Il regista Emanuele Crialese ha raccontato la sua storia di uomo trans in Italia

In un'intervista al Corriere ha detto di aver dovuto operarsi per poter cambiare nome sui documenti

(ANSA/ETTORE FERRARI)
(ANSA/ETTORE FERRARI)

In un’intervista sul Corriere della Sera il regista italiano Emanuele Crialese (57 anni) ha parlato per la prima volta pubblicamente della sua transizione di genere, in occasione della presentazione alla Mostra del cinema di Venezia del suo ultimo film, L’immensità, che racconta tra le altre cose la storia di un adolescente trans.

Nell’intervista, Emanuele Crialese ha detto che «per cambiare la A con la E del mio nome ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, il pegno che mi ha chiesto la società, sennò non avrei potuto cambiare nei documenti». Anche se non lo specifica, Crialese si riferisce con ogni probabilità a una legge che in Italia è stata valida fino al 2015 e che prevedeva l’obbligo di sottoporsi a un’operazione chirurgica ai genitali (con la conseguenza della sterilizzazione) per le persone trans che volevano il riconoscimento legale del proprio genere.

Grazie a due sentenze dalla Cassazione e della Corte Costituzionale, quest’obbligo in Italia non esiste più, ma per avere documenti aggiornati rimane necessaria una diagnosi psicologica. Chi si occupa di questi temi e chi ha fatto transizioni di genere prima del 2015 afferma con convinzione che l’obbligo di sottoporsi a un’operazione per ottenere un riconoscimento legale dell’identità che si sente propria fosse estremamente violento. 

L’immensità racconta la storia di una famiglia che si trasferisce a Roma negli anni Settanta: il padre è violento e la madre (interpretata da Penelope Cruz) è molto legata ai tre figli, tra cui l’adolescente Adriana che ha 12 anni e si fa chiamare Andrea. Nell’intervista Crialese ha detto che «non c’è film che non sia autobiografico»: citando altri suoi film precedenti, come Terraferma e Nuovomondo, ha aggiunto di aver «sempre fatto film sulle migrazioni, sulle transizioni anche da un luogo all’altro».

Di L’immensità ha detto che è «il film che inseguo da sempre, il più desiderato. Ora sono pronto. Se l’avessi fatto prima sarebbe stato palloso e didascalico, un poveraccio che usa la crisi di genere. Ho aspettato per avere consapevolezza di me e del linguaggio cinematografico».