• Italia
  • Martedì 10 gennaio 2023

Alcuni reati non saranno più perseguiti d’ufficio, ma solo dopo una querela

È una novità introdotta della riforma Cartabia per alleggerire la giustizia, ma ha suscitato una accesa discussione

(ALESSANDRO BIANCHI/ARCHIVIO - ANSA)
(ALESSANDRO BIANCHI/ARCHIVIO - ANSA)
Caricamento player

Sta suscitando polemiche e discussioni una delle novità introdotte dalla cosiddetta legge Cartabia, che ha riformato alcune norme sull’amministrazione della giustizia. È quella che prevede l’estensione dei reati per cui si procederà penalmente solo dopo la presentazione della querela da parte delle persone offese: in pratica, dal primo gennaio sono diventati di più i reati che vengono perseguiti solo se viene presentata un’apposita querela, e sono di meno quelli in cui l’azione penale viene avviata d’ufficio, automaticamente appena se ne viene a conoscenza, anche senza querela della persona offesa, cioè la vittima.

I nuovi reati per i quali da gennaio non ci sarà più la procedibilità d’ufficio rientrano nelle tipologie sia dei reati contro la persona sia contro il patrimonio. In questi casi, in cui prima si procedeva d’ufficio, l’autorità giudiziaria non avvierà più l’azione penale, quindi l’indagine e l’eventuale processo, in mancanza di una denuncia della parte lesa. Le persone offese avranno tre mesi di tempo per presentare la denuncia.

L’azione avviata d’ufficio non è revocabile, cioè non può essere fermata e annullata, come avviene invece nei casi di procedibilità a querela. In questo secondo caso l’azione penale può essere interrotta se c’è la remissione della querela stessa, cioè in pratica se la vittima la ritira. Nel caso si proceda d’ufficio, si va avanti indipendentemente dalla volontà della persona offesa.

La novità è stata introdotta per cercare di arrivare a uno snellimento e a una maggiore efficienza della giustizia penale. In pratica, viene introdotto un filtro che selezionerà i casi nei quali sia effettivamente necessario l’intervento del giudice penale. L’obiettivo è quello di ridurre il numero dei procedimenti, e intervenire così sul cronico problema di intasamento della giustizia italiana.

Nel 2020 in Italia, secondo quanto disse il presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio nella relazione del 2021, i procedimenti pendenti sia civili sia penali erano quasi sei milioni. Secondo un rapporto del Cepej, Commissione europea per l’efficienza della giustizia, redatto dal Consiglio d’Europa, in Italia servono 361 giorni per una sentenza penale di primo grado, contro per esempio i 170 della Spagna o i 70 della Norvegia. Tra indagini preliminari e sentenza della Corte di Cassazione, cioè l’ultimo grado di giudizio, passano in media 1.600 giorni (a Napoli, Roma e Reggio Calabria si superano i 2.200 giorni).

L’estensione dei reati con procedibilità a querela, come è scritto nella relazione illustrativa della riforma, riguarda soprattutto quelli «che si presentano con una certa frequenza nella prassi e che si prestano a condotte riparatorie e risarcitorie». L’articolo 162-ter del codice penale stabilisce infatti che nei reati perseguibili a querela «il giudice dichiara l’estinzione del reato quando l’imputato ha riparato interamente il danno con le restituzioni o il risarcimento e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato». 

Aumentando il numero dei reati perseguibili a querela si amplia così la possibilità di ricorrere alla giustizia riparativa e risarcitoria. L’estinzione del reato non è però prevista quando la querela è irrevocabile, come per esempio per i reati di violenza sessuale o di atti sessuali con minorenne. 

Come detto, ci sono state molte proteste. Una parte di magistrati e alcuni giornali sostengono che sia una norma che promuove l’impunità, e che permetterà a persone colte in flagranza di reato di evitare il carcere. La novità della riforma Cartabia però non implica nessuna depenalizzazione: in procura il fascicolo viene aperto e la vittima ha tre mesi di tempo per formalizzare le accuse. Si evita però la carcerazione preventiva delle persone sorprese a commettere questi determinati reati. In questo senso la novità introdotta ha anche l’obiettivo di contrastare quanto possibile il sovraffollamento carcerario, che in Italia è ufficialmente del 107,4%. Ci sono però regioni dove il tasso è decisamente più alto: in Lombardia per esempio è del 134,5%, in Puglia del 129%. Inoltre, come spiega l’associazione Antigone, si parla appunto di dati ufficiali che non tengono conto del fatto che in molte carceri ci sono reparti in ristrutturazione o inagibili e quindi il numero dei posti effettivo è minore di quello teoricamente disponibile.

Secondo i detrattori della nuova norma, un ladro sorpreso con la refurtiva in mano oggi viene identificato e rilasciato, mentre fino al 29 dicembre, prima dell’entrata in vigore della riforma, veniva messo in carcere. Il Corriere del Veneto cita un episodio avvenuto nei giorni scorsi a Vicenza dove una persona che aveva rubato un’auto è stata bloccata e rilasciata perché la querela non era firmata dal proprietario, ma da un’impiegata della società a cui apparteneva l’auto.

L’obiezione che viene maggiormente fatta in molte procure riguarda i cosiddetti casi aperti, quelli cioè per i quali l’azione penale è già stata avviata e che ora necessitano di una querela. Ha detto al Corriere del Veneto Francesca Zancan, giudice a Venezia e nella giunta veneta dell’Associazione nazionale magistrati: «Nel distretto avremo migliaia di procedimenti aperti che necessitano di querela. Pensi solo ai borseggiatori dei turisti a Venezia. Spesso le vittime sono straniere, non credo che tornino per firmare la querela».

Sulla questione dei casi aperti, e quindi della retroattività della nuova norma, è intervenuta la Corte di Cassazione con una relazione che ha chiarito alcuni punti. Come spiega il sito Altalex:

I reati commessi prima dell’entrata in vigore del D.lgs. n. 150/2022 (cioè i reati commessi fino al 29 dicembre 2022) sarebbero diventati improcedibili per mancanza di querela, in applicazione appunto del principio di retroattività della legge penale più favorevole, ma in questo modo si sarebbe ottenuto un effetto nocivo per le ragioni della persona offesa, che non aveva presentato a suo tempo la querela, nella convinzione della procedibilità di ufficio del reato.

Per scongiurare questa eventualità, la Corte di Cassazione ha chiarito che per i reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge, divenuti nel frattempo procedibili a querela, «il termine di tre mesi per la proposizione della querela decorre dal 30 dicembre 2022». Se invece alla data del 29 dicembre era già stato avviato il procedimento penale, questo procede ma le misure cautelari perdono efficacia se entro 20 giorni non viene presentata querela.

Per quanto riguarda invece i fascicoli di reati per i quali ci sono persone detenute, è compito dell’autorità giudiziaria avvisare entro venti giorni, a partire dal 30 dicembre, la vittima del reato perché presenti eventualmente la querela, altrimenti avverrà la scarcerazione.

Secondo chi è favorevole alla novità introdotta dalla riforma i casi critici, quelli di fermo in flagranza senza che poi ci sia una denuncia da parte della vittima, sono molto limitati. È difficile, secondo questa tesi, che chi per esempio subisce il furto dell’auto o un borseggio non presenti querela.

Ma quali sono i reati per i quali è prevista dal gennaio 2023 la procedibilità a querela e non più d’ufficio? Anche su questo è stata fatta una certa confusione. Innanzitutto la norma stabilisce che:

L’estensione del regime di procedibilità a querela a ulteriori reati contro la persona o contro il patrimonio, da individuarsi tra quelli puniti con pena non superiore nel minimo a due anni, salva la procedibilità d’ufficio per i casi nei quali la persona offesa sia incapace per età o per infermità.

Tra i reati per i quali è stata prevista la procedibilità a querela ci sono le lesioni personali stradali gravi o gravissime senza aggravanti (articolo 590 bis comma 1 del codice penale), e le lesioni personali dolose (articolo 582 comma 1): anche in questo caso resta la procedibilità d’ufficio in presenza delle circostanze aggravanti, cioè se la malattia ha durata superiore a venti giorni e il fatto è commesso contro persona incapace, per età o per infermità.

Un altro reato ora procedibile a querela è il sequestro di persona non aggravato (art. 605 comma 1 del codice penale) salvo che il reato sia commesso, anche in questo caso, nei confronti di persona incapace, per età o infermità. Ancora, la violenza privata (art. 610 c.p.), anche in questo caso salvo che il fatto sia commesso nei confronti di persona incapace per età o infermità. È procedibile a querela la violazione di domicilio (art. 614 c.p.), con procedibilità d’ufficio se invece ci sono le aggravanti. Truffa, frode informatica e appropriazione indebita erano già procedibili a querela tranne che in alcuni casi specifici. Per questi reati i casi di procedibilità d’ufficio vengono ulteriormente limitati.

– Leggi anche: C’è una nuova norma sul diritto all’oblio

Un discorso a parte merita il reato di furto. Non tutte le tipologie sono ora procedibili a querela. Lo è per esempio il furto semplice, cioè quando il ladro agisce senza ricorrere a particolari stratagemmi. Si tratta di furto semplice per esempio quando il ladro porta via un portafogli lasciato incustodito.

È procedibile a querela anche il furto aggravato, cioè quando il ladro si serve di astuzie, stratagemmi, della forza o dell’aiuto di altre persone. Sono esempi il furto con destrezza e quello con scasso. Il furto in abitazione o quello con scippo sono invece procedibili d’ufficio. In questi casi l’autorità giudiziaria procederà autonomamente anche senza la denuncia della vittima, una volta venuta a conoscenza del fatto. Restano poi procedibili d’ufficio i furti commessi ai danni di persone incapaci per età o per malattia.