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  • Sabato 7 gennaio 2023

Il 7 gennaio è di nuovo Natale

Per i cristiani ortodossi: la ragione risale agli antichi romani, e a due calendari

La celebrazione del Natale nella cattedrale di Santa Sofia, Kiev, 7 gennaio 2019 (Brendan Hoffman/Getty Images)
La celebrazione del Natale nella cattedrale di Santa Sofia, Kiev, 7 gennaio 2019 (Brendan Hoffman/Getty Images)
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In molti paesi del mondo il Natale si festeggia il 7 gennaio e non il 25 dicembre. Il motivo della differenza nelle date tra cristiani orientali e ortodossi da una parte e cattolici e protestanti dall’altra risale all’antica Roma e ha a che fare con una differenza di calendario: i cattolici e i protestanti usano quello gregoriano, mentre il calendario delle festività degli ortodossi, il calendario liturgico, è indipendente da quello civile e basato sull’antico calendario giuliano.

Nel primo secolo avanti Cristo l’astronomo Sosigene di Alessandria elaborò il calendario giuliano che nel 46 a.C. venne adottato come calendario ufficiale da Giulio Cesare, in qualità di pontefice massimo, cioè supremo sacerdote di Roma che aveva l’incarico, tra le altre cose, di tenere il conto ufficiale degli anni. Da lì a poco, Roma avrebbe dominato direttamente o indirettamente tutto il bacino del Mediterraneo e qualcosa anche oltre, diffondendo insieme alle strade, alle terme e alle fogne anche il proprio calendario. Ma i calcoli di Sosigene avevano un problema: sovrastimavano la durata dell’anno solare di 11 minuti e qualche secondo. Questo significava – e all’epoca già si sapeva – che ogni 128 anni il calendario giuliano si sarebbe ritrovato in ritardo di un giorno rispetto alla posizione del sole.

Si arrivò così al 1582 in cui, secondo le osservazioni astronomiche, la primavera era già cominciata quando il calendario segnava ancora l’11 marzo. Il problema principale, però, non era avere solstizi ed equinozi nei giorni sbagliati, ma che risultava sbagliato il calcolo della Pasqua: le celebrazioni non venivano più officiate nel giorno giusto.

Papa Gregorio XIII prese dunque la decisione di cambiare le regole e impose il calendario che usiamo ancora oggi, il calendario gregoriano. La riforma di Gregorio XIII fu piuttosto drastica. Per recuperare i giorni perduti venne stabilito che dopo venerdì 4 ottobre si sarebbe passati direttamente a sabato 15: i dieci giorni di mezzo, in un certo senso, non sono mai esistiti.

Questo però non risolveva il problema della durata media dell’anno. Per evitare di perdere altri dieci giorni nel migliaio di anni successivo venne stabilito che gli anni multipli di cento sarebbero stati bisestili soltanto se fossero stati multipli anche di 400. Con il nuovo calendario l’errore annuale venne ridotto da 11 minuti e qualcosa a soli 26 secondi: il calendario gregoriano, quindi, sbaglia di un giorno ogni 3.323 anni.

Ma c’era un altro problema, di natura storica e religiosa. Alla fine del Cinquecento, all’epoca di Gregorio XIII, l’Europa era ormai saldamente divisa tra cattolici, luterani e calvinisti, mentre l’Europa orientale era quasi tutta, da più di cinque secoli, di religione ortodossa. Chi non era cattolico non vedeva di buon occhio le novità che arrivavano da Roma. La riforma venne subito adottata dai paesi cattolici e dai territori ad essi sottoposti: Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Polonia, Belgio, Paesi Bassi e gran parte della Germania meridionale. I paesi protestanti si adattarono soltanto nel corso del Diciottesimo secolo, quando le rivalità religiose si erano affievolite e quando ormai gli scambi frequenti tra i paesi avevano reso avere due calendari diversi una vera seccatura.

I paesi ortodossi rimasero i soli a seguire il calendario giuliano: erano molto più lontani, avevano molti meno rapporti con i paesi che avevano adottato la riforma e quindi la discrepanza tra i due calendari portava a meno equivoci. E poi, a causa dello scisma tra la Chiesa orientale e quella cattolica avvenuto poco dopo l’anno Mille, non accettarono di compiere i loro riti sulla base di un calendario introdotto proprio dal Papa, di cui non volevano riconoscere la supremazia. A oriente si mantenne dunque il vecchio calendario e si continuò a festeggiare il Natale 13 giorni dopo la data gregoriana, cioè il 7 gennaio. Le altre feste “scalano” di conseguenza: l’Epifania è il 19 gennaio.

Oggi il Natale ortodosso è celebrato da circa 260 milioni di persone in tutto il mondo.

Alcuni ortodossi hanno preferito però adattarsi al calendario gregoriano: in Grecia, ad esempio, il Natale coincide con quello cattolico. Altri paesi hanno invece fatto la scelta di affiancare il 25 dicembre alla tradizionale festività ortodossa, e quindi di concedere un giorno festivo in entrambe le date. Lo hanno fatto per esempio la Moldavia nel 2013 e l’Ucraina nel 2017.

In Ucraina poi la questione è particolarmente complicata dagli ultimi anni di conflitti con la Russia (prima nel 2014, poi l’invasione del 2022), che hanno portato alla separazione della Chiesa ortodossa ucraina da quella russa e a crescenti divisioni. Quest’anno, per la prima volta la Chiesa ucraina ha consentito anche ai fedeli ortodossi di celebrare il Natale il 25 dicembre anziché il 7 gennaio come tradizione, provocando molte polemiche in Russia.