La campagna per la rivincita dei Kevin francesi

Negli anni '90 migliaia di bambini furono chiamati così per via dei film americani, ma oggi il nome si porta dietro un po' di pregiudizi

Una scena del film "Mamma ho perso l'aereo" (IMDb)
Una scena del film "Mamma ho perso l'aereo" (IMDb)
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In Francia ci sono più di 150mila uomini e ragazzi che si chiamano Kevin, un nome di origine celtica che nel paese andò molto di moda in particolare tra il 1987 e il 1994, anche per via dell’influenza del cinema statunitense. Negli anni tuttavia questo nome cominciò a essere associato alle fasce più povere della popolazione, venendo usato in maniera dispregiativa e stereotipata per definire persone un po’ rozze, imbranate o trasandate.

Adesso che sono per lo più sui trent’anni, molti Kevin nati nei primi anni Novanta in Francia vengono derisi e presi in giro sia nella vita quotidiana che dai comici e sui social network proprio per via del loro nome: uno di loro ha lanciato una campagna con l’obiettivo di combattere questa stigmatizzazione e, per così dire, portare avanti una sorta di rivincita dei Kevin.

Secondo alcuni sociologi sentiti dai vari media francesi che si sono occupati dell’iniziativa, è difficile stabilire con esattezza il motivo per cui il nome Kevin – a volte scritto “Kévin” – andò così di moda in Francia all’inizio degli anni Novanta; la moda viene però attribuita in buona parte al successo internazionale di alcuni film americani di culto, come Footloose (1984), interpretato dall’attore statunitense Kevin Bacon, Mamma ho perso l’aereo (1990), in cui Macaulay Culkin era un bambino di Chicago chiamato Kevin McCallister alle prese con due strampalati ladri d’appartamento, o Balla coi lupi (1990), che aveva per protagonista Kevin Costner.

Grazie all’influenza delle serie tv statunitensi e dei film di Hollywood, all’inizio degli anni Novanta molte bambine e bambini francesi furono chiamati Steve, Jennifer o Dylan, come il personaggio interpretato da Luke Perry in Beverly Hills 90210: qualcosa di simile successe tra gli anni Novanta e Duemila anche in Italia, anche se con proporzioni minori.

In Francia nessuno ebbe però il successo di Kevin, che fu in assoluto il nome più diffuso tra i nuovi nati in tutte le regioni della Francia continentale nel 1991, quando furono chiamati così più di 13mila bambini. In alcuni casi si crede che il nome sia stato ispirato da quello di Kevin Richardson, uno dei membri della boyband Backstreet Boys; secondo il promotore della campagna Kevin Fafournoux, invece, altre famiglie ancora lo scelsero in onore del calciatore inglese Kevin Keegan, Pallone d’oro nel 1978 e nel 1979.

Come ha spiegato Fafournoux sul sito della campagna, nonostante una trentina di anni fa il nome Kevin andasse molto di moda in questi anni «è diventato l’equivalente di [una persona] zotica, sfigata, analfabeta e losca», soprattutto grazie alla grande diffusione di internet, dei social network e dei reality televisivi. L’obiettivo dell’iniziativa “Sauvons les Kevin” – letteralmente “salviamo i Kevin”– è riuscire a produrre attraverso una raccolta fondi aperta un breve film che indaghi l’origine del nome e quella dei suoi pregiudizi, contribuendo a superarli.

 

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Fafournoux, che ha 34 anni, è nato da quella che ha definito una «normale» famiglia di dipendenti pubblici della Francia centrale e di lavoro fa il grafico, ha detto di trovare spesso il nome Kevin in cima alla lista dei blog che parlano dei “dieci nomi peggiori” che si possano dare a un bambino in Francia. Ha spiegato anche che per via delle costanti prese in giro moltissimi Kevin francesi hanno problemi di autostima o non vengono considerati credibili sia nella loro vita professionale che nelle relazioni.

Ha raccontato per esempio della sonora risata scoppiata tra i presenti quando, durante un matrimonio a cui era invitato, il sindaco aveva letto il secondo nome dello sposo, Kevin; lui stesso cerca di non lasciare il proprio nome al momento delle prenotazioni nei ristoranti per evitare di essere preso in giro.

Tra le oltre 300 testimonianze di uomini francesi raccolte attraverso la campagna ci sono anche quelle di uno psicologo che ha preferito non indicare il suo primo nome sulla targa fuori dal palazzo dove ha lo studio per evitare di scoraggiare potenziali pazienti e quella di un Kevin che ha detto di aver dovuto usare un nome fittizio pur di riuscire a fissare qualche appuntamento su un’app di incontri, dove a suo dire era stato snobbato per via del nome. Un ricercatore in neuroscienze e un medico hanno inoltre segnalato di aver fatto fatica a essere presi sul serio nei rispettivi campi, sempre perché si chiamavano Kevin.

A giugno il giornale di sinistra L’Obs ha commentato con un certo biasimo l’elezione in parlamento di Kévin Pfeffer e Kévin Mauvieux, due deputati di 32 e 30 anni che si erano presentati con il partito di estrema destra Rassemblement National, definendo con sarcasmo l’elezione di qualcuno con quel nome «una prima volta nella storia della Repubblica».

A causa dei pregiudizi diffusi sul nome Kevin, la campagna ha raccolto anche qualche critica sui social network; secondo Fafournoux comunque l’idea è «far capire che le battute possono essere molto divertenti, ma la sensazione di discriminazione è reale».

– Leggi anche: I nomi e i cognomi influenzano le nostre vite?

Baptiste Coulmont, professore di Sociologia alla Scuola Normale Superiore di Parigi-Saclay, ha spiegato che generalmente in Francia le famiglie della classe operaia tendevano a scegliere nomi tradizionali che nei decenni precedenti erano stati di moda negli ambienti borghesi. Nella seconda metà del Ventesimo secolo, però, le cose cambiarono, e molte di queste famiglie iniziarono a scegliere nomi anglofoni, che la borghesia parigina non aveva mai usato e anzi disprezzava, contribuendo a rafforzare lo stereotipo che associava questi nomi alle classi sociali più basse e meno acculturate.

Coulmont ha osservato che a ogni modo questo è «un potenziale momento di cambiamento» per la società francese, proprio perché adesso molti tra le decine di migliaia di Kevin nati in Francia a inizio anni Novanta sono giovani adulti in posizioni sociali di particolare importanza: secondo Coulmont il fatto che ci siano medici, accademici e ricercatori, ma anche circa 600 consiglieri comunali che si chiamano Kevin, implica che il nome non possa più «essere associato a un unico background».

La campagna di Fafournoux era stata avviata a inizio luglio e prevedeva a seconda della quantità di denaro raccolto di produrre un film di circa 50 minuti, organizzare un raduno di persone chiamate Kevin, proiettare il documentario in un cinema e mettere insieme un libro con vari aneddoti e testimonianze. Pochi giorni dopo l’obiettivo iniziale era stato ampiamente superato: le riprese cominceranno il prossimo autunno.

 

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