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  • Domenica 6 novembre 2022

Il Portogallo vuole provare la settimana lavorativa di quattro giorni

Ha un piano per attuarla sia nel settore pubblico che in quello privato, ma non piace agli imprenditori

Lisbona, la capitale del Portogallo (Bruce Bennett/Getty Images)
Lisbona, la capitale del Portogallo (Bruce Bennett/Getty Images)
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In Portogallo il governo di sinistra sta lavorando da tempo a un piano per introdurre la cosiddetta “settimana lavorativa corta”: quella che prevede che si lavori quattro giorni a settimana invece che cinque, con una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. È una proposta di cui si discute da alcuni anni soprattutto in Europa e che alcuni paesi applicano già in forme diverse o sperimentali. Mercoledì è stato presentato alle varie parti sociali (sindacati, rappresentanti dei lavoratori, politici) il progetto pilota del governo, che è scandito in più fasi a partire da giugno del 2023 e riguarderà sia il settore pubblico sia quello privato.

È un progetto pilota, appunto, perciò il governo vuole sostanzialmente condurre un esperimento per vedere come andrà, e capire se la settimana lavorativa corta sia applicabile in modo più sistematico. Il piano però è ambizioso e strutturato. Alla prima fase parteciperanno solo le aziende che faranno domanda, entro gennaio 2023, su base volontaria e senza sovvenzioni da parte del governo per incentivare le domande (come avviene nelle sperimentazioni di altri paesi): è un modo per verificare che ci sia un effettivo interesse a realizzare il progetto.

Pedro Gomes, un economista dell’università di Londra che coordina il progetto, ha detto al País che alle aziende sarà offerto solo «un sostegno per il cambiamento dei processi per migliorare la produttività», ma anche aggiunto che se ci saranno poche aziende partecipanti «sarà un indicatore che non vale la pena continuare la fase successiva».

La seconda fase introdurrà la settimana lavorativa di quattro giorni nel settore pubblico, dove in generale la proposta è stata accolta con favore. Nella terza fase invece verranno sovvenzionate 60 aziende per partecipare al progetto, che faranno parte di uno studio comparativo con altre in cui sarà mantenuta la settimana lavorativa già in vigore (quella dal lunedì al venerdì, per intenderci).

Ancora non sono chiari alcuni dettagli su come verrà realizzata la settimana corta, soprattutto su quante ore di lavoro settimanali saranno tagliate. In Portogallo l’orario di lavoro prevede tendenzialmente 40 ore settimanali, ma ci sono anche settori che ne fanno di meno, e quindi bisognerà capire come applicare la riduzione in alcuni casi specifici. In generale, l’orario potrebbe essere ridotto da 40 a 36 ore settimanali, anche se Gomes ha detto di star valutando la possibilità di arrivare a 34, che sarebbe la sua preferita.

Finora gli imprenditori si sono mostrati piuttosto ostili al progetto e se ne sono molto lamentati. Il presidente della Confederazione che rappresenta la grandissima parte dei datori di lavoro portoghesi, António Saraiva, l’ha definita «inopportuna» e ha detto al giornale Público che dopo gli effetti negativi del coronavirus e della guerra in Ucraina sulle imprese e le famiglie «il paese ha altri problemi che dovrebbero preoccupare il governo». Il presidente della Confederazione del commercio, João Vieira da Lopes, ha detto che l’iniziativa non può essere applicata in modo generalizzato nel breve periodo.

Per il momento però l’esperimento comincerà su base volontaria e sarà piuttosto graduale: il modo e i tempi con cui dovesse essere esteso in modo generalizzato verranno eventualmente decisi se le prime sperimentazioni dovessero andare bene.

Tra le sperimentazioni più promettenti in Europa c’è quella dell’Islanda, dove è attivo dal 2015 un test che ha ridotto l’orario per 2.500 lavoratori a 35 o 36 ore settimanali: sembra che i servizi forniti non ne abbiano risentito e che anzi ci sia stata una maggiore produttività. In Spagna sono in corso sperimentazioni con una riduzione da 39 a 32 ore settimanali, mentre in Belgio da quest’anno i dipendenti possono concordare con i datori di lavoro una riduzione da 5 a 4 giorni di lavoro, ma mantenendo lo stesso numero di ore: vedono come va per 6 mesi e poi decidono se continuare. In Francia invece si lavora già 35 ore settimanali, grazie a una legge del 1998: ma gli esiti e i costi di quella decisione sono ancora oggi molto dibattuti.

Fuori dall’Europa è stato spesso citato il caso di Microsoft in Giappone, che ha concesso ai lavoratori un giorno libero in più a settimana e ha aumentato la produttività del 40 per cento.

– Leggi anche: Sarebbe davvero possibile introdurre la settimana lavorativa corta?