Non serve più fare il tampone per uscire dall’isolamento

Lo ha deciso il governo, che però su altri fronti mostra anche una certa preoccupazione, specie per la situazione in Cina

File per i tamponi il 31 dicembre 2021 (Cecilia Fabiano/ LaPresse)
File per i tamponi il 31 dicembre 2021 (Cecilia Fabiano/ LaPresse)
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Il ministero della Salute ha pubblicato una circolare in cui vengono aggiornate le regole sulla gestione dei casi di coronavirus, seguendo le indicazioni contenute nel decreto sui “raduni pericolosi” (in cui c’era un po’ di tutto). Tra le altre cose, il decreto aboliva l’obbligo di tampone negativo per interrompere l’isolamento di cinque giorni previsto per chi è positivo al coronavirus, e il ministero ha quindi specificato le modalità con cui questa nuova misura dovrà essere attuata.

La circolare stabilisce che per i casi che sono sempre stati asintomatici o che sono asintomatici da almeno due giorni, l’isolamento può terminare dopo cinque giorni dal primo tampone positivo o dall’inizio dei sintomi, anche senza un test antigenico o molecolare. Nei casi che sono sempre stati asintomatici può terminare anche prima dei cinque giorni, ma con un test antigenico o molecolare negativo.

Per le persone immunodepresse, invece, le regole non cambiano: servirà comunque un tampone negativo per terminare l’isolamento, dopo un minimo di cinque giorni. Gli operatori e le operatrici sanitarie invece potranno terminare l’isolamento non appena avranno un test negativo, senza alcun periodo minimo.

Per chi esce dall’isolamento senza tampone, rimane obbligatorio l’utilizzo di una mascherina FFP2 fino a che non siano passati dieci giorni dall’inizio dei sintomi o, nel caso di una persona asintomatica, dal primo tampone positivo. La circolare raccomanda comunque di evitare posti al chiuso e affollati, o di incontrare persone a rischio. Questi obblighi e raccomandazioni decadono qualora venga fatto un test prima dei dieci giorni e risulti negativo.

La circolare non introduce grandi novità: in un periodo in cui il sentimento generale è di aver di fatto superato la pandemia, le variazioni anche sostanziali delle regole ricevono poca attenzione, e molto probabilmente vengono interpretate con una certa elasticità dalla maggior parte delle persone, anche quelle positive.

Ma questo ulteriore allentamento delle misure arrivano mentre il governo italiano si mostra assai preoccupato dall’ondata di contagi in corso in Cina, dove di recente è stata abbandonata la strategia “zero Covid” e sono state allentate le dure misure di restrizione in vigore fino a poco più di un mese fa. Il timore per i casi provenienti dalla Cina è motivato dal fatto che potrebbero diffondere in Europa varianti attualmente sconosciute o non coperte dai vaccini a disposizione, eventualità che però è ancora da dimostrare e nient’affatto certa.

L’Italia è stato il primo paese europeo a introdurre un test obbligatorio per tutte le persone che arrivano dalla Cina, e nella circolare del ministero c’è anche una specifica regola per chi risulta positivo dopo essere stato in Cina nella settimana precedente al test: queste persone potranno uscire dall’isolamento solo dopo due giorni senza sintomi e con un tampone negativo.

È vero che in generale il governo di Giorgia Meloni vuole mostrare discontinuità rispetto all’approccio dei governi precedenti alla pandemia: l’esempio più eclatante è stato il reintegro dei medici e degli operatori sanitari che non si erano vaccinati. Ma la questione dei test obbligatori per chi arriva dalla Cina non è l’unica in cui emerge un lato prudente del governo. Lo scorso 30 dicembre il ministero della Salute ha pubblicato un’altra circolare, stavolta con le indicazioni per le Regioni sulle misure di contrasto alla pandemia. Tutti gli allentamenti introdotti negli ultimi mesi sono confermati, ma c’è anche una parte di preallerta in caso dovesse esserci un sensibile aumento dei casi di contagio.

A proposito delle mascherine, nella circolare è scritto che in caso di peggioramento della situazione epidemiologica «potrebbe essere indicato il loro utilizzo in spazi chiusi, finalizzato in particolare a proteggere le persone ad alto rischio di malattia grave», e che verrà valutata anche «l’adozione temporanea di altre misure, come il lavoro da casa o la limitazione delle dimensioni degli eventi che prevedono assembramenti».