Poi era previsto che i tre membri dell’ex famiglia andassero al Duomo di Napoli per una messa, ma fuori ad attenderli per contestarli c’erano esponenti della Fiamma Tricolore e neoborbonici. I primi accusavano i Savoia di aver tradito il fascismo, i secondi sono tradizionalmente ostili alla monarchia sabauda perché unificò l’Italia e mise fine al regno dei Borboni nel Mezzogiorno.

Militanti fascisti contestano i Savoia a Napoli, il 15 marzo 2003 (La Presse)

Poi i Savoia andarono all’albergo Vesuvio, sul lungomare, e lì trovarono di nuovo gruppi di manifestanti divisi tra contestatori e sostenitori. Poi si spostarono al Circolo Canottieri Napoli per incontrare la sindaca della città, Rosa Russo Iervolino, il presidente della Regione, Antonio Bassolino, e dopo ancora l’arcivescovo Michele Giordano.

Il 16 dicembre 2017 rientrò in Italia anche la salma di Vittorio Emanuele III, che era sepolta nella cattedrale di Santa Caterina ad Alessandria d’Egitto, dove il re era andato in esilio dopo aver abdicato in favore del figlio Umberto II. Qualche giorno prima era arrivata in Italia anche la salma della moglie, la regina Elena, che invece era sepolta a Montpellier. Umberto II e sua moglie, Maria Josè, sono sepolti nell’abbazia reale di Hautecombe, nella Savoia francese.

Nonostante il ritorno in Italia, Vittorio Emanuele e la moglie Marina Doria continuano a vivere a Vésenaz, vicino a Ginevra. Il figlio, Emanuele Filiberto, vive con la sua famiglia a Montecarlo. Negli ultimi anni ha fatto frequenti comparsate in televisione, partecipando a trasmissioni popolari come Ballando con le stelle, L’isola dei famosi, Pechino Express, Tale e quale show. Nel 2010 partecipò anche al Festival di Sanremo, classificandosi secondo insieme a Pupo, con la canzone “Italia amore mio”.

Nel 2008 si candidò alle elezioni politiche con la lista “Valori e Futuro con Emanuele Filiberto”: ottenne lo 0,4 per cento. L’anno dopo si candidò alle elezioni europee con l’Unione di Centro ma non venne eletto. Nel 2020 ha fondato il movimento politico Realtà Italia.

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