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  • Mercoledì 15 febbraio 2023

Cosa succede dentro all’azienda che distribuisce acqua ed elettricità a Roma

Diverse donne che lavorano per Acea hanno accusato l'amministratore delegato di comportamenti sessisti e umilianti, e ora si è dimessa la presidente

(Valerio Portelli/LaPresse)
(Valerio Portelli/LaPresse)
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Da inizio febbraio Acea, la grande società che si occupa della distribuzione di acqua ed energia nel territorio di Roma, è al centro di un caso che vede il suo amministratore delegato, Fabrizio Palermo, accusato da diverse donne che lavorano nell’azienda di avere atteggiamenti sessisti e umilianti nei loro confronti. Le accuse, arrivate specificamente da donne che lavorano nell’accoglienza degli ospiti, sono state raccolte in particolare da Repubblica, che aveva inizialmente pubblicato ampi stralci di una lettera anonima inviata da una donna alla presidente di Acea, Michaela Castelli.

Alla lettera erano seguite le testimonianze simili, sempre anonime e su Repubblica, di diverse altre lavoratrici: l’azienda le aveva tutte smentite, spiegando che un’indagine interna non aveva trovato riscontri dei fatti denunciati. Martedì però la presidente Castelli si è dimessa, ufficialmente per ragioni personali, a pochi mesi dalla scadenza naturale del suo mandato. A molti però le circostanze di queste dimissioni non sono sembrate casuali, anche perché negli ultimi giorni la stessa Castelli era stata accusata da alcune lavoratrici di non averle adeguatamente difese.

La vicenda ha una certa rilevanza anche politica, perché Acea è controllata al 51 per cento da Roma Capitale (cioè dall’amministrazione comunale di Roma): il sindaco Roberto Gualtieri per ora non ne ha parlato pubblicamente ma, secondo alcuni giornali, giorni fa avrebbe chiesto chiarimenti all’azienda. Era stato peraltro lo stesso Gualtieri a scegliere come nuovo amministratore delegato di Acea Fabrizio Palermo, che ha 52 anni e prima era stato amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, la società finanziaria controllata per la maggior parte dal ministero dell’Economia che agisce come una sorta di banca d’investimento pubblica.

Le accuse rivolte a Palermo dalle hostess riguardano in generale le sue pretese «di essere servito e riverito», come scritto nella lettera indirizzata alla presidente di Acea e pubblicata da Repubblica, e il fatto che tratterebbe le donne come «serve». Secondo i racconti pubblicati, Palermo pretenderebbe di avere sempre una di loro al suo servizio quando pranza da solo o in compagnia, chiamandola a sé quando ne ha bisogno attraverso un campanello elettronico (Repubblica ha anche pubblicato un video, inviato da una lavoratrice, di come funzionerebbe la cosa).

Le donne hanno raccontato che durante la giornata lavorativa portano diverse volte a Palermo cibo e bevande, con regole rigorose: al punto che riferiscono di essere state costrette a seguire un corso di formazione di due giorni «su come servire a tavola e in cucina». Un esempio delle richieste che vengono fatte più di frequente sarebbe quella di farsi portare una mela già sbucciata.

Altre accuse parlano di un’eccessiva severità su come le hostess debbano tenere le proprie scrivanie, di urla per intimorirle e «ordini assurdi» da eseguire «anche fuori dal rispetto della persona». Alcune dicono di essere costrette a camminare in punta di piedi quando passano davanti al suo ufficio perché gli darebbe fastidio il rumore dei tacchi sul pavimento. Un’altra ha riferito che Palermo avrebbe fatto allontanare le colleghe con più di 40 anni, spostandole di postazione e preferendo loro quelle più giovani. Per diverso tempo avrebbe inoltre preteso che le lavoratrici restassero in piedi per tutto l’orario di lavoro: secondo le testimonianze raccolte, nell’ultimo periodo avrebbe concesso loro anche di sedersi, ma facendole alzare a ogni suo passaggio.

Nella prima lettera inviata alla presidente Castelli si dice anche che Palermo userebbe l’autista messo a disposizione dell’azienda per scopi privati e al di fuori del contesto lavorativo. Le donne che hanno parlato sotto anonimato con Repubblica hanno detto di non aver denunciato ufficialmente Palermo, finora, per paura di perdere il lavoro.

Lo scorso 6 febbraio Acea aveva inviato una lettera a Repubblica per smentire tutte le accuse, in alcuni casi rispondendo nello specifico. Per esempio, la società aveva spiegato che la selezione delle hostess non dipende da Acea e dal suo amministratore delegato (che quindi non avrebbe potuto scegliere le più giovani): le hostess che lavorano all’accoglienza degli ospiti ad Acea, più o meno una ventina stando ai loro racconti, non sono infatti direttamente dipendenti dell’azienda, ma di una società esterna che ha in appalto la gestione di quei servizi per conto di Acea.

Sul rumore dei tacchi che darebbe fastidio all’amministratore delegato, Acea ha spiegato che non è possibile che succeda: gli uffici della presidente Castelli e dello stesso Palermo sarebbero infatti insonorizzati. Ha invece ammesso l’esistenza del “campanello” per ricevere cibo e bevande, ma spiegando che si tratta di «uno strumento in uso in qualsiasi azienda abbia il servizio di foresteria», che permette al personale di alzarsi solo quando necessario. La società non ha però chiarito se quel lavoro di servizio al tavolo sia richiesto alle hostess e se faccia parte delle loro mansioni contrattuali.

Alla fine della lettera l’azienda suggerisce che le accuse siano arrivate in seguito a una riduzione del personale tra le hostess decisa alla fine dello scorso anno: questo, secondo Acea, avrebbe provocato il risentimento di alcune di loro verso l’azienda e verso l’amministratore delegato, spingendole a rendere pubbliche le accuse sui giornali. Acea ha poi ribadito che l’organo aziendale che si occupa della tutela dei lavoratori ha indagato sulle accuse, ritenendole alla fine infondate.

La scorsa settimana il consiglio di amministrazione di Acea aveva rinnovato la fiducia a Palermo, e l’ultimo sviluppo sono state le dimissioni di martedì della presidente Castelli: nella lettera con cui le ha annunciate non ha fatto alcun riferimento a questa vicenda, ma ha parlato di una decisione «strettamente personale» che si è «consolidata nel contesto dei nuovi assetti di governance indicati dal socio di controllo».

Il “socio di controllo” sarebbe Roma Capitale, e secondo molti il riferimento di Castelli è alla decisione dell’amministrazione di costruire a Roma un nuovo termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti: Acea è tra le società più quotate per aggiudicarsi la realizzazione dell’impianto, ma Castelli fu scelta dalla precedente sindaca Virginia Raggi, del Movimento 5 Stelle, che intorno al rifiuto del termovalorizzatore aveva costruito una lunga battaglia politica. Anche per questo molti giornali scrivono che a maggio, scaduto il suo mandato, non sarebbe stata rinnovata: tutti questi fattori, insieme alle nuove denunce all’amministratore delegato, potrebbero averla convinta a dimettersi in anticipo.