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  • Mercoledì 4 gennaio 2023

I diritti d’autore su Sherlock Holmes sono definitivamente scaduti

Per anni gli eredi di Arthur Conan Doyle hanno approfittato per guadagnarci: ora fare film e serie su di lui sarà più semplice

Gli attori Basil Rathbone e Nigel Bruce nei ruoli di Sherlock Holmes e del dottor Watson
Gli attori Basil Rathbone, a destra, e Nigel Bruce nei ruoli di Sherlock Holmes e del dottor Watson
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Il primo gennaio sono entrati nel pubblico dominio gli ultimi due racconti con protagonista Sherlock Holmes, il celebre investigatore creato dallo scrittore scozzese Arthur Conan Doyle (1859-1930). La storia dei diritti d’autore su questo personaggio è particolarmente intricata: negli ultimi decenni infatti Sherlock Holmes ha ispirato film e serie di vario tipo, ma fino a pochi giorni fa i suoi eredi avevano spesso trovato il modo per guadagnarci nonostante in gran parte del mondo i diritti fossero terminati già più di vent’anni fa.

Nel Regno Unito e nei paesi dell’Unione Europea le opere di Conan Doyle erano tutte libere da diritti d’autore fin dal primo gennaio 2001, perché il copyright dura per 70 anni dalla morte dell’autore. Per le regole americane invece era già nel pubblico dominio la stragrande maggioranza delle storie di Sherlock Holmes – i quattro romanzi e quasi tutti i 56 racconti di cui è protagonista – ma fino all’anno scorso restavano in vigore i diritti su due racconti pubblicati per la prima volta nel 1927 nella raccolta Il taccuino di Sherlock Holmes. Negli Stati Uniti infatti le leggi sul diritto d’autore sono molto più complicate di quelle europee e italiane: in tanti casi prevedono che il copyright duri più a lungo e per le opere letterarie pubblicate tra il 1923 e il 1977 i diritti scadono dopo 95 anni dalla pubblicazione.

Negli ultimi vent’anni il Conan Doyle Estate, cioè il gruppo di pronipoti e altri lontani parenti di Conan Doyle che avevano ereditato i diritti d’autore dello scrittore, aveva sfruttato le leggi americane e la particolare condizione degli ultimi racconti di Sherlock Holmes per continuare a ottenere guadagni ogni volta che un editore o una produzione televisiva o cinematografica pubblicava qualcosa che citava il personaggio.

Come ha spiegato Jennifer Jenkins, direttrice del Centro per lo studio del pubblico dominio della Duke University, il Conan Doyle Estate era solito chiedere compensi in cambio della licenza di citarlo per via dei pochi racconti ancora coperti dal copyright, sebbene per la legge americana il personaggio fosse entrato nel pubblico dominio insieme alla prima opera in cui comparve, cioè il romanzo del 1887 Uno studio in rosso. La strategia degli eredi era chiedere compensi relativamente moderati: pur di non essere coinvolte in una causa, le case editrici e le case di produzione solitamente accettavano di pagare.

Di questa abitudine del Conan Doyle Estate si era parlato in occasione dei due casi in cui invece una causa c’era stata: nel 2013, prima che uscisse una raccolta di storie con protagonista Sherlock Holmes scritte da autori contemporanei curata da uno scrittore americano, e nel 2020, all’uscita del film di Netflix Enola Holmes, che racconta la storia di una sorella minore di Sherlock Holmes non presente nei racconti e nei romanzi originali sull’investigatore.

Nel primo caso il Conan Doyle Estate aveva sostenuto che i personaggi ricorrenti in più opere narrative siano creazioni autoriali separate dalle storie che li vedono protagonisti, e che quindi i diritti d’autore su tali personaggi debbano iniziare solo con la fine della «creazione del personaggio», ovvero con la pubblicazione dell’ultima opera in cui compaiono. Secondo questo punto di vista, il personaggio di Sherlock Holmes sarebbe stato completato solo nel 1927, e negli Stati Uniti il suo utilizzo in opere altrui avrebbe dovuto essere vietato dato che alcuni dei racconti in cui compariva – dieci all’epoca, pubblicati dal 1924 al 1927 – erano ancora sotto copyright.

Questa teoria era però stata rifiutata da un tribunale americano: «Quando un autore ha usato uno stesso personaggio in una serie di opere, alcune delle quali sono nel pubblico dominio, il pubblico è libero di copiare degli elementi dalle opere nel pubblico dominio». Gli eredi di Conan Doyle avevano fatto appello ma la prima sentenza era stata confermata, e la raccolta di racconti ispirata alle storie di Sherlock Holmes aveva potuto essere pubblicata senza che ricevessero dei compensi.

La storia si era ripetuta in modo simile all’uscita di Enola Holmes, il film interpretato da Millie Bobby Brown con Henry Cavill nel ruolo di Sherlock Holmes. In quel caso il Conan Doyle Estate riconobbe che chiunque poteva usare e adattare i personaggi comparsi nei racconti di Arthur Conan Doyle nel pubblico dominio. Sostenne però che nei racconti ancora sotto copyright fossero presenti dei tratti caratteriali del personaggio che non c’erano nelle opere precedenti e che tali tratti – un maggior rispetto nei confronti delle donne, maggiori affabilità e sentimentalità – che erano presenti nel film del 2020 non potessero essere usati.

In quell’occasione Netflix e la scrittrice Nancy Springer, autrice dei libri per ragazzi da cui è stato tratto Enola Holmes, si accordarono con il Conan Doyle Estate per mettere fine alla causa che questo gli aveva intentato. Non si sa però se abbiano fatto un accordo economico per mettere fine alla questione, e nel caso di che entità.

Ora il Conan Doyle Estate non può più vantare diritti d’autore sulle opere di Arthur Conan Doyle in nessuna parte del mondo, tuttavia potrebbe continuare a ottenere dei guadagni dalle opere dello scrittore in altri modi. Infatti possiede come marchi registrati sia il nome che le immagini di Arthur Conan Doyle e Sherlock Holmes, non solo negli Stati Uniti ma anche nel Regno Unito e nei paesi dell’Unione Europea.

È una proprietà diversa da quella dei diritti d’autore. I diritti d’autore servono per proteggere le opere creative e impediscono ad altre persone di copiarle, citarle o adattarle senza permesso per produrre nuovi prodotti culturali, per un certo periodo di tempo. La registrazione dei marchi invece è potenzialmente perenne e serve per evitare che marchi, loghi e nomi usati in contesti commerciali vengano sfruttati da altre persone per confondere i consumatori: ad esempio il marchio “Nike” e il logo dell’azienda non possono essere usati su prodotti che non sono di Nike, perché potrebbero far pensare erroneamente a un consumatore di stare acquistando un prodotto di Nike.

A volte i diritti d’autore e i marchi registrati possono sovrapporsi: è il caso ad esempio di Topolino, che è sia un personaggio di una serie di cartoni animati e fumetti, sia un marchio di un’azienda, la Disney.

Il Conan Doyle Estate potrebbe cercare di prolungare in un certo senso i diritti d’autore sulle opere di Conan Doyle utilizzando i marchi registrati. Nel caso, è probabile che ci saranno nuove sentenze di tribunali che stabiliranno i confini degli uni e degli altri.

L’anno prossimo si riparlerà probabilmente di questo tema perché sarà proprio il personaggio di Topolino, o meglio Mickey Mouse, a entrare nel pubblico dominio americano.