Una piccola società di ricerca ha fatto perdere un sacco di soldi al terzo uomo più ricco al mondo

Hindenburg fa inchieste controverse ma solide sui magheggi delle grandi società: ora è toccato all'indiano Gautam Adani

Gautam Adani, la terza persona più ricca al mondo (AP Photo/Rajanish Kakade)
Gautam Adani, la terza persona più ricca al mondo (AP Photo/Rajanish Kakade)
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Una piccola società americana di ricerca finanziaria e di trading (cioè che si occupa di compravendita di strumenti finanziari online) ha fatto perdere oltre dieci miliardi di dollari al gruppo di aziende di Gautam Adani, la persona più ricca dell’India e dell’Asia, nonché la terza più ricca al mondo. Lo ha fatto pubblicando i risultati di un’inchiesta durata più di due anni che lo accusa di aver costruito la sua ricchezza tramite pratiche illegali e truffaldine, messe in atto grazie a una fitta rete di società offshore, cioè registrate in paradisi fiscali.

La società di ricerca si chiama Hindenburg ed è guidata da Nathan Anderson, un analista finanziario che negli anni si è interessato più a scoprire le truffe che al mercato. Hindenburg ha una decina di dipendenti, e negli anni si è costruita una reputazione piuttosto ambivalente: da una parte c’è chi apprezza le ricerche e le inchieste che porta avanti, che spesso hanno rivelato comportamenti illeciti e fraudolenti di personaggi e società importanti nel mondo del business. Dall’altra i diretti interessati delle inchieste l’hanno accusata di diffondere informazioni non veritiere per trarre un proprio profitto tramite lo short selling di titoli finanziari.

Lo short selling è una pratica finanziaria molto diffusa e dalle finalità puramente speculative: è la cosiddetta vendita allo scoperto, con cui un operatore vende un titolo senza possederlo davvero, con la promessa di consegnarlo all’acquirente poco dopo. Gli operatori lo fanno perché scommettono sul fatto che nel lasso di tempo tra la vendita e la consegna il prezzo del titolo scenda, così da trarne un guadagno. Per esempio, il trader A decide di vendere allo scoperto il titolo della società X a 100 euro al trader B. Incassa 100 euro e nel lasso di tempo tra la vendita e la consegna del titolo – tipicamente breve, può essere di qualche ora o di qualche giorno – effettivamente il prezzo di mercato scende a 80 euro. Al momento in cui deve consegnarlo lo acquista a prezzo ribassato e alla fine si ritrova con un guadagno netto di 20 euro.

Ovviamente si tratta di una scommessa sull’andamento del titolo: il prezzo potrebbe al contrario salire e in tal caso il venditore a ribasso ci perderebbe. Proprio perché non è considerato uno strumento di investimento ma solo speculativo, la vendita allo scoperto è strettamente regolamentata e nei momenti di particolare tensione finanziaria le autorità sono arrivate persino a proibirla (come successe in molti paesi, tra cui l’Italia, all’inizio della pandemia quando si scatenò il panico sui mercati finanziari).

La società Hindenburg ha fatto proprio questo con il gruppo di Adani, ma anche nel caso di altre inchieste: ha venduto allo scoperto titoli legati alle attività del miliardario indiano, consapevole del fatto che il prezzo sarebbe sceso notevolmente proprio grazie alla pubblicazione della sua inchiesta.

I rapporti di Hindenburg riscuotono un notevole successo e sono spesso riusciti a mettere in luce pratiche illegali, ma allo stesso tempo è conclamato che Anderson e la società talvolta traggano un profitto dal tracollo finanziario delle persone o società che prendono di mira. Per questo Anderson è stato spesso definito un “investitore attivista”. Il nome della società, Hindenburg, prende spunto dall’omonimo dirigibile tedesco che nel 1937 esplose durante l’atterraggio, causando la morte di decine di persone: sul sito della società si legge che hanno scelto questo nome per evocare un disastro causato dall’uomo e totalmente evitabile, esattamente come i guai finanziari che la società si prefigge di svelare. Dal 2020 ha indagato su una trentina di società e, in media, dopo i suoi report le azioni sono crollate del 15 per cento il giorno dopo e del 26 nel giro di sei mesi, secondo i calcoli di Bloomberg.

L’ultima inchiesta riguarda il miliardario indiano Gautam Adani, che ha 60 anni, possiede un gruppo di aziende dal valore complessivo di 260 miliardi di dollari ed è molto vicino al primo ministro indiano Narendra Modi, tanto da essere definito dai critici “l’oligarca di Modi”. Dagli anni Ottanta a oggi ha costituito un impero economico nel campo delle infrastrutture e dell’energia: possiede la seconda più grande impresa di costruzioni del paese, tredici porti (fra cui il più grande del subcontinente indiano, quello di Mundra), alcune linee ferroviarie fra cui quella in costruzione fra Delhi e Mumbai, otto aeroporti, sei centrali a carbone in patria e due all’estero (Indonesia e Australia). Negli ultimi anni sta riconvertendo molti dei suoi investimenti nelle energie rinnovabili, settore in cui conta di guadagnare la leadership mondiale entro il 2030. Il suo ultimo obiettivo è stato l’acquisizione della rete televisiva New Delhi Television, una delle più importanti nel paese e uno dei pochi media indiani riconosciuti come indipendenti e non controllati dal governo.

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Secondo il rapporto pubblicato da Hindenburg il fratello di Gautam Adani, Vinod, gestirebbe «un grande labirinto di società di comodo offshore», che secondo l’inchiesta dovrebbero essere almeno 38 e servirebbero a varie cose: per detenere nascosto all’estero parte del patrimonio della famiglia, per riciclare denaro ma anche per usarlo quando ne avessero avuto bisogno le società del gruppo, in modo che apparissero sempre solide a livello finanziario.

Le accuse sono state prese molto sul serio dal mercato, sia perché da tempo gli osservatori sospettavano meccanismi poco trasparenti all’interno del gruppo di Adani, ma anche perché le scorse inchieste di Hindenburg ed Anderson si erano rivelate effettivamente fondate. Tra queste, quella più eclatante ha riguardato l’azienda americana Nikola, che produceva veicoli elettrici: dopo l’inchiesta di Hindenburg il fondatore Trevor Milton, che è stato accusato di aver preso accordi con partner come General Motors fingendo di avere una tecnologia all’avanguardia, è stato incriminato per frode.

Intanto il gruppo di Adani ha respinto tutte le accuse contenute nel report di Hindenburg, sostenendo che rappresentino un «malizioso assortimento di disinformazione mirata» e siano volte solo a manipolare il mercato per il loro tornaconto. Jatin Jalundhwala, a capo della squadra di legali del gruppo, ha detto che stanno valutando un’azione legale.