È morto a 79 anni il giornalista ed ex deputato Enzo Carra

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

È morto a 79 anni Enzo Carra, giornalista che tra il 1989 e il 1992 fu capoufficio stampa della Democrazia Cristiana e negli anni successivi deputato in tre legislature con la Margherita e con il Partito Democratico.

All’inizio degli anni Novanta, Carra fu anche coinvolto nell’inchiesta nota come Mani Pulite, o Tangentopoli, che riguardò l’esteso sistema di corruzione e concussione che coinvolgeva quasi tutti i principali partiti di allora e un pezzo dell’imprenditoria italiana. Nel febbraio del 1993 venne ascoltato come persona informata dei fatti dal procuratore Antonio Di Pietro sulla base di alcune dichiarazioni di Graziano Moro, collaboratore dell’allora vicesegretario della Democrazia Cristiana Silvio Lega, riguardanti una presunta tangente di 5 miliardi di lire ricevuta dal partito. Carra disse di non saperne nulla, ma la procura ritenne la sua testimonianza falsa e lo incriminò e arrestò per il reato di “false o reticenti informazioni rese al pubblico ministero”.

Fu processato per direttissima e la prima udienza si tenne il 4 marzo del 1993: Carra venne portato dal carcere di San Vittore al tribunale di Milano con ai polsi i cosiddetti “schiavettoni”, pesanti manette di ferro legate da una catena tenuta da un carabiniere. La decisione di portare Carra in aula con le manette venne criticata da molti e su giornali e televisioni si discusse dell’opportunità o meno di mostrare quelle immagini: tra i telegiornali solo il TG5 decise di far vedere Carra con gli “schiavettoni” ai polsi. Solo nel 1999 venne introdotta nel codice penale italiano una legge per vietare la pubblicazione di fotografie che ritraggono persone in manette oppure sottoposte ad altri mezzi di coercizione. Carra venne condannato in tutti e tre i gradi di giudizio a 1 anno e 4 mesi, con sospensione condizionale della pena.