Si comincia a costruire la nuova rete di radiotelescopi più grande del mondo

Sarà distribuita principalmente tra Sudafrica e Australia, indagherà sulla storia dell'Universo e sulla vita extraterrestre, eventualmente

Come sarà la rete: a sinistra antenne per i segnali ad alta frequenza, a destra per quelli a bassa frequenza (SKAO)
Come sarà la rete: a sinistra antenne per i segnali ad alta frequenza, a destra per quelli a bassa frequenza (SKAO)

Oggi, 5 dicembre, in Australia e in Sudafrica comincia ufficialmente la costruzione dello Square Kilometre Array, una nuova rete di radiotelescopi per lo studio dello Spazio che sarà la più grande del mondo. Il progetto della rete è nato nel 1993 da una collaborazione internazionale che oggi riunisce 15 paesi tra cui l’Italia. Quando sarà completata, nel 2028 secondo i programmi, permetterà di captare segnali radio cosmici provenienti da fonti distanti miliardi di anni luce dalla Terra, compresi quelli emessi nelle prime centinaia di milioni di anni successive al Big Bang.

Lo Square Kilometre Array (SKA) sarà usato per indagare su alcune delle più grandi questioni aperte dell’astrofisica, come la storia dell’idrogeno, l’elemento più abbondante nell’Universo. Permetterà inoltre di studiare i cosiddetti lampi radio veloci (fast radio burst, FRB), impulsi radio ad alta energia della durata di pochi millesimi di secondo provenienti dallo Spazio, di cui non si conosce ancora l’origine. Potrà essere usato anche per ricevere eventuali segnali di vita extraterrestre.

In generale i radiotelescopi sono grandi antenne che, a differenza dei classici telescopi ottici che permettono di osservare la luce visibile, utilizzano delle parabole per rilevare le onde radio, cioè radiazioni di frequenza molto più bassa, che sono emesse dalle cose che ci sono nello Spazio. Il loro utilizzo consente di osservare cose accadute molto tempo fa a distanze enormi, tali da richiedere alla luce viaggi di decine, centinaia e a volte migliaia di anni (le distanze nello Spazio si misurano per questo in anni luce). Dato che più sono grandi le parabole più precise possono essere le osservazioni, usando reti di radiotelescopi distribuiti in diverse parti della Terra si possono raccogliere più informazioni. È stata una rete di radiotelescopi, per esempio, a consentirci di ottenere la prima immagine del buco nero al centro della nostra galassia.

Lo Square Kilometre Array (che vuol dire letteralmente “Matrice di un chilometro quadrato”) si chiamerà così perché complessivamente permetterà di raccogliere dati su una superficie ampia più di un chilometro quadrato. Non lo farà con un’unica immensa parabola, ma con una rete di centinaia di parabole di 15 metri di diametro, adatte a rilevare le radiazioni ad alta frequenza (fino a 25 gigahertz), e di migliaia di telescopi di tipo “aperture array”, che sono fatti di un gran numero di piccole antenne fisse al suolo, simili a piccoli abeti, più adatte per le medie e basse frequenze (da 50 megahertz).

Queste piccole antenne sono peraltro state progettate dall’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) italiano, in collaborazione con le Università di Bologna, Firenze e Ferrara e l’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IEIIT). Alcuni prototipi prodotti in Italia si trovano già nella regione di Murchison, nell’Australia Occidentale.

Prototipi delle piccole antenne progettate in Italia visti da vicino, al Murchison Radio-astronomy Observatory in Australia Occidentale (ICRAR-Curtin)

I telescopi saranno distribuiti seguendo schemi a spirale, non solo in Sudafrica e in Australia, dove sarà la maggior parte delle infrastrutture, ma anche in altri paesi africani. In particolare le parabole per le alte frequenze saranno costruite in Africa, principalmente nella regione sudafricana di Karoo, mentre le antenne per le basse frequenze verranno installate sia in Australia che in Africa, in aree dove si trovano già infrastrutture per l’astronomia. Inizialmente le parabole saranno poco meno di 200 e le antenne circa 131mila.

I segnali radio ricevuti dai diversi radiotelescopi saranno combinati insieme da una rete di computer tenendo conto della distanza fisica tra i ricevitori e la differenza di tempo tra l’arrivo dei segnali a ciascuno di essi. In questo modo per gli astronomi sarà come avere a disposizione un radiotelescopio con una dimensione pari alla massima distanza tra i piccoli radiotelescopi della matrice.

Secondo le previsioni, la costruzione della rete di radiotelescopi costerà in tutto 2 miliardi di euro. Nel 2024 dovrebbe cominciare a lavorare una prima parte della rete, che nel 2028 sarà operativa con mezzo chilometro quadrato ricevente. Per completare il progetto si sta cercando la collaborazione di altri paesi che aiutino con i finanziamenti.

– Leggi anche: Se gli extraterrestri esistono, perché non si fanno vivi?