Ci sono infiniti più grandi di altri

E immaginarli può essere infinitamente complicato per le nostre menti finite, ma provarci con un paradosso può essere divertente

di Emanuele Menietti

Ad alcune domande sulle quantità, per esempio su quante caramelle desiderano o su quanto vogliono bene a qualcuno, i bambini rispondono spesso con convinzione «Infinito!». E talvolta c’è qualcuno che controbatte «Allora io dico infinito più uno!», immaginando di esprimere l’idea di qualcosa di ancora più esteso. In realtà, non c’è differenza tra le due risposte, ma questo non significa che non esistano infiniti più grandi di altri. È un concetto con cui fanno i conti (letteralmente) i matematici da molto tempo e sul quale si sono scervellati anche i filosofi, a dimostrazione di quanto sia difficile per le nostre menti finite confrontarsi con qualcosa che a malapena riusciamo a concepire.

Per provare a farsi almeno un’idea, conviene iniziare con qualcosa di piccolo e circoscritto e con gli insiemi. Come suggerisce la parola, un insieme finito è una raccolta di oggetti, o per dire elementi, che possono essere contati: un recinto con 32 pecore, per esempio.

Determinare le dimensioni di un insieme finito è piuttosto semplice, perché basta contare gli elementi che contiene. Sappiamo inoltre che prima o poi finiremo di contare, perché l’insieme è appunto finito. Le cose si complicano nel caso in cui si abbia a che fare con un insieme infinito, dove potremmo passare tutta la vita a contare senza finire prima di esalare l’ultimo respiro (l’insieme dei nostri respiri è inevitabilmente finito).

L’esempio classico che si fa in questi casi è quello dei numeri naturali (ℕ), cioè dei numeri che usiamo per contare e ordinare:

ℕ = {0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11…}

Non esistendo il più grande numero naturale possibile, provare a contare tutti gli elementi nell’insieme ℕ non ci porterebbe da nessuna parte. Per questo diciamo che questo insieme è infinito, ma definirlo tale può essere un poco fuorviante. Basare esclusivamente la nostra idea di infinito su questa caratteristica dei numeri naturali rende più difficile immaginare che esistano altri infiniti, e che possano essere concettualmente più grandi.

I numeri reali e quelli razionali possono essere un buon esempio. Come impariamo a scuola, i numeri reali sono i numeri cui si può attribuire uno sviluppo decimale finito come 9 e -4,3, o infinito come il valore del π o √15. I numeri razionali, invece, si possono scrivere come frazioni (esempio: 2/3), con uno sviluppo decimale finito (esempio: 4,3) oppure con uno infinito ma periodico (esempio: 4/3 che vale 1,3333…). Ogni numero naturale è anche un numero razionale, e si può dimostrare che pur essendo “di più“, i razionali sono infiniti come i naturali, cioè li posso contare. Lo stesso non vale per i numeri reali, al punto da poterli definire come un infinito diverso.

Tra i numeri 2 e 6, per esempio, potremo infilare solamente un insieme finito di numeri naturali: 3, 4 e 5. E potremo anche infilare un numero infinito di razionali (ma sempre con sviluppo decimale periodico) e un numero infinito di numeri reali: √15, π, ecc. E tra ciascuno di questi numeri reali ce ne potranno essere ancora altri, all’infinito.

Alla fine dell’Ottocento, il matematico Georg Cantor si interrogò a lungo sulle caratteristiche di questi insiemi infiniti e arrivò alla conclusione che avessero dimensioni differenti. Molti matematici dell’epoca non la presero bene e Cantor dovette attendere a lungo prima che le sue teorie fossero prese seriamente in considerazione.

A dirla tutta, fu proprio Cantor a sistematizzare la teoria degli insiemi per come la conosciamo oggi. Dato un qualsiasi insieme X, esiste l’insieme di tutti i possibili sottinsiemi di X, chiamato insieme potenza di X cioè P(X). E fu sempre Cantor a dimostrare che l’insieme potenza di un insieme infinito X è più grande di X stesso. Da ciò deriva che c’è una gerarchia infinita di grandezze di insiemi infiniti, che rende possibile il concetto di numeri cardinali e ordinali (transfiniti).

Quando utilizziamo i numeri naturali per contare gli elementi stiamo usando i numeri cardinali; se invece stiamo stabilendo un ordine stiamo usando i numeri ordinali, che consentono quindi di indicare che posizione occupa un dato elemento. Per dire che ci sono 16 squadre in classifica usiamo i cardinali, per dire che la Juventus è settima in classifica usiamo gli ordinali.

Prima di Cantor, i matematici si erano confrontati con l’impostazione aristotelica secondo la quale l’infinito era definibile come “potenziale/in atto” e quella di Eulero di un infinito “formale”. Quando infine le teorie di Cantor furono accettate, si passò a concepire l’infinito come qualcosa di misurabile, e a contemplare l’esistenza di diversi tipi di infinito.

Come abbiamo visto prima, l’insieme dei numeri reali ha una cardinalità (una grandezza) maggiore dell’insieme dei numeri naturali. Ma seguendo Cantor possiamo andare oltre e dimostrare che l’insieme dei numeri pari ha la stessa cardinalità dei numeri naturali di cui i primi fanno parte: ciò significa che, formalmente, una parte (l’insieme dei numeri pari) è grande come l’intero (l’insieme dei numeri naturali). Per indicare la cardinalità di un insieme numerabile come quello dei numeri naturali, Cantor scelse una lettera ebraica: ℵ0 (si legge Alef-zero).

Se siete ancora qui a leggere e vi sta girando infinitamente la testa, possiamo provare a visualizzare mentalmente una parte di questi concetti con un bel paradosso, che potrebbe rivelarsi illuminante o farvi sprofondare ulteriormente nell’abisso della matematica, esperienza comunque affascinante.

Immaginiamo che esista un albergo che ha un numero infinito di stanze e che siano tutte occupate. Una sera alla reception si presenta un nuovo cliente, che non ha prenotato e vorrebbe passare la notte nell’hotel di cui ha tanto sentito parlare. Come tutti i direttori di albergo, anche quello del nostro esempio si dà da fare per trovare posto al nuovo cliente e trova una soluzione. Accende il sistema di comunicazione nelle camere e invita tutti gli ospiti a spostarsi nella camera con il numero successivo a quella in cui si trovano. L’ospite alla 1 va alla 2, quello alla 2 alla 3, quello alla 3 alla 4 e così via all’infinito. In questo modo la stanza 1 si libera e il nuovo arrivato può accomodarsi, e la scelta del direttore è la dimostrazione che 1 + ℵ0 = ℵ0.

Poco tempo dopo all’albergo arriva un autobus che trasporta un numero infinito e numerabile di nuovi clienti. Il direttore che la sa lunga di matematica attiva di nuovo il sistema di comunicazione interno e dice a tutti gli ospiti di spostarsi nella camera che ha il doppio del numero di quella in cui si trovano: chi è alla 1 va alla 2, chi è alla 2 va alla 4, chi è alla 3 va alla 6 e così via. Così facendo, il direttore libera tutte le stanze dispari, che sono infinite e che possono quindi accomodare la pullmanata infinita di nuovi clienti. In questo caso il direttore ha dimostrato che 2 · ℵ0 = ℵ0.

Un hotel così efficiente attira grande attenzione e poco tempo dopo iniziano ad arrivare infiniti autobus con un numero infinito e numerabile di clienti. Il direttore si ricorda che i numeri primi (i numeri naturali maggiori di 1 che hanno come divisori solamente 1 e loro stessi) sono infiniti e basa su questo le nuove sistemazioni. Tutti gli ospiti già presenti nell’albergo devono spostarsi nella stanza corrispondente a 2 (il primo dei numeri primi) elevato alla potenza del numero della stanza in cui si trova. L’ospite nella 9 deve andare alla 29, cioè alla stanza 512.

Il direttore va poi dai clienti del primo bus e dice che ciascuno degli occupanti dovrà entrare nella stanza di albergo con numero uguale a 3 (il secondo numero primo) elevato alla potenza del numero del sedile su cui è seduto. Il cliente al posto 9 dovrà quindi andare alla camera 39, cioè alla 19683. Al secondo bus il direttore assegna il successivo numero primo – il 5 – con le medesime istruzioni di elevazione alla potenza rispetto al sedile occupato. Il terzo bus avrà il 7 come punto di partenza, il quarto l’11, il quinto il 13 e così via all’infinito, visto che i numeri primi sono infiniti. Siccome la base è un numero primo e il fattore un numero naturale, non potranno mai esserci due assegnazioni con lo stesso numero, garantendo quindi una camera per ogni nuovo cliente.

Le strategie utilizzate dal direttore funzionano perché sono strettamente legate al più basso livello di infinito possibile. E questo ci riporta al concetto di cardinalità del numerabile: ℵ0 di Cantor.

Per sistemare gli ospiti esistenti e i nuovi clienti, il direttore ha utilizzato solamente numeri naturali. Se dovesse affrontare un ordine di infinito più grande, come i numeri reali, la sua strategia non potrebbe più funzionare perché non avrebbe modo di comprendere sistematicamente ogni numero. Il numero di stanze dell’albergo è infinito, ma è un infinito numerabile: ci sono tante stanze quanti numeri interi positivi ci sono fino all’infinito. Se arrivasse un autobus con un numero infinito non numerabile di clienti (nessuno seduto in un posto numerato e tutti con un nome diverso, per intenderci), il direttore si ritroverebbe sempre con qualcuno che non era stato contato e che ha ugualmente bisogno di una camera.

Questo paradosso, che abbiamo un poco semplificato, fu inventato dal matematico tedesco David Hilbert proprio per mostrare le caratteristiche del concetto di infinito e aiutare a comprendere gli ordini di infinito. È forse la dimostrazione più chiara di quanto sia difficile per la nostra mente, che si confronta ogni giorno con la finitezza, concepire che ci possano essere infiniti diversi e soprattutto che ci siano condizioni matematiche che ne determinano le caratteristiche. Non è un caso se il concetto di infinito ha affascinato molti filosofi e ha portato nei secoli a confronti e diatribe, infinitamente più complicate di questo articolo.