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  • Giovedì 5 gennaio 2023

La Spagna vuole obbligare alcune imprese a ridurre i tempi di attesa del servizio clienti

Le attese al telefono non potranno superare i tre minuti, in modo che i clienti non si sentano più scoraggiati dal far valere i loro diritti

(Matt Cardy/Getty Images)
(Matt Cardy/Getty Images)
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Il governo spagnolo ha detto che entro i primi tre mesi del 2023 il parlamento spagnolo approverà un disegno di legge per limitare a tre minuti il tempo che avrà il servizio clienti delle grandi aziende per rispondere alle chiamate dei consumatori. Il ministro del Consumo spagnolo, Alberto Garzón, ha detto che le aziende «dovranno dimostrare a fine anno che il 95 per cento delle chiamate a cui hanno risposto sta al di sotto di quei tre minuti. Sono finiti i tempi interminabili di attesa che producono frustrazione e impazienza e che finiscono per portare le persone a rinunciare ai loro diritti».

Il disegno di legge per la tutela dei diritti dei consumatori era stato approvato dal consiglio dei Ministri lo scorso maggio, e non dovrebbe trovare ostacoli in parlamento, dove la coalizione di sinistra che appoggia il primo ministro Pedro Sánchez ha un buon margine sulle forze di opposizione. Riguarda tutte le aziende con più di 250 dipendenti o con un volume d’affari pari a 50 milioni di euro. Oltre a ridurre il tempo di attesa per ricevere una risposta quando si fanno le chiamate al servizio clienti, il testo prevede anche che i consumatori abbiano il diritto di richiedere, in qualsiasi momento della chiamata o della comunicazione telematica, di essere assistiti da una persona fisica con una formazione specializzata.

Il disegno di legge riduce poi da trenta a quindici giorni lavorativi il tempo massimo per la risoluzione dei reclami; e stabilisce che le società che forniscono servizi essenziali come luce, acqua o gas, in caso di disservizio, siano tenute a darne comunicazione immediata e a offrire tempi stimati di ripristino della fornitura entro due ore al massimo. Queste stesse aziende dovranno infine attivare un numero di assistenza clienti gratuito e permanente, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno.

In caso di mancato rispetto delle norme, il disegno di legge stabilisce delle multe che, nei casi più gravi (se cioè il problema colpisce i consumatori considerati più vulnerabili o se le infrazioni si ripetono) potrebbero essere pari a 100 mila euro.

I lunghi tempi di attesa al telefono e i servizi clienti poco efficienti portano la maggior parte delle persone a rassegnarsi e a rinunciare alla chiamata. Due docenti di marketing, Anthony Duke della USC Marshall School of Business della California, e Yi Zhu, della Carlson School of Management dell’Università del Minnesota, hanno pubblicato uno studio che prova a rispondere a questa domanda: «Perché le aziende organizzano i loro servizi clienti in modo tale da creare sistematicamente frustrazione tra i clienti stessi?». Non è un caso, dicono i due ricercatori: «La frustrazione dei consumatori aiuta le aziende a pagare meno rimborsi». Un pessimo servizio clienti, cioè, costa meno di un’assistenza di qualità.

Anthony Duke e Yi Zhu sostengono che ci sia una ricca letteratura accademica che spiega come l’eliminazione di tutte le difficoltà riscontrate dal cliente al momento del reclamo non sarebbe di fatto vantaggiosa per le aziende. Ed è questo il motivo, dicono, per cui le aziende organizzano il proprio servizio clienti su più livelli.

Al primo livello, quello meno difficile da raggiungere, si trovano gli operatori dei call center che hanno però uno spazio di manovra molto limitato. Salire di livello richiede operazioni più complesse e una maggiore quantità di tempo: è questo “costo” in termini di difficoltà e di tempo per il cliente che si trasforma in un vantaggio per le aziende, dato che molti clienti o rinunciano o si accontentano di rimborsi molto bassi.

Rúben Sánchez, segretario generale dell’organizzazione non governativa spagnola FACUA-Consumatori in Azione, ha detto che «le aziende si riempiono le tasche maltrattando i propri clienti. Non rispondere o respingere i reclami al primo livello fa risparmiare loro un sacco di soldi».

FACUA denunciava da tempo i disservizi dei servizi clienti delle aziende e ha avuto un ruolo decisivo nel fare pressione sul governo affinché intervenisse. Ma per il segretario dell’organizzazione il disegno di legge approvato dal consiglio dei Ministri è poco coraggioso e non risolverà la questione. Non prevede, ad esempio, una regolamentazione del servizio clienti delle piccole e delle medie imprese, ma solo di quelle più grandi; pur avendolo abbassato, il limite di tempo per la risoluzione generale dei reclami resta comunque troppo alto (FACUA aveva chiesto sette giorni e non quindici); pretendendo infine una risposta telefonica in meno di tre minuti ma solo nel 95 per cento dei casi lascia alle aziende un margine per non rispettare la legge stessa: nel caso in cui, ad esempio, il servizio clienti risponda dopo i tre minuti, l’azienda potrebbe sostenere che quel caso rientra nel 5 per cento, e dimostrare che è falso sarebbe molto difficile.

Per Sánchez il disegno di legge doveva infine stabilire per le aziende un obbligo di risarcimento del cliente i cui diritti non vengono rispettati: «Se un’azienda non rispondesse alla mia richiesta entro il termine imposto, dovrebbe essere obbligata a risarcirmi per il tempo e per le energie che ho speso: perché sono vittima di un problema di cui loro sono i responsabili. Altrimenti, cosa ottengo se l’azienda non rispetta i miei diritti? Posso fare una denuncia, e l’azienda potrebbe ricevere una multa». Ma nel caso, non scontato, in cui il cliente decida di presentare una denuncia, «di nuovo, avrà usato il suo tempo e le sue energie».