I paesi produttori di petrolio hanno deciso di tagliare la produzione giornaliera di 100mila barili, esattamente il contrario di quanto concordato un mese fa

Una struttura della compagnia petrolifera Aramco a Gedda, in Arabia Saudita (AP Photo/Amr Nabil, File)
Una struttura della compagnia petrolifera Aramco a Gedda, in Arabia Saudita (AP Photo/Amr Nabil, File)

Lunedì i paesi dell’OPEC+ (che include i 13 membri dell’OPEC, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, tra cui Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, più altri paesi come la Russia) hanno deciso di tagliare la produzione giornaliera di petrolio di 100mila barili. È una riduzione poco significativa da un punto di vista quantitativo e che avrà poche conseguenze sulle forniture di petrolio a livello mondiale, ma è importante a livello simbolico: solo un mese fa l’OPEC+ aveva accordato un aumento della produzione di 100mila barili al giorno, che era già considerato esiguo e insufficiente a ottenere l’obiettivo di ridurre il prezzo del petrolio, come chiesto insistentemente da alcuni leader occidentali.

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in particolare, aveva fatto pressioni su Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e altri produttori affinché contribuissero a far scendere il prezzo della benzina, con richieste di aumentare la produzione di petrolio assai più alte dei 100mila barili al giorno poi concordati dall’OPEC+: in ogni caso, per il momento anche quel piccolo aumento è stato cancellato.

Secondo analisti e addetti ai lavori questo taglio dimostra che i paesi dell’OPEC+ non sono intenzionati a far scendere il prezzo del petrolio dai livelli intorno ai 100 dollari al barile che sono stati raggiunti ultimamente: anzi, sarebbero preoccupati del recente calo sotto i 100 dollari, dopo i 116 dollari al barile raggiunti lo scorso giugno.

Alcune preoccupazioni sono legate alle incognite del mercato cinese, che al momento è bloccato a causa delle restrizioni per il coronavirus (la Cina è il più grande importatore di petrolio al mondo). Altre riguardano l’eventualità che Stati Uniti e Iran raggiungano un nuovo accordo sul nucleare iraniano: se succedesse, l’Iran potrebbe mettere sul mercato grossi volumi di petrolio, causando un abbassamento dei prezzi.