Il successo di “Stray”, il videogioco in cui si controlla un gatto randagio

Dopo diversi tentativi, due sviluppatori sembrano aver trovato l’animale giusto con cui cambiare prospettiva ai giochi d'avventura

Un fermo immagine di "Stray" (PlayStation)
Un fermo immagine di "Stray" (PlayStation)
Caricamento player

È uscito il 19 luglio Stray, un videogioco prodotto per Windows e PlayStation da una coppia di sviluppatori francesi che sta facendo parlare parecchio di sé. In Stray il protagonista è un gatto che, separatosi dagli altri randagi con cui viveva, deve cercare di ritrovarli muovendosi in una città sotterranea abbandonata dagli uomini ma popolata da robot, macchine e batteri carnivori, gli Zurks.

Nella pratica è un gioco piuttosto intimo, fatto soprattutto di atmosfere cupe spezzate dai miagolii del gatto, che si muove liberamente tra vicoli, tetti e case di un luogo ispirato alla città murata di Kowloon, un tempo quartiere indipendente e sovrappopolato di Hong Kong strutturato in verticale su vari livelli. Il gatto protagonista — che non ha un nome — viveva nella parte più alta di questa città abbandonata, prima di cadere al suo interno finendo nei livelli più bassi, abitati da robot umanoidi minacciati dalla presenza sempre più numerosa di batteri nocivi a cui bisogna sfuggire.

Il gatto deve tornare libero nel luogo ospitale in cui viveva prima. Per farlo deve scalare la città abbandonata ritrovando vari oggetti e risolvendo problemi con l’aiuto dei robot, che hanno lo stesso desiderio di vedere il mondo libero, e per questo lo aiutano. Nelle prime fasi del gioco il gatto trova un piccolo drone — chiamato B-12 come la casa sviluppatrice del videogioco — che gli fornisce uno zaino per poter interagire con i robot e le tecnologie in cui si imbatte man mano che va avanti.

La storia si può completare in sette ore di gioco circa, ma tutto varia dal modo in cui si decide di seguirla: si può completare in due ore, attenendosi soltanto alla storia principale, o in più di otto prendendosi tutto il tempo per esplorare in tranquillità ogni meandro della città e completare le storie secondarie, che abbondano.

Grazie anche a una campagna promozionale mirata che ha sfruttato la popolarità indiscussa dei gatti su internet, i contenuti di Stray stanno circolando molto nei social network, da settimane: attualmente è uno dei videogiochi più seguiti in streaming su piattaforme come Twitch e YouTube, e gli utenti sembrano essere divisi in equa misura tra maschi e femmine, una cosa non così comune in un ambito ancora prevalentemente maschile.

Le recensioni sono state unanimemente positive. The Verge ha scritto che Stray «migliora i giochi di avventura trasformando l’utente in un gatto, un cambio di prospettiva di cui il genere aveva bisogno». Alexis Ong ha scritto invece su Polygon che la casa di produzione BlueTwelve «avrebbe potuto ambientarlo in una baraccopoli steampunk vittoriana e avrebbe comunque avuto lo stesso effetto: cura e preoccupazione costante per il nostro piccolo amico arancione».

Dopo i tanti esperimenti poco riusciti fatti nei videogiochi con capre, oche, cani e squali, una delle chiavi del successo di Stray sembra essere proprio l’idoneità al ruolo dei gatti, che per dimensioni e abilità riescono a fornire un’esperienza di gioco diversa e intrigante, pur restando nei confini del mondo che conosciamo.

Il gioco è stato realizzato nell’arco di sette anni come progetto indipendente da due sviluppatori francesi conosciuti con gli pseudonimi di Koola e Viv, riuniti nella società BlueTwelve dopo aver lavorato per Ubisoft. Nel 2016 i due pubblicarono alcuni estratti del gioco online e nello stesso anno Annapurna Interactive, casa di produzione americana, ne divenne distributrice. A quattro giorni dal lancio, Stray continua a essere il videogioco più scaricato su Steam, il principale aggregatore di videogiochi per pc, e uno dei più venduti su PlayStation, dove è stato incluso anche nel catalogo dei giochi scaricabili per gli abbonati al servizio Plus.

– Leggi anche: Alcune città vogliono una “gemella digitale”