La causa contro Maurizio Cattelan per la sua banana appesa

Un artista californiano lo ha accusato di plagio e sostiene che alla frutta tenuta con lo scotch ci aveva pensato molti anni prima

"Comedian" di Maurizio Cattelan, Miami, Florida, 2019 (Getty Images)
"Comedian" di Maurizio Cattelan, Miami, Florida, 2019 (Getty Images)
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Joe Morford, un artista californiano, ha fatto causa a Maurizio Cattelan, accusandolo di avergli copiato l’idea con “Comedian”, la famosa installazione dell’artista italiano con una banana attaccata con lo scotch a un muro esposta circa tre anni fa alla fiera d’arte contemporanea Art Basel Miami in Florida. All’epoca l’opera aveva fatto molto discutere i critici e gli esperti d’arte: considerata da alcuni una provocazione sul mondo dell’arte nemmeno troppo riuscita e da altri un’opera in piena linea con le riflessioni di Cattelan sul concetto di sospensione, e le tecniche più efficaci per trasmetterlo.

“Comedian” era stata venduta per oltre 100mila dollari e in seguito ne erano state prodotte alcune altre versioni vendute per cifre simili. I media se ne erano occupati molto, le fotografie della banana con lo scotch erano finite sui social network e in pochi giorni migliaia di persone avevano fatto la fila per vedere l’opera dal vivo.

Oltre a diventare fonte d’ispirazione per numerosi meme, “Comedian” aveva attirato l’attenzione di altri artisti, compreso David Datuna, che durante una visita aveva staccato la banana dal muro e si era fatto filmare mentre la mangiava. Disse che stava lavorando per l’arte anche lui, per una propria esibizione artistica che avrebbe chiamato “Hungry artist”, cioè “Artista affamato”.

Secondo Morford, però, l’idea di Cattelan non era nuova e anzi aveva probabilmente costituito un plagio di una installazione che lo stesso Morford aveva pensato in precedenza e che aveva chiamato “Banana & Orange” (“Banana e arancia”). Era talmente convinto della propria intuizione che nel 2000 aveva registrato l’opera presso l’Ufficio per il copyright degli Stati Uniti.

Di recente Morford ha deciso di fare causa a Cattelan, accusandolo di avere violato quel copyright. Un giudice della Florida, Robert Scola, ha da poco respinto la richiesta degli avvocati dell’artista italiano di rigettare la causa. I legali avevano sostenuto che il nastro adesivo e la frutta non possano essere sottoposti alle leggi sul diritto d’autore, senza contare che non ci sono prove che dimostrino che Cattelan vide in passato il lavoro di Morford, prima di pensare alla propria opera.

Nella motivazione sul respingimento della richiesta degli avvocati di Cattelan, Scola ha detto: «Fortunatamente per il tribunale, la questione se una banana attaccata con lo scotch al muro possa essere considerata arte è prettamente metafisica e non legale. Ma la questione legale davanti alla Corte potrebbe essere ugualmente difficile». Secondo il giudice, l’opera di Morford raggiunge gli standard minimi di originalità per essere sottoposta a diritto d’autore.

Morford non vuole comunque che sia riconosciuto che qualcuno possa rivendicare il copyright su una banana, un pezzo di scotch e un muro, ma chiede che sia riconosciuto il fatto che fosse stato il primo ad avere l’idea poi plagiata. Per questo ha chiesto di ottenere un risarcimento di 390mila dollari, pari più o meno al totale dei ricavi derivanti dalle varie versioni dell’opera vendute da Cattelan.

L’opera di Morford ha diverse similitudini con quella di Cattelan, del resto idea e materiali sono quasi gli stessi. L’artista aveva realizzato un pannello verde sul quale aveva attaccato con lo scotch un’arancia e una banana. Il modo in cui era appesa la banana è pressoché identico a quello scelto da Cattelan per “Comedian”.

Morford ritiene che, negli anni prima di realizzare la propria versione, Cattelan avesse avuto tempo e occasione per imbattersi nel suo “Banana & Orange”, considerato che l’opera era presente su YouTube dal 2008, che nel 2015 l’aveva nuovamente condivisa sulla propria pagina Facebook e che nel 2016 l’aveva mostrata sul proprio sito personale; Morford non è però molto noto, per esempio la sua pagina Facebook è seguita da meno di 1.800 persone.

In seguito alla decisione di Scola, la causa potrà proseguire nei prossimi mesi, ma è difficile dire quale potrà essere l’esito dell’iniziativa legale. Cattelan aveva comunque dovuto affrontare già in passato accuse e cause per altre opere d’arte.

Proprio di recente, a inizio luglio, un tribunale francese aveva respinto la richiesta di Daniel Druet di essere riconosciuto come l’autore dietro ad alcune delle statue di cera più famose di Cattelan, come la versione in ginocchio di Adolf Hitler dell’opera “Him”. Druet aveva sostenuto di avere fatto tutto il lavoro, aggiungendo che nelle fasi di produzione Cattelan non fosse intervenuto in alcun modo, dopo aver dato l’idea per i progetti.

“Him”, Maurizio Cattelan, 2019 (Leon Neal/Getty Images)

Benché respinta, la causa di Druet ha aggiunto nuovi elementi all’annoso dibattito su quali siano i confini per definire un’opera solamente di un artista, escludendo chi l’ha realizzata materialmente. È un argomento vecchio quanto l’arte, ma negli ultimi decenni ha assunto maggiore rilievo proprio perché nell’arte contemporanea accade sempre più di frequente che non siano gli artisti a produrre le opere che immaginano. In molti casi chi le produce materialmente non riceve alcun riconoscimento, rimanendo nell’anonimato per scelta dell’artista, oppure si mantiene comunque poco in vista, se non con qualche riconoscimento da parte degli addetti ai lavori.

Nell’arte contemporanea i confini sono spesso labili e confusi anche sulla proprietà stessa delle idee, come mostra il caso di “Comedian”. Quando la banana che costituiva parte dell’opera fu mangiata da Datuna, molti esperti ricordarono che quel gesto non implicava che l’opera in sé fosse stata distrutta: l’opera era l’idea e non ciò che poi la costituiva. Lo stesso Cattelan aveva consigliato di sostituire la banana ogni settimana circa, per evitare che marcisse appesa al muro.

Cattelan aveva del resto utilizzato il nastro adesivo già in alcune opere precedenti, con l’antecedente più importante identificato da vari critici in “A Perfect Day” del 1999. All’epoca al posto della banana era stato affisso al muro Massimo De Carlo, un gallerista, realizzando una sorta di versione grottesca della crocifissione. In quel caso il tutto durò poche ore, poi De Carlo fu liberato dal nastro adesivo.