(Cecilia Fabiano/LaPresse)

In Italia ci sono sempre meno bancomat

In dieci anni gli sportelli si sono ridotti di un terzo e questo è un problema per un paese che non riesce ad abbandonare i contanti

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Il governo di Giorgia Meloni sta ancora discutendo dell’eliminazione dell’obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti elettronici, che è in vigore da giugno. Agli italiani piace pagare con i contanti (anche se sempre di meno) e questo è risaputo. E anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, in un recente incontro con i giornalisti, ha detto che a lui «piace andare a prelevare al bancomat». Secondo Salvini «se uno vuole pagare due euro il caffè con la carta di credito è solo un rompipalle».

Ci sono dunque segnali per dire che l’Italia sta in un certo senso cercando di promuovere l’utilizzo del contante, a differenza del resto dei paesi europei che invece stanno cercando di stimolare i pagamenti elettronici. Ma al contrario il sistema bancario si sta adeguando alle tendenze internazionali: le operazioni si fanno sempre di più online e in giro ci sono sempre meno filiali. Il risultato è che ci sono sempre meno sportelli bancomat da cui prelevare. Questo potrebbe presto diventare un problema, se effettivamente la società italiana non si abituerà a fare un po’ più a meno del contante.

Al momento non esistono dati su quanti siano effettivamente sul territorio gli sportelli da cui è possibile prelevare contante: infatti, non esistono solo quelli delle filiali delle banche ma ci sono anche le colonnine “atm”, diffuse soprattutto nelle città turistiche. Su queste però non c’è un monitoraggio sistematico, mentre ci sono dati puntuali sulle filiali bancarie. Ipotizzeremo quindi che il numero degli sportelli bancomat coincida con il solo numero delle filiali bancarie, anche perché è plausibile pensare che la differenza sia trascurabile.

Secondo uno studio della FABI, la Federazione Autonoma Bancari Italiani, in Italia ci sono più di 4 milioni di persone senza accesso diretto a una banca, il 7 per cento della popolazione totale. Sono gli abitanti dei 3.062 comuni nei quali non sono più presenti filiali bancarie, il 38 per cento del totale dei comuni italiani.

Ci sono differenze significative a seconda dell’area geografica. Al Nord il problema della carenza di sportelli interessa il 6 per cento della popolazione e al Centro il 3,2 per cento. Al Sud e nelle isole la questione è decisamente più marcata e gli abitanti che non hanno più una filiale di prossimità né a distanza contenuta rappresentano il 10,7 per cento dei residenti.

Tra le regioni più grandi, quella che presenta una minore presenza di banche è la Calabria, che ha il 28,8 per cento dei cittadini residenti in territori non coperti da filiali bancarie. Seguono il Piemonte (13,8 per cento), l’Abruzzo (12,6), la Campania (12,5). Fra le regioni più piccole, la situazione peggiore è in Molise, con il 37,3 per cento della popolazione senza una filiale nel proprio comune, e in Valle D’Aosta (33,4 per cento). Emilia-Romagna e Toscana sono, invece, le regioni con una maggiore diffusione degli sportelli bancari: la popolazione che risiede in comuni senza banche è rispettivamente l’1,2 per cento e l’1,5 per cento del totale.

La relazione annuale di Banca d'Italia sugli esposti dei clienti delle banche, che raccoglie annualmente quali sono i principali disagi percepiti dagli utenti del sistema bancario, mostra che nel 2021 sono arrivate numerose segnalazioni da parte di cittadini, associazioni dei consumatori e rappresentanze delle istituzioni locali e del territorio, relative ai disagi della clientela derivanti dalla chiusura di sportelli bancari.

I numeri dei cittadini sprovvisti di filiali di prossimità dicono già molto, ma si riesce a inquadrare meglio la questione se la si guarda da un'altra prospettiva: ossia osservando il numero dei comuni senza filiale sul totale dei comuni italiani e non la popolazione interessata. I dati sono gli stessi ma la gravità della questione emerge meglio. La regione con il maggior numero di comuni senza filiali è il Piemonte, in cui mancano in 713 comuni, ossia il 60 per cento dei comuni della regione. Seguono la Lombardia, in cui non ci sono sportelli bancari in 483 comuni, ossia un terzo dei comuni della regione, la Calabria, in cui mancano in 280 comuni, ossia il 70 per cento, la Campania (280 comuni, esattamente la metà), il Lazio (179 enti locali, il 47 per cento), e l'Abruzzo (173 enti locali, il 56 per cento).

Si tratta di numeri molto elevati, che tuttavia interessano principalmente i piccoli comuni, dove per l'industria bancaria in generale non era più conveniente mantenere una filiale e sostenerne i relativi costi (affitto e personale) o non lo è mai stato: secondo dati di Banca d'Italia nel 2010 i comuni senza neanche uno sportello bancario erano il 27 per cento del totale. Non è quindi un problema nato oggi, ma noto da tempo.

Ed è il risultato della progressiva chiusura delle agenzie da parte delle banche: gli sportelli erano 32.881 nel 2012, mentre a fine 2021 erano 21.650. Nel giro di quasi dieci anni si sono ridotti di un terzo e gli abitanti hanno perso 11 mila filiali.

Da tempo in Italia, così come in altri paesi europei, si assiste alla riduzione del numero degli sportelli bancari sul territorio, legata soprattutto a un ripensamento generale dei modelli di business e delle strategie dell'industria bancaria.

I motivi sono essenzialmente tre. Il primo è legato al fatto che il settore bancario è sempre più concentrato: le grandi banche inglobano le piccole, quelle maggiormente legate al territorio. Una volta acquisite, i grandi gruppi bancari cercano di rendere più efficienti i loro processi e spesso questa fase porta alla chiusura di filiali non così redditizie.

Il che conduce al secondo motivo. Fino a quest'anno i tassi di interesse, ossia il costo di prendere a prestito soldi, erano tenuti molto bassi dalla Banca Centrale Europea per convincere le persone a contrarre prestiti per comprare casa, avviare attività, investire, in modo da stimolare l'economia. I tassi di interesse sono anche il guadagno delle banche quando fanno dei prestiti e in questi anni hanno avuto quindi profitti molto bassi. Proprio per questo motivo tutto il settore ha avviato un grosso ripensamento del modello di business in ottica di ridurre i costi e quindi di provare a risollevare i guadagni.

– Leggi anche: Perché le banche centrali aumentano i tassi di interesse

L'ultimo motivo riguarda essenzialmente lo sviluppo tecnologico. La creazione e la diffusione di nuovi mezzi di pagamento hanno reso sempre più facile fare a meno del contante e soprattutto hanno permesso ai clienti di fare online tantissime operazioni, come bonifici, pagamenti di bollettini e via così, rendendo di fatto superfluo il lavoro delle filiali fisiche.

Tutti questi motivi hanno portato 4 milioni di abitanti a non avere accesso diretto a uno sportello dove prelevare, anche se il problema è in parte alleviato dalla presenza sul territorio nazionale delle Poste, che in gran parte dei casi sono fornite di bancomat. La libertà di scelta sul mezzo di pagamento che si preferisce per queste persone non è assicurata, perché di fatto non hanno libero accesso al contante. E lo sarà ancora di meno se effettivamente dovesse essere tolto l'obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti elettronici.

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