Nell’Eurozona l’inflazione ha raggiunto il 10% per la prima volta, mentre in Italia è all’8,9%

(AP/Manu Fernandez)
(AP/Manu Fernandez)

Nell’area dei paesi che adottano l’euro, la cosiddetta “Eurozona”, l’inflazione a settembre ha raggiunto per la prima volta la doppia cifra ed è arrivata al 10 per cento su base annua, in aumento rispetto al 9,1 di agosto, secondo le stime di Eurostat. Vuol dire che il livello generale dei prezzi è aumentato di un decimo in un anno: se a settembre 2021 un bene costava 100 euro, oggi ne costa 110.

Si tratta di una media tra l’inflazione di tutti i paesi che compongono l’area dell’euro, ma la situazione, seppur grave ovunque, è molto eterogenea. I paesi baltici sono quelli che vedono l’aumento del livello dei prezzi più alto, superiore al 20 per cento, a causa della fortissima dipendenza energetica dalla Russia. Tra i paesi con l’inflazione superiore al 10 per cento ci sono i Paesi Bassi (17,1 per cento), il Belgio (12), l’Austria (11) e la Germania (10,9). La Spagna si colloca sotto tale soglia, al 9,3 per cento, e la Francia è il paese con un tasso più contenuto, al 6,2 per cento.

Anche l’Italia si colloca nella parte bassa della lista, con un’inflazione dell’8,9 per cento su base annua, in aumento dall’8,4 per cento di agosto, come certifica l’Istat.

La principale componente dell’inflazione dell’area dell’euro resta l’energia, più cara del 40,8 per cento rispetto a un anno fa. Ma, rispetto agli scorsi mesi, iniziano a farsi sempre più sostenuti anche i rincari dei prezzi alimentari, degli alcolici e dei tabacchi, aumentati dell’11,8 per cento, dei beni industriali (5,6) e dei servizi (4,3). L’inflazione di fondo, quella al netto dei beni energetici e alimentari, ossia quelli più volatili, è pari al 6,1 per cento ed è alta da diversi mesi, segno del fatto che i rincari non sono più guidati soltanto dai prezzi dell’energia.

È probabile che un dato così negativo porterà la Banca Centrale Europea ad alzare i tassi di interesse in misura sostanziosa anche nella prossima riunione di ottobre, dopo che solo qualche settimana fa aveva annunciato il più grande rialzo della sua storia.

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Anche in Italia la dinamica è simile a quella europea. L’inflazione di fondo è aumentata dal 4,4 al 5 per cento. Sono cresciuti notevolmente i prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”, ossia dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, con aumenti dell’11,1 per cento.

L’Istat commenta che «è necessario risalire a luglio 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +12,2%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa”, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+11,1%). Questa volta, infatti, non sono i Beni energetici a spiegare (se non per le conseguenze che la loro crescita così ampia ha innescato) la nuova accelerazione dell’inflazione, ma sono soprattutto i Beni alimentari (sia lavorati sia non lavorati) seguiti dai Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona, in un quadro di crescenti tensioni inflazionistiche che stanno attraversando quasi tutti i comparti merceologici».

In un recente comunicato, l’Istat aveva sottolineato come i rincari energetici abbiano comportato l’aumento del 40 per cento dei prezzi di produzione per l’industria e per le costruzioni. Confrontando questo dato con quelli dell’inflazione sembra quindi chiaro che le imprese stiano scaricando parte dei rincari sul consumatore finale.