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  • Giovedì 8 settembre 2022

Perché lo chiamiamo re Carlo e non Charles

Per una vecchia consuetudine con i nomi stranieri, di cui ora ci stiamo liberando

La targa di una via di Milano, dedicata ad Abraham Lincoln (foto Stefania Conte)
La targa di una via di Milano, dedicata ad Abraham Lincoln (foto Stefania Conte)
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Con la morte della regina Elisabetta II nel Regno Unito è diventato re suo figlio Carlo, col nome di Carlo III. Naturalmente Carlo non si chiama Carlo, ma Charles: così come Elisabetta si chiamava Elizabeth. Ma in Italia i loro nomi sono probabilmente gli ultimi ad avere conservato una antica consuetudine – risalente a quando le lingue straniere erano più estranee e le culture straniere meno accessibili – di traduzione dei nomi propri dei personaggi famosi (più visibile ancora nei nomi propri delle città straniere, per esempio: Londra, Parigi, eccetera). Ci sono molti esempi storici che non riguardano solo i reali e non solo i nomi propri, spesso resi eterni dalle targhe lapidee sui nomi delle vie delle città italiane: Abramo Lincoln, Tommaso Moro, Beniamino Franklin, Giorgio Washington, Calvino, Giovanna D’Arco, Copernico, Leone Tolstoj, Martin Lutero, Maria Stuarda, Giuseppe Stalin, e tanti altri (esistono anche occorrenze di “Guglielmo Shakespeare”).

Da quando la globalizzazione anche culturale ha reso più permeabili le singole culture e aumentato la circolazione delle informazioni e delle lingue, è diventato più familiare l’uso dei nomi originali nelle lingue rispettive, e anche quello dei rappresentanti delle famiglie reali: gli eredi della regina Elisabetta e del principe Carlo (che ha avuto due mogli i cui nomi non è stato necessario italianizzare, Diana e Camilla) sono noti anche da noi coi loro nomi di William e Harry, così come le loro mogli Kate e Meghan.

Ciò nonostante, in ragione del fatto che il principe Charles è sempre stato chiamato Carlo in Italia per i motivi suddetti, i mezzi di informazione italiani – e anche il Post – lo chiameranno ora re Carlo III.