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  • Giovedì 9 febbraio 2023

I morti per il terremoto in Turchia e Siria sono oltre 21mila 

E le probabilità che vengano soccorsi altri sopravvissuti sono sempre minori

(AP Photo/Kamran Jebreili)
(AP Photo/Kamran Jebreili)
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Anche giovedì è salito il bilancio dei morti per il gravissimo terremoto avvenuto nella notte tra domenica e lunedì nel sud della Turchia e nel nord della Siria: ora sono oltre 21mila. Come le precedenti stime è un numero provvisorio: i soccorsi sono ancora al lavoro e ci sono migliaia di dispersi sotto le macerie.

Nella serata di giovedì il governo turco ha detto che 17.674 persone sono morte in Turchia, mentre in Siria sono morte almeno 3.377 persone, sommando quelle nelle parti di paese controllate dal regime di Bashar al Assad e quelle nei territori a nord-ovest del paese, occupati dai ribelli, dove le stime arrivano solo dai Caschi bianchi, un’organizzazione di volontari di difesa civile nota per i soccorsi prestati alla popolazione durante la guerra civile. I feriti sono decine di migliaia.

In queste ore dalle macerie sono state tirate fuori anche molte persone sopravvissute, ma sta diventando sempre meno probabile che gli altri dispersi vengano trovati vivi: secondo le squadre di soccorso al lavoro, per salvare i sopravvissuti sono cruciali le prime 72 ore dal momento del terremoto (cioè i primi tre giorni: ieri era l’ultimo). Steven Godby, esperto britannico di disastri naturali, parlando con Associated Press ha stimato che dopo le 72 ore le probabilità di trovare vivi passano dal 74 per cento al 22 per cento, arrivando al 6 per cento il quinto giorno dopo il disastro (in questo caso venerdì).

Sia in Siria che in Turchia i rispettivi governi hanno mobilitato tutti i mezzi e i servizi disponibili, ma i danni sono estesissimi e per far fronte a tutto servono ulteriori aiuti. Sono al lavoro oltre 110mila operatori e oltre 5.500 veicoli di vario tipo. Molti ospedali sono sovraffollati e senza il personale e gli strumenti necessari per far fronte a tutto. Alcuni sono stati distrutti dal terremoto.

In entrambi i paesi sono stati inviati materiali di soccorso, squadre di soccorritori e aiuti economici da diversi governi esteri. Ma la situazione è particolarmente complicata in Siria, dove è in corso da oltre un decennio una guerra civile che già prima del terremoto aveva devastato il paese. In molte aree del nord-ovest della Siria, in particolare, cioè quelle controllate dai ribelli e proprio quelle più colpite dal terremoto, l’accesso dei soccorsi è complicatissimo e possibile solo attraverso un valico di frontiera al confine con la Turchia, e comunque con percorsi lunghi e danneggiati dal terremoto. Proprio per questo i Caschi bianchi hanno chiesto in queste ore aiuto per riuscire a gestire tutti i soccorsi.

A complicare le cose c’è il fatto che il regime di Assad si trova sotto sanzioni ed è considerato inaffidabile da gran parte dell’Occidente: Assad chiede di poter gestire tutti gli aiuti umanitari diretti in Siria, compresi quelli per il nord-ovest occupato dai ribelli, ma molti temono che possa usarli come arma per ricattare o addirittura affamare i ribelli.

Giovedì mattina le Nazioni Unite hanno confermato l’arrivo nel nord-ovest della Siria del primo convoglio umanitario dal giorno del terremoto: è avvenuto come previsto dal valico di frontiera di Bab al Hawa, al confine con la Turchia, l’unico autorizzato secondo gli accordi tra le Nazioni Unite e il governo della Siria.

– Leggi anche: Gli aiuti internazionali per il terremoto faticheranno ad arrivare in Siria