Le critiche alla strana ordinanza del gip di Crotone

Quella che convalidava il fermo per i presunti scafisti responsabili del naufragio in Calabria, descritto come una «mareggiata pitagorica»

Il palazzetto dello sport di Crotone in cui è stata organizzata la camera ardente per le persone morte nel naufragio (Antonino Durso/LaPresse)
Il palazzetto dello sport di Crotone in cui è stata organizzata la camera ardente per le persone morte nel naufragio (Antonino Durso/LaPresse)

Negli ultimi due giorni è stato molto criticato il modo in cui il gip (giudice per le indagini preliminari) di Crotone, Michele Ciociola, ha scritto l’ordinanza con cui ha convalidato il fermo dei presunti scafisti accusati per il naufragio di un peschereccio con a bordo decine di migranti al largo della Calabria. Ciociola ha descritto gli avvenimenti nel prologo dell’ordinanza, di cui diversi giornali hanno pubblicato ampi stralci, usando un linguaggio molto stravagante e a tratti palesemente ironico, con l’aggiunta di una serie di commenti personali: molti lo hanno giudicato inadeguato a un atto giuridico e inopportuno vista la gravità dei fatti a cui si riferiva, che hanno portato alla morte di almeno 68 persone (con decine di altre tuttora disperse).

La descrizione del viaggio dei migranti dalla Turchia all’Italia iniziava per esempio con un paragone ai viaggi in crociera: «In attesa dell’atteso e osannato turismo croceristico, l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni». Le organizzazioni responsabili dei viaggi come quello del naufragio vengono invece definite «immarcescibili e sempre più opulente organizzazioni criminali turche che brindano all’ultima tragedia umanitaria (il disastroso terremoto che inghiottiva parte della Turchia e della già martoriata Siria) che regalerà ai loro traffici ulteriori miriadi di disperati». Sul naufragio invece dice che «ha trovato tragica epifania quanto già in tante occasioni sfiorato e preconizzato».

L’anticipazione della decisione presa nell’ordinanza, cioè il fermo per i presunti scafisti, è invece scritta così:

Lungi dall’ergersi alla Cassandra di turno, chi scrive, gravato dagli orrori dell’ultima mareggiata pitagorica, si accinge a vagliare l’ultimo fermo disposto in materia di immigrazione clandestina.

Commentando la provenienza turca dei presunti scafisti, che definisce «aurighi dei natanti», Ciociola dice che a causa della guerra in Ucraina è «venuta meno la manovalanza russofona». Sempre sui presunti scafisti dice anche che «lo sbarco non può essere frutto di un epifenomeno accordo tra quattro amici al bar che, imbattutisi per caso in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul loro desiderio di libertà».

Nell’ordinanza è descritta anche la condizione delle persone morte nel naufragio: «Diversamente dal consueto, il caso di specie registra decine di vittime, vittime di un destino sordo alle loro speranze e di uno stato di necessità non altrimenti fronteggiabile se non alla mercé di disperati viaggi della speranza».

Venerdì il Corriere della Sera ha pubblicato una breve intervista a Ciociola in cui quest’ultimo descrive il suo linguaggio come «in linea con il dramma» e si meraviglia dell’attenzione ricevuta: «Io uso questo lessico, scrivo e parlo utilizzando una terminologia che per voi giornalisti può essere desueta, ma questo è un vostro problema».

(una iniziale versione di questo articolo indicava erroneamente il giudice Ciociola come facente parte della associazione “Magistratura democratica”, a cui non è invece iscritto: l’inesattezza è stata rimossa)