• Konrad
  • Giovedì 20 ottobre 2022

Ci sono grosse aspettative per il Consiglio europeo sull’energia

Siamo abbastanza vicini a un accordo su un meccanismo per limitare il prezzo del gas, ma ci sarà ancora molto da negoziare

Il presidente del Consiglio Mario Draghi al Consiglio europeo di maggio (Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse)
Il presidente del Consiglio Mario Draghi al Consiglio europeo di maggio (Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse)
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Inizia oggi il Consiglio europeo a Bruxelles, una riunione di forte rilevanza politica tra i capi di stato e di governo dell’Unione europea. Si discuterà delle proposte della Commissione europea per far fronte alla crisi energetica che ha colpito l’Europa, tra cui quella più controversa di un “limite dinamico” al prezzo del gas, oltre che di acquisti comuni di energia e di un meccanismo di solidarietà per i paesi che dovessero ritrovarsi senza materia prima. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha detto nei giorni scorsi che i tempi sono ormai maturi per un accordo.

C’è poi una ragione più simbolica che rende importante questa riunione: sarà l’ultimo Consiglio europeo con Mario Draghi presidente del Consiglio italiano. Draghi è stato il principale sostenitore del tetto al prezzo del gas tra i paesi europei, sin dall’inizio della guerra in Ucraina. La grave inflazione, ossia l’aumento dei prezzi, nell’Unione europea è stata principalmente guidata dai rincari dell’energia, che poi si sono diffusi a cascata sul resto di beni e servizi. Draghi è sempre stato convinto che limitare il costo dell’energia avrebbe consentito di tenere sotto controllo l’inflazione, che nei paesi che hanno adottato l’euro ha raggiunto il 10 per cento a settembre. Questo è quindi l’ultimo tentativo del presidente del Consiglio uscente di raggiungere l’obiettivo perseguito per mesi.

Martedì la Commissione europea ha presentato la sua proposta per affrontare la crisi energetica. Il piano contiene meccanismi di acquisti comuni di gas, così da sfruttare una maggiore capacità negoziale per ottenere prezzi più bassi, di solidarietà nelle forniture, nel caso in cui alcuni stati membri si trovino a far fronte a un’improvvisa mancanza della materia prima, e infine un nuovo meccanismo per la determinazione del prezzo del gas. Non si tratta però di un tetto al prezzo del gas, il cosiddetto price cap su cui si discute da mesi senza trovare un accordo.

Il progetto prevede l’introduzione di un nuovo meccanismo di riferimento per stabilire il prezzo del gas, diverso dal prezzo che si definisce sul Title Transfer Facility (TTF), il mercato energetico di Amsterdam, che in questi mesi ha mostrato molti problemi. Ci lavorerà l’ACER, l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia, che consegnerà un modello entro marzo 2023. Nel frattempo la Commissione suggerisce di affrontare l’emergenza con un limite al prezzo “dinamico”, una misura temporanea e di ultima istanza, da attivare se i prezzi dovessero andare di nuovo fuori controllo.

Il meccanismo temporaneo non sarebbe un limite fisso al prezzo del gas, ma vieterebbe sul TTF transazioni a un prezzo superiore a un certo limite variabile (dinamico, appunto), che sarà calcolato via via prendendo a riferimento una media delle quotazioni di gas in altri mercati finanziari internazionali, giudicati più stabili e più rappresentativi delle reali condizioni di domanda e offerta. In questo modo si contribuirà a evitare un’estrema volatilità, senza eccessive distorsioni del mercato. Inoltre, la Commissione ha proposto di introdurre un intervallo di prezzo giornaliero per proteggere gli operatori energetici da eccessive oscillazioni all’interno della stessa giornata.

Questo meccanismo era stato sostenuto in modo particolare dall’Italia al Consiglio europeo informale di Praga di qualche settimana fa.

Sono mesi che i paesi dell’Unione europea discutono di un tetto al prezzo del gas, senza arrivare mai a un accordo. Ci sono per ora le forti reticenze di Germania, Austria e Paesi Bassi, che temono che imporre un limite di prezzo possa mettere a rischio le forniture di gas. I venditori di materia prima potrebbero decidere di dirottarla verso altri mercati dove potrebbero guadagnare di più. Insomma, sono più preoccupati di non avere gas che di pagarlo prezzi esagerati, considerando anche che hanno una capacità di spesa molto maggiore degli altri paesi europei, come dimostra il piano da 200 miliardi della Germania per far fronte ai rincari dell’energia.

– Leggi anche: All’Europa non piace il fondo tedesco da 200 miliardi per ridurre le bollette

Gli altri paesi europei però fanno notare che il TTF, il mercato finanziario su cui si formano i prezzi del gas, non sia più rappresentativo delle dinamiche di domanda e offerta della materia prima. Il meccanismo temporaneo proposto dalla Commissione dovrebbe principalmente sistemare le storture del TTF, più che abbassare artificialmente il prezzo del gas oltre il suo valore di mercato.

Le delegazioni diplomatiche stanno lavorando per negoziare le conclusioni del vertice di Bruxelles, che sembrano ancora lontane. Nonostante il sostegno della Commissione, la resistenza a queste misure è ancora forte. È vero che con il passare delle settimane il gruppo dei paesi contrari si è assottigliato, ma è anche vero che l’opposizione di Germania e Paesi Bassi è ancora piuttosto netta. Con loro ci sono anche l’Austria e l’Ungheria.

La delegazione tedesca e quella olandese hanno addirittura chiesto di eliminare qualsiasi riferimento al price cap. Una proposta che l’Italia e gli altri paesi favorevoli al tetto non possono ovviamente accettare: i diplomatici prevedono un intenso lavoro di negoziazione su ogni singola parola del testo.

Sullo sviluppo di un indice di riferimento alternativo al TTF, che la Commissione intende introdurre a partire da marzo, c’è un sostanziale sostegno, ma la Germiania chiede che il suo utilizzo sia su base volontaria perché teme controversie giuridiche legate ai contratti in atto.

In ogni caso, se anche in questi due giorni di Consiglio europeo si dovesse trovare un accordo, si dovranno ancora discutere i dettagli tecnici. I tempi europei sono sempre piuttosto lunghi, perché la maggioranza delle decisioni deve essere prese all’unanimità. Tenere insieme le diverse sensibilità dei paesi è sempre piuttosto difficile, e per questo i progressi in sede europea non sono mai dirompenti, ma sono il frutto di piccoli successi marginali nelle negoziazioni, che in questo caso stanno durando da marzo.