Il governo israeliano ha legalizzato nove colonie in Cisgiordania

Una vigna nell'insediamento di Givat Harel (Wikimedia Commons/Daniel Ventura)
Una vigna nell'insediamento di Givat Harel (Wikimedia Commons/Daniel Ventura)

Lunedì il governo d’Israele ha deciso di legalizzare nove colonie israeliane in Cisgiordania, la fascia di territorio che Israele occupa in parte dal 1967 e che i palestinesi rivendicano come propria.

Le nove colonie sono quelle di Avigayil, Beit Hogla, Givat Harel, Givat Arnon, Mitzpe Yehuda, Malachei Hashalom, Asahel, Sde Boaz e Shacharit. Sono tutti insediamenti che finora erano considerati illegali dal governo israeliano, anche se tollerati. È la prima legalizzazione di colonie israeliane in Cisgiordania da quando si è insediato il nuovo governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il più di destra di sempre nel paese. Lunedì Netanyahu ha anche detto che nei prossimi giorni verrà autorizzata la costruzione di nuove colonie.

Le colonie sono terreni che da decenni gli israeliani occupano in Cisgiordania e a Gerusalemme est, la parte della città che appartiene ai territori palestinesi occupati da Israele dal 1967. Le colonie israeliane in terra palestinese sono ritenute illegali dalla comunità internazionale e definite il principale ostacolo per una pace a breve termine.

– Leggi anche: Cosa sono le colonie israeliane

In alcuni casi in passato l’insediamento di cittadini israeliani nelle colonie era stato incentivato e autorizzato dallo stato israeliano, in altri le colonie erano state costruite senza nessuna autorizzazione statale.

Una decisione della Corte Suprema israeliana del 1979 impedisce di realizzare nuove colonie in Cisgiordania, ma è accaduto spesso che nuovi insediamenti venissero fondati irregolarmente, tollerati dal governo e poi riconosciuti perché diventati troppo grandi per essere ignorati. A queste colonie, anche se formalmente illegali, lo stato ha sempre fornito tutta l’assistenza di cui godono le città israeliane: per esempio regolari forniture di acqua, elettricità e altri servizi.

Il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha criticato la decisione del governo israeliano, sostenendo che provocherà ulteriori tensioni tra Israele e palestinesi.

Da fine gennaio ci sono stati attacchi e violenze reciproci: prima l’esercito israeliano ha ucciso 10 palestinesi nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, poi c’è stato uno scambio di missili e razzi tra Israele e la Striscia di Gaza, e due attentati ad opera di palestinesi a Gerusalemme est. L’ultimo attacco risale allo scorso venerdì, quando un uomo alla guida di un’auto ha investito diverse persone a una fermata dell’autobus nel quartiere Ramot di Gerusalemme est. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto l’avvenimento come un attentato terroristico.