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  • Mercoledì 4 gennaio 2023

Le moltissime bugie di un deputato Repubblicano statunitense

Diversi giornali americani hanno messo in fila tutte le cose su cui ha mentito George Santos, e ora sono state aperte alcune indagini

George Santos (Scott Olson/Getty Images)
George Santos (Scott Olson/Getty Images)
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Negli ultimi giorni molti giornali statunitensi hanno raccontato di come George Santos, un politico appena eletto alla Camera statunitense con il Partito Repubblicano, avrebbe mentito estesamente su numerosissimi aspetti della sua vita e del suo curriculum: avrebbe mentito sulla sua storia personale, sui luoghi in cui ha lavorato, sulle università che ha frequentato, perfino sulla sua etnia e sul fatto di aver commesso alcuni crimini minori quando era giovane.

La storia, che è piuttosto curiosa e notevole e mostra la peculiare ascesa di quello che potrebbe essere un grosso mentitore che ha ingannato i suoi elettori durante tutta la campagna elettorale, assume anche un’altra dimensione perché, secondo alcuni giornali, Santos avrebbe manipolato i documenti finanziari che ogni candidato al Congresso è obbligato a rendere pubblici: questo è un reato federale che potrebbe metterlo in seri guai. Santos, dopo la pubblicazione delle notizie su di lui, ha ammesso numerose bugie dicendo di aver «arricchito» il proprio curriculum, ma ha negato di aver commesso reati.

George Santos ha 34 anni, e durante la sua campagna elettorale per il Congresso ha presentato la propria storia personale come «l’incarnazione del sogno americano»: nato da genitori brasiliani in una zona umile del quartiere Queens di New York, Santos sarebbe riuscito a studiare in università prestigiose e poi a ottenere impieghi di rilievo nel settore della finanza, fino a diventare un piccolo imprenditore di successo con una società che gestisce numerose proprietà immobiliari.

La sua vittoria alle elezioni di metà mandato nel distretto di Long Island a New York ha anche una notevole rilevanza politica: Santos, un Repubblicano, era partito come il candidato sfavorito in un distretto storicamente molto vicino al Partito Democratico, ma era riuscito a rimontare e vincere grazie a una brillante campagna elettorale, in cui aveva mostrato posizioni relativamente moderate che avevano attratto anche gli elettori progressisti (Santos rimane comunque un deciso sostenitore di Donald Trump, come la gran parte del Partito Repubblicano). La vittoria è importante per il Partito Repubblicano, che alle elezioni di metà mandato aveva ottenuto una maggioranza risicatissima alla Camera, in cui ogni voto conta: 222 seggi contro i 212 dei Democratici.

Santos, tra l’altro, è il primo Repubblicano dichiaratamente omosessuale a essere eletto al Congresso: nel passato c’erano stati altri deputati Repubblicani omosessuali, ma tutti avevano fatto coming out soltanto dopo essere stati eletti.

Il problema è che, dopo l’elezione, i giornali americani hanno scoperto che gran parte delle dichiarazioni fatte da Santos sulla sua vita, la sua carriera e le sue origini erano inventate.

Le bugie e le invenzioni di Santos, in realtà, erano già state notate a settembre – dunque prima del voto – da un minuscolo giornale locale, il North Shore Leader, che aveva parlato delle presunte irregolarità nei documenti finanziari presentati dall’allora candidato. Quasi nessuno tuttavia aveva prestato attenzione alla storia, che è diventata di interesse nazionale soltanto quando, nella seconda metà di dicembre, il New York Times ha pubblicato una lunga e dettagliata inchiesta sulle bugie di Santos, seguita poi da numerosi altri articoli, anche di altri giornali.

Santos avrebbe mentito su moltissimi aspetti della sua storia. Ha sostenuto di essere cattolico, ma in parte anche ebreo, e che i suoi nonni materni erano sopravvissuti all’Olocausto: secondo le inchieste, è molto improbabile che i suoi nonni siano davvero stati perseguitati, e anche le sue origini ebree sono state messe in dubbio. In questi giorni, Santos ha detto di non essere ebreo (jewish in inglese) ma di essere jew-ish (con il trattino), un gioco di parole che potrebbe essere malamente tradotto in “ebreeggiante”, perché le sue origini ebraiche sarebbero molto vaghe.

Il New York Times ha poi scoperto che nel 2008, a 19 anni, Santos aveva trascorso un periodo della sua vita in Brasile, dove era stato incriminato per aver rubato un libretto degli assegni con cui aveva comprato vestiti costosi. Santos aveva anche confessato il furto, ma poi si era reso irreperibile, lasciando il processo sospeso: dopo le rivelazioni sui giornali, però, sembra che la procura brasiliana l’abbia riaperto.

Santos ha poi sostenuto in campagna elettorale di aver frequentato università prestigiose, come il Baruch College di New York e la New York University, dove però non c’è traccia della sua presenza.

Sul suo curriculum, presentato ufficialmente sul sito della sua campagna elettorale, ha scritto di aver lavorato per alcune delle istituzioni finanziarie più importanti degli Stati Uniti. Avrebbe lavorato per Citigroup con il ruolo di “associate asset manager”, ma quando il New York Times ha contattato la banca non c’erano tracce che avesse lavorato lì: il ruolo di “associate asset manager”, inoltre, non esiste. Aveva detto di aver poi lavorato per Goldman Sachs, ma anche in questo caso era una bugia.

La vita di Santos, in realtà, era è stata piuttosto stentata fino a pochi anni fa: era stato sfrattato due volte e aveva accumulato numerosi debiti. Negli ultimi anni, però, le cose  avevano iniziato ad andargli meglio: era diventato vicepresidente di un’azienda di investimenti, la LinkBridge Investors (questa carica è invece confermata), dove aveva ottenuto un lavoro stabile anche se un salario tutto sommato modesto. Era entrato anche in un’altra azienda che poi sarebbe crollata perché accusata di truffa finanziaria, ma nel 2019 aveva deciso comunque di candidarsi a deputato una prima volta, sempre con il Partito Repubblicano: in quell’occasione era stato sconfitto malamente.

A quel punto, però, le sue finanze erano migliorate considerevolmente, e Santos negli ultimi anni avrebbe accumulato una discreta fortuna che gli ha permesso, tra le altre cose, di finanziare personalmente la propria campagna elettorale nel 2022 con 700 mila dollari. Non è del tutto chiaro come abbia fatto: l’ultima azienda da lui amministrata, la società di investimenti immobiliari Devolder, secondo Santos avrebbe gestito 80 milioni di dollari in proprietà, ma il New York Times non è riuscito a trovare documenti che lo dimostrino (non è detto però che non esistano).

Ci sono poi altri aspetti piuttosto peculiari delle invenzioni di Santos: negli ultimi anni, avrebbe sempre vissuto in affitto (non possiede nessuna proprietà immobiliare, ha ammesso lui stesso dopo le rivelazioni) e il New York Times ha scoperto che avrebbe decine di migliaia di dollari di debiti in affitti non pagati. Ma nello stesso periodo, su Twitter, si presentava come un padrone di casa proprietario di 13 immobili, e si lamentava diffusamente del fatto che i suoi (inesistenti) affittuari non lo pagassero in tempo.

Santos, inoltre, sembrava particolarmente propenso a fare dichiarazioni pubbliche che legavano la sua vita personale a grossi fatti di cronaca. Ha scritto in un’occasione che sua madre era morta durante gli attacchi terroristici dell’11 settembre del 2001, quando in realtà è morta molto dopo, nel 2016.

In un’intervista ha poi sostenuto che quattro dipendenti di una sua azienda erano morti nella strage del Pulse di Orlando, il locale gay in cui furono uccise 49 persone nel 2016: anche quest’affermazione si è rivelata falsa.

Tutte queste bugie hanno una certa gravità dal punto di vista etico, ma non costituiscono un crimine. C’è la possibilità che per le sue menzogne in campagna elettorale la Commissione etica della Camera apra un’indagine su di lui, ma è difficile che ci saranno conseguenze serie, anche perché il suo seggio è molto prezioso per l’esile maggioranza Repubblicana: probabilmente per questo la maggior parte dei leader del partito si è rifiutata di fare commenti sulla vicenda.

Il problema, secondo i media americani, è che Santos avrebbe manipolato anche i documenti fiscali che ogni candidato al Congresso deve consegnare e pubblicare obbligatoriamente al momento della candidatura (lo devono fare tutti i candidati che abbiano ricevuto almeno 5.000 dollari di finanziamento). Secondo la legge, tutti i candidati devono presentare una documentazione chiara e completa sulla propria situazione finanziaria e fiscale, per evitare possibilità di corruzione e influenze indebite.

Ma nella documentazione inviata da Santos sarebbero stati omessi molti particolari, e altri sarebbero stati inventati e modificati. In particolare, non è chiaro come Santos abbia giustificato i 700 mila dollari che ha donato alla sua campagna elettorale, o come si riesca a spiegare che tra il 2020 e il 2022 la sua ricchezza personale sia passata praticamente da zero a una somma dichiarata di 11 milioni di dollari. Manipolare questi dati è un reato federale per cui si rischiano forti multe o perfino il carcere.

Alcune procure sia locali sia federali hanno annunciato che stanno indagando, anche se al momento Santos non ha ricevuto nessuna accusa formale. Lui ha smentito ogni irregolarità.