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  • Mercoledì 8 febbraio 2023

La metà di Riga che parla russo

In Lettonia molte persone si definiscono russe e alcune di loro non hanno nessuna cittadinanza: lo racconta il nuovo The Passenger, sui paesi baltici

Riviste in lingua lettone e russa nella stazione centrale di Riga
Riviste in lingua lettone e russa nella stazione centrale di Riga, in Lettonia (Marta Giaccone)
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Nel 2022 in Lettonia 195.159 persone, il 9,6 per cento della popolazione, non hanno la cittadinanza lettone ma nemmeno ne hanno un’altra: sono ex cittadini dell’Unione Sovietica che parlano il russo come prima lingua e in buona parte sono di etnia russa, che pur avendo sempre vissuto nel paese non ne hanno preso la cittadinanza quando divenne indipendente. Lo scrittore lettone Janis Jonevs racconta di questa particolare condizione, e più in generale dei rapporti tra lettoni che parlano il lettone e lettoni che parlano il russo, in un lungo articolo pubblicato nel nuovo numero di The Passenger, il libro-rivista della casa editrice Iperborea dedicato a paesi, città e luoghi del mondo: in questo caso ai tre paesi baltici. Ne pubblichiamo un breve estratto.

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Ho vissuto in Lettonia tutta la vita. Sono lettone. Noi sappiamo bene di essere una piccola nazione e quando andiamo all’estero siamo pronti alle domande e ai fraintendimenti. Spesso ci confondono con i lituani ma non importa, noi sorridiamo e rispondiamo che l’affermazione è quasi esatta. Però ogni lettone si indispettisce se gli chiedono: «La Lettonia è in Russia? Tra di voi parlate russo?» No, la Lettonia non è in Russia. Però sì, è vicino. I lettoni non parlano russo, ma lettone. Eppure quasi la metà della popolazione della Lettonia parla il russo. Un’altra domanda che mi fa rabbrividire è: «Perché non vi piacciono i russi?» A me, in verità, i russi piacciono, è questa domanda che non mi piace, ma capisco cosa intendono. E avrei delle risposte. (…)

I russi in Lettonia ci sono sempre stati. Però a partire dal 1945 il governo sovietico ha perseguito una politica volta all’aumento del numero dei russofoni qui, mentre la percentuale dei nativi lettoni diminuiva drasticamente, cosa di cui questi ultimi non erano contenti. Anch’io sono nato nell’Unione Sovietica. A scuola studiavamo il russo. (…)

Nessuno mi ha apertamente insegnato che i non lettoni, cioè i russi, erano cattivi. Ciononostante, nell’aria c’era qualcosa. Mia madre, che aveva simpatie dissidenti, non mi imponeva nessuna forma di ostilità, anzi, a volte con leggera sorpresa mi raccontava di aver incontrato «dei russi fichissimi». Al contempo, in tono severo, mi diceva che da grande non avrei dovuto sposare una cavolo di russa. Vivevo in una città dove i russofoni erano almeno la metà degli abitanti, se non di più. «Attento ai russi!» era la raccomandazione che ti facevano in continuazione i conoscenti quando andavi in giro per la città. (…)

Dettaglio di una chiesa ortodossa a Riga, in Lettonia

Chiesa ortodossa del Sacro Arcangelo Michele nel quartiere russo di Riga (Marta Giaccone)

Nel 1990 la Lettonia proclamò la propria indipendenza. Mosca la riconobbe un anno dopo. Avevamo vinto. La riconquista dell’indipendenza, il periodo che chiamiamo le «barricate» è stato il tempo dell’amore per la Lettonia, di un romanticismo genuino, la rinascita della coscienza nazionale. (…) Non c’è stata nessuna rivolta organizzata contro quelli che erano considerati gli occupanti. Quando i lettoni hanno finalmente riconquistato il potere, i russi non sono stati espulsi o repressi. Una parte di loro se n’è andata via volontariamente, per esempio i soldati dell’esercito russo con le loro famiglie, gli altri hanno continuato a vivere in un paese del tutto diverso.

Esiste però una cosa che ci rinfacciano ancora oggi. Insomma, prima qui eravamo tutti cittadini dell’Unione Sovietica. Adesso saremo tutti cittadini lettoni? Non così in fretta. Il nostro nuovo governo aveva paura che concedendo la cittadinanza a tutti l’avrebbero presa anche quelli che ci avrebbero voluti ancora parte della Russia. E per via democratica saremmo tornati esattamente lì, nel punto da cui eravamo appena scappati. Quindi solo le persone i cui antenati risiedevano in Lettonia prima del 1940 (l’inizio della prima occupazione sovietica) hanno ricevuto la cittadinanza. Gli altri hanno ricevuto passaporti da non cittadini, in inglese «alien’s passport».

Un grafico da “The Passenger – Paesi baltici”

«Come mai» dicevano tanti di loro «anche noi eravamo favorevoli alla Lettonia indipendente e adesso siamo extraterrestri?» Un risentimento che perdura ancora oggi. Un pretesto per i fascisti in Russia che parlano di apartheid in Lettonia – ogni tanto sparate del genere si sentono. Vorrei precisare che i non cittadini lettoni godono di tutta la protezione e del sostegno da parte dello stato, soltanto non possono partecipare alle elezioni. Chi vuole, però, può diventare cittadino superando un (semplice) esame di storia e lingua lettone. Il numero di non cittadini diminuisce ogni anno, anche se rappresentano ancora più di un quarto dei russi in Lettonia. Gli altri sono cittadini e usufruiscono del proprio diritto di voto.

A che punto è l’integrazione? Io abito a Riga, la capitale della Lettonia. Circa la metà degli abitanti della città è tuttora russofona. Li sento per strada. Le ragazze russe si vestono in modo più provocante, più sgargiante – non tanto, giusto un po’. Li vedo nei supermercati, spesso si rivolgono ai commessi in lettone. Tutto qui. Non incontro i russi ai concerti e ai festival. Che locali frequentano? Non lo so. Recentemente ho trovato un locale davvero bilingue, il Laska bar (il nome è russo), ma è l’unico che conosco. Come passa il tempo quest’altra metà di Riga? Di cosa chiacchiera e discute, cosa le piace, cosa guarda, ascolta e legge? Non lo so. Hanno la loro stampa, la loro televisione. A volte mi sembra di conoscere meglio i russi della Russia che non quelli che stanno qui accanto. Soltanto a Capodanno si sente esplodere un’onda di fuochi d’artificio alle 23 – quando a Mosca è già mezzanotte.

Ovviamente ci si incontra. Durante gli studi, sul lavoro. Ho sempre avuto qualche collega russo e andavamo d’accordo. Inga con la sua famiglia parla russo, ma ormai con accento lettone. Di loro Inga dice: «Detestiamo Putin, ma Capodanno lo festeggiamo alle 23.»

© Janis Jonevs, 2023
Traduzione di Rita Tura

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