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  • Giovedì 22 dicembre 2022

«Abbiamo una notizia: i mezzibusti hanno le gambe»

Come è cambiato il Tg1, passato negli ultimi mesi da uno stile ingessato e sempre uguale a se stesso a uno più dinamico

di Mario Macchioni

(Tg1)
(Tg1)
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Negli anni Ottanta il dominio incontrastato del telegiornale sul primo canale Rai fu insidiato da una crescente disaffezione per la politica, e dalla crescita, seppur contenuta, di altri telegiornali percepiti per certi aspetti più moderni, su Rai 2 e Rai 3. Mentre su questi canali i conduttori e le conduttrici sperimentavano, adottando uno stile meno formale e dialogando con inviati e ospiti, il Tg1 rimase tutto sommato uguale a se stesso: la voce più istituzionale, sobria e riconoscibile dell’informazione televisiva italiana.

E così era rimasto per oltre quarant’anni, durante i quali la struttura del notiziario era cambiata poco o nulla. Da settembre di quest’anno invece al Tg1 ci sono stati profondi cambiamenti, che hanno riguardato prima di tutto i contenuti e il modo in cui vengono raccontati, e poi anche lo stesso spazio fisico del telegiornale, lo studio, che si è adattato alle nuove esigenze diventando più grande. Non c’è più, o almeno è sempre più rara, la tradizionale sequenza di servizi che si susseguono a un ritmo sempre uguale. E il cosiddetto “mezzobusto”, cioè la conduttrice o il conduttore seduto con i fogli davanti, non è più una figura statica, ma ogni tanto si alza, cammina, fa domande agli ospiti, indica cose su un grande schermo touch.

Marco Valerio Lo Prete al touchscreen (Tg1)

Tutte queste cose, di per sé, non sarebbero novità così dirompenti. Ma mentre i canali all news e certe edizioni dei telegiornali avevano già attraversato trasformazioni simili, i notiziari serali di mezz’ora erano rimasti più o meno invariati, specialmente il Tg1, che fino a poco tempo fa appariva come il più ingessato e il più resistente al cambiamento dei linguaggi visivi.

Il Tg1 va in onda ininterrottamente dal 1976. È erede dell’unico telegiornale della Rai che andava in onda precedentemente, dall’inizio delle trasmissioni nel 1954. Con la nascita del secondo e poi del terzo canale, tra gli anni Sessanta e la fine dei Settanta, prese forma la cosiddetta “lottizzazione” della televisione pubblica, cioè quella pratica dei partiti politici di dividersi informalmente le nomine dirigenziali Rai e influenzare la linea tenuta dai singoli canali. Ai tempi della cosiddetta Prima repubblica Rai 1, e di conseguenza il telegiornale della rete, era considerata più vicina alla Democrazia cristiana, che rimase sempre al potere per tutto quel periodo, fino al 1992.

Il panorama politico degli ultimi anni si è fatto più fluido, perciò inquadrare le dinamiche di potere e il modo in cui la politica influenza la Rai è più complesso. Generalmente, comunque, il primo canale è considerato ancora il più istituzionale, e probabilmente anche per questo si è evoluto molto lentamente negli ultimi anni, puntando più che altro a mantenere e consolidare il suo pubblico tradizionale (che è mediamente piuttosto anziano).

Quella iniziata tre mesi fa è la prima edizione interamente pensata e costruita dalla direttrice Monica Maggioni, a capo della redazione del Tg1 da novembre del 2021. È stata la prima donna della storia della rete ad avere questo incarico. Prima era già stata direttrice di Rai News 24 e aveva condotto vari programmi, tra cui Unomattina, anche se nella sua carriera di giornalista si è occupata principalmente di esteri. Tra le altre cose è stata a lungo inviata di guerra in Iraq e ha seguito le elezioni presidenziali statunitensi nel 2000 e nel 2008, sempre come inviata.

Durante la campagna elettorale per le ultime elezioni il Tg1 ha intervistato in studio tutti i principali leader politici

La tendenza di Maggioni a innovare si era già vista quando era a capo di Rai News 24, ma nel caso del Tg1 la trasformazione è stata eclatante. «La scansione regolare, tradizionale, del telegiornale fino a un anno fa era la stessa di quando cominciai io, ed era il ’95», dice. «Il modo di costruire la scaletta era proprio lo stesso. Tutto intorno però il panorama è cambiato, gli spettatori sono inondati di canali all news».

I tanti cambiamenti nel modo in cui le persone si informano hanno fatto sì che la struttura tradizionale dei notiziari perdesse un po’ il suo senso, secondo Maggioni. Normalmente è costituita dal “lancio” del pezzo, come si chiama in gergo l’annuncio del conduttore, seguito dal servizio che dura due minuti e mezzo al massimo. Spesso, specie per quanto riguarda la politica, è un servizio che tiene insieme più cose, che mette insieme più notizie e dichiarazioni su uno stesso tema: il cosiddetto “pastone”. Anche questo è un formato che il nuovo Tg1 sta tralasciando sempre di più, privilegiando servizi più verticali e circoscritti. «Come si fa ad ampliare e approfondire lo sguardo su un’inevitabile sequenza di notizie?» si domanda retoricamente Maggioni. «È da lì che ho iniziato a lavorare, su un’idea di notiziario trasformato in programma, nel senso che assomiglia quasi di più a un programma televisivo fatto di notizie che non a un telegiornale».

In realtà i cambiamenti della nuova direzione erano cominciati anche prima dell’edizione di quest’anno, quando Maggioni aveva voluto allargare il gruppo dei conduttori delle 20 (la fascia oraria più importante), in particolare con Elisa Anzaldo e Giorgia Cardinaletti, rispettivamente 56 e 35 anni. Contestualmente, ai conduttori di quella fascia era stato chiesto di partecipare alla rassegna stampa mattutina, ma tre si erano rifiutati per motivi legati all’orario (è alle 6:30) ed erano stati spostati dall’edizione delle 20. Da tutto ciò era nato un caso mediatico di cui si era parlato molto sui giornali, anche perché tra i conduttori coinvolti c’era Francesco Giorgino, uno dei più riconoscibili, oltre a Emma D’Aquino e Laura Chimenti. Quest’ultima è stata poi reintegrata quando ha accettato di fare la rassegna stampa.

Ma a parte questi avvicendamenti, legati più che altro a dinamiche interne alla redazione, Maggioni dice di non aver incontrato molte resistenze per tutte le novità editoriali, a parte un brevissimo scetticismo iniziale.

La novità più vistosa è senza dubbio il mezzobusto che si muove: scherzando, Maggioni dice che il titolo che riassume il nuovo corso del Tg1 è «abbiamo una notizia: i mezzibusti hanno le gambe», una battuta in riferimento al fatto che mai nella storia del notiziario i conduttori si erano mossi dalla loro postazione. Al massimo ci furono estemporanee – ma celebri – interazioni sopra le righe, come la volta in cui Fiorello chiese a David Sassoli di fare la ola in deroga alla «sacralità» del Tg1 e del suo conduttore. Sassoli da conduttore mostrò comunque una certa abilità anche nel gestire queste situazioni più sbottonate, che gli capitarono più di una volta.

Un’altra cosa che si nota del nuovo Tg1 è l’abbondanza di interventi da parte di persone esperte: studiosi, scienziati e analisti intervengono su questioni piuttosto puntuali, cercando di fornire un po’ di contesto a storie che altrimenti rimarrebbero oscure per un pubblico generalista. «Questa è proprio una scelta editoriale» precisa Maggioni. «Stiamo cercando di scindere tre elementi costitutivi di una storia, cioè l’infinitamente piccolo, il contesto più ampio e l’analisi. A volte i reportage hanno uno sguardo molto stretto, si occupano di una scheggia di storia, ma allo stesso tempo vogliamo dare il contesto e l’analisi di un fatto, distinguendoli, mettendoli in momenti diversi del telegiornale».

L’intervento degli esperti di solito viene inserito in casi di argomenti complessi da inquadrare, come la recente notizia sulla fusione nucleare, o casi di cronaca legati a questioni molto grosse, come le alluvioni nelle Marche che rimandano al cambiamento climatico e al dissesto idrogeologico. Sono frammenti che spezzano il ritmo sempre uguale dei servizi, a volte durano pochi secondi, altre possono arrivare fino a un minuto (una durata considerevole all’interno di un notiziario).

Anche se tutta questa trasformazione è iniziata da poco, e Maggioni è direttrice solo da un anno, con il cambio del governo avvenuto a ottobre si sta già pensando a chi potrebbe arrivare dopo di lei, e cosa potrebbe cambiare con le future nomine. Secondo Maggioni però il rischio che si torni indietro è molto basso, perché i cambiamenti introdotti sono già entrati nei meccanismi di lavoro di molte persone che lavorano al Tg1: «C’è un grado di consapevolezza molto alto su questo nuovo modo di raccontare, ormai non è più una cosa che appartiene a me e basta, è un patrimonio condiviso. Quindi penso che andrà avanti anche a prescindere da me».

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