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  • Venerdì 24 febbraio 2023

Da dove arrivano e dove vanno a finire le arance del carnevale di Ivrea

Nel 2023 per la tradizionale battaglia ne sono state comprate mille tonnellate, diventate prima proiettili e poi compost

(Tommaso Merighi/il Post)
(Tommaso Merighi/il Post)
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Nel negozio di alimentari Turano ad Acri, in provincia di Cosenza, sono in vendita le arance del carnevale di Ivrea, tra i più antichi d’Italia. Il proprietario, Damiano Turano, che ha anche un’azienda agricola, è il principale fornitore di agrumi per la battaglia che si svolge ogni anno nella cittadina piemontese, e che ciclicamente è oggetto di critiche da parte di chi non apprezza la fine che fanno le migliaia di arance usate come proiettili dai partecipanti.

Per tre giorni, dalla domenica al martedì grasso, nelle strade e nelle piazze di Ivrea si sfidano 8mila “aranceri” a piedi, che rappresentano il popolo in rivolta, e altri duemila su 54 carri trainati da cavalli, a simboleggiare la nobiltà e il potere. Gli aranceri sono divisi in nove squadre, ognuna con un simbolo, e nei giorni della battaglia si scagliano violentemente addosso enormi quantità di arance: alla fine una commissione apposita premia la squadra che ha avuto la mira migliore e si è distinta maggiormente nello scontro.

(Tommaso Merighi/il Post)

Per l’azienda agricola calabrese, produrre le arance per il carnevale di Ivrea è un motivo di vanto oltre che un affare da quasi 200mila euro l’anno. L’azienda agricola lo rifornisce da vent’anni, all’inizio attraverso una ditta di Domodossola e da qualche anno in via diretta, gestendo anche il trasporto. Le altre arance arrivano dall’azienda Stroppiana di Chieri, in provincia di Torino, che a sua volta le acquista dalla Good Frutta di Corigliano Calabro, un altro comune in provincia di Cosenza, e dalla Frutta Doc, un’azienda di Palermo. Si tratta di una filiera consolidata da anni e certificata, come ha spiegato il presidente della Fondazione dello Storico Carnevale di Ivrea Piero Gillardi durante la presentazione dell’edizione di quest’anno, la prima dopo tre anni di pausa a causa della pandemia.

Tutti i fornitori hanno dovuto assicurare agli organizzatori di non essere collusi con la criminalità organizzata, di non servirsi dei caporali per reclutare i lavoratori e di non sfruttare la manodopera. Il codice di condotta è stato introdotto nel 2015 in collaborazione con l’associazione antimafia Libera, che negli ultimi anni ha controllato più volte le aziende fornitrici. In sostanza, i produttori di arance hanno dovuto presentare il certificato antimafia e i bilanci degli ultimi tre anni, e hanno dovuto dimostrare di essere in regola con i contributi pagati agli enti di previdenza.

(Tommaso Merighi/il Post)

In risposta a chi ha sollevato dubbi in merito al possibile spreco alimentare, Gillardi ha anche spiegato che in qualsiasi caso le arance non sarebbero state destinate al consumo alimentare: si tratta di agrumi di seconda o terza scelta, che sarebbero destinati al macero, con costi di smaltimento a carico dei produttori, oppure a essere venduti a basso costo per la produzione di bevande a base di succo d’arancia. In Calabria il maggiore acquirente è la Coca-Cola Company, che utilizza le arance in particolare per produrre l’aranciata Fanta. Gli organizzatori le hanno pagate 60 centesimi al chilo, più del doppio di quanto avrebbero fatto i produttori di bibite.

L’azienda Turano ha spedito a Ivrea più della metà delle mille tonnellate di arance acquistate dal Carnevale, tutte di piccole dimensioni perché siano maneggevoli e non facciano troppo male. I dipendenti le hanno messe in cassette di legno da otto chili ciascuna, le hanno caricate su una ventina di autoarticolati e spedite in Piemonte.

Quest’anno alla battaglia delle arance hanno partecipato molte più persone rispetto al passato. Domenica 19 febbraio sono stati venduti 19.800 biglietti e nei tre giorni del Carnevale sono state registrate in totale 100mila presenze. Per la cronaca, hanno vinto gli Aranceri della Morte, che hanno preceduto i Tuchini del Borghetto e gli Scacchi. Quest’anno nel bilancio finale sono stati segnalati 469 contusi, 102 in meno rispetto all’ultima edizione, quella del 2019.

L’ingresso a pagamento, previsto solo per la prima giornata e per i non residenti, è stato portato a 15 euro per ripagare i 300mila euro necessari a comprare le arance e organizzare l’evento. Il resto delle spese è stato coperto dalla Regione Piemonte, che ha stanziato 50 mila euro, dalle squadre e dai singoli aranceri, che si sono autotassati per un totale di 85mila euro. «Le spese per il carnevale sono cresciute, anche solo per quel che riguarda gli steward, il servizio di sicurezza e l’assistenza medica», ha spiegato Gillardi alla Stampa. I costi sono però stati ampiamente compensati dai ricavi. Secondo uno studio della Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), il Carnevale di Ivrea ha prodotto un giro d’affari di tre milioni e mezzo di euro tra pernottamenti, pranzi e cene in ristoranti della zona. Cifre che ne fanno il terzo carnevale in Italia dopo quelli di Venezia e Viareggio.

(Tommaso Merighi/il Post)

Dopo la battaglia, la frutta o quel che ne rimane viene raccolta e trasformata in compost. Andrea Grigolon, direttore generale di Canavesana Multiservice, società che si occupa della raccolta dei rifiuti a Ivrea e nei paesi vicini, ha spiegato che le arance spappolate sono state raccolte dagli addetti insieme ai rifiuti organici e allo sterco dei cavalli, depositate in alcune vasche e poi portate in due impianti di compostaggio, ad Asti e a Santhià, dove saranno trasformate in fertilizzanti naturali. «Serviranno a creare compost di qualità per l’agricoltura, per la frutticoltura e per la floricoltura, ma anche energie rinnovabili e biometano», ha detto all’edizione di Torino del Corriere della Sera.