L’Unione Europea è divisa sul tetto al prezzo del gas

Alcuni paesi temono ritorsioni dalla Russia, e ora la Commissione Europea dovrà proporre nuove soluzioni

(AP Photo/Craig Ruttle)
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Venerdì pomeriggio si è tenuto un atteso Consiglio straordinario di tutti i ministri dell’Energia dei paesi dell’Unione Europea. La riunione era stata indetta per dare una risposta all’aggravarsi della crisi energetica, partendo dal piano in cinque punti proposto della Commissione Europea, tra cui c’era anche la proposta di mettere un tetto al prezzo del gas russo, il cosiddetto price cap. Nonostante le aspettative fossero piuttosto alte, tuttavia, i paesi membri non sono riusciti a trovare un accordo, a causa delle divisioni interne: nel documento conclusivo si legge che «servirà ulteriore lavoro su una possibile introduzione di questa misura».

I dissidi più intensi riguardano proprio il price cap, su cui ci sono grosse divisioni per varie ragioni. Un price cap solo sul gas russo agirebbe come una sanzione verso la Russia, ma non risponderebbe all’esigenza di abbassare il costo generale dell’energia, anche perché le forniture russe rappresentano adesso solo il 9 per cento delle importazioni di gas in Unione Europea.

L’alternativa sarebbe applicare un tetto generalizzato, che riguardi anche il gas di provenienza non russa, ma questa misura sarebbe di difficile applicazione oltre che rischiosa: se i paesi europei imponessero un prezzo più basso, ci sarebbe il rischio che le forniture di gas naturale liquefatto (che arriva via mare e non tramite gasdotto) vengano dirottate altrove, e si perderebbe così la diversificazione dei fornitori su cui si è lavorato per mesi.

La commissaria europea per l’Energia Kadri Simson ha mostrato il suo scetticismo su una misura generalizzata: «Se lo scopo della nostra politica è contrastare la manipolazione russa delle consegne di gas all’Unione Europea, ha senso prendere di mira solo il gas russo». Ha sottolineato anche che «in questa fase nulla è fuori discussione», ma «un tetto generalizzato alle importazioni di gas, incluse quelle di gas naturale liquefatto, potrebbe presentare una sfida alla sicurezza dell’approvvigionamento».

Il ministro italiano della Transizione energetica Roberto Cingolani ha rivelato che nel corso della riunione «15 paesi si sono pronunciati chiaramente a favore di un price cap generalizzato», «3 preferirebbero avere il price cap solo sul gas russo», «3 non hanno pregiudiziali ma lo vorrebbero» subordinato a verifiche di sostenibilità «e 5 paesi sono contrari o neutrali».

Le posizioni sembrano a grandi linee queste, secondo Politico.eu: Paesi Bassi, Francia e i paesi baltici sarebbero a favore di un price cap che colpisca solo il gas russo; altri, come Italia, Polonia, Grecia e Slovacchia, vorrebbero applicarlo a tutto il gas importato; altri ancora rifiuterebbero un tetto al solo gas russo, come il Belgio e la Grecia; infine, la Germania sembra scettica su qualsiasi misura di riduzione dei prezzi.

La scelta di sostenere una misura di questo tipo dipende anche da quanto si teme una ritorsione da parte della Russia. Alcuni paesi sono molto dipendenti dal gas russo e temono di perdere anche quel poco che viene ancora fornito (al momento i flussi verso l’Unione Europea sono ridotti dell’80 per cento rispetto ai valori prima della guerra).

Le discussioni all’interno dell’Unione Europea sono sempre difficili e lunghe. Le sensibilità tra i vari paesi sono molto diverse, come sono diverse anche le esigenze sul fronte dell’energia. Lo si è visto già nelle negoziazioni per imporre l’embargo alle importazioni di petrolio russo, che prevede una serie di eccezioni e che peraltro non è entrato ancora in vigore.